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Nessuno ricerca le responsabilità di chi ha fatto in modo che venissero persi investimenti in Italia per circa 80 miliardi di euro

NELL’agosto del 2014, cioè dieci anni fa, il CIPE approvò l’Allegato infrastrutture alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) e varò una delibera (Delibera 26/2014) che tra l’altro precisava quanto segue: «In occasione dell’elaborazione del 12° allegato infrastrutture al Documento di Economia e Finanza 2014, si terrà conto delle seguenti indicazioni: Esplicitare gli obiettivi e i criteri che sovraintendono all’inserimento o alla esclusione dal Programma infrastrutture strategiche di ogni singola infrastruttura o programma infrastrutturale. Per i programmi si dovrà riportare in apposito allegato l’elenco degli interventi, identificati dal relativo Codice unico di progetto, che riporti costi, disponibilità e stato di attuazione;

  • Riportare nel 12° allegato che, come previsto all’art. 2, comma 7, del decreto legislativo n. 228/2011, costituisce il Documento pluriennale di pianificazione per le opere strategiche, la valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi prevista dall’art. 3, comma 4 del medesimo decreto; Inserire una tabella delle opere ultimate, collaudate e in esercizio e indicare, per le altre opere, previa definizione di opportuni criteri coerenti con quanto indicato nell’allegato 5, un ordine di priorità 1 o di priorità 2, tenuto altresì conto dell’impegno delle regioni a valere su risorse incluse in piani e/o programmi finanziati anche con il ricorso a fondi europei di competenza regionale;
  • Riportare in «tabella» gli stati di avanzamento procedurale, fisico e finanziario degli interventi;
  • Riportare, nella colonna «fabbisogno» della «tabella» l’eventuale eccedenza delle risorse disponibili rispetto al costo dell’opera con segno negativo, ai fini di un corretto computo delle disponibilità del Programma;
  • Riportare nelle tabelle il costo complessivo delle opere al lordo del ribasso d’asta, come risultante dai quadri economici a seguito dell’aggiudicazione; ove non sia possibile stabilire il costo di un intervento, o tale costo non sia incluso nella «tabella», escludere quest’ultimo intervento esplicitamente dal Programma, al fine di rappresentare correttamente il valore dello stesso; Riportare nelle tabelle l’ammontare del finanziamento privato;
  • Riportare un prospetto sintetico con le risorse annualmente destinate al Programma delle Infrastrutture Strategiche dal 2001 ad oggi e un prospetto con i fabbisogni finanziari del triennio di riferimento articolato per annualità e infrastrutture o famiglie infrastrutturali. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dovrà assicurare a questo Comitato, i flussi costanti di informazioni coerenti per contenuti e modalità con il sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici di cui al citato art. 1 della legge n. 144/1999. Invita il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a sottoporre a questo Comitato, compatibilmente con i tempi di elaborazione del 12° allegato infrastrutture, i piani e programmi di intervento settoriale – quali Piano nazionale porti, Piano nazionale aeroporti, Piano della logistica – e i documenti di indirizzo generale per il coordinamento della politica nazionale di settore con le politiche comunitarie, ai fini della verifica della coerenza complessiva dell’impianto programmatico».

Ritengo utile ed interessante questa Delibera del CIPE perché in realtà è l’ultima in cui è vigente, con tutte le sue caratteristiche programmatiche e procedurali, la Legge Obiettivo e questo provvedimento mette in evidenza, non solo la necessità ed urgenza di conoscere lo stato di avanzamento del Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS) varato nel 2001 dalla stessa Legge Obiettivo, ma anche quali erano le responsabilità che ricadevano sul Ministero competente in caso di mancata attuazione del Piano. Senza dubbio è, a mio avviso, l’ultimo strumento con cui il Governo denuncia una sua chiara volontà: il mancato avvio del programma, i ritardi nella attuazione programmatica, la mancata consapevolezza che il “non fare produce un danno all’erario”, sono atti e responsabilità che non potevano più rimanere privi di adeguati provvedimenti.

Dal 2015 al 2022, ed in modo particolare durante i Governi Conte 1 e Conte 2, come più volte ho ricordato, quella Delibera, o meglio, le finalità strategiche di quella Delibera sono state completamente disattese e solo agli inizi del 2022, quando il quadro programmatico del PNRR ha assunto una sua connotazione accettabile, abbiamo scoperto, per la prima volta nella storia dei nostri strumenti programmatici, che le opere e le scelte contenute nel Piano dovevano essere realizzate entro il 30 giugno del 2026. Il mancato rispetto di tale clausola avrebbe imposto la restituzione delle risorse autorizzate. In fondo se leggiamo attentamente quanto espressamente detto dagli Uffici della Unione Europea proprio nelle Linee guida del PNRR scopriamo una stretta correlazione con quanto scritto nella Delibera del CIPE del 2014; cioè troviamo una chiara volontà a non accettare più che il “non fare” fosse un comportamento scontato, fosse un comportamento privo di responsabilità da perseguire.

Oggi ormai, a quasi due anni della scadenza del mese di giugno 2026 ed in presenza di due dati: Delle opere monitorate attraverso la Piattaforma ReGis il 75% risulta in ritardo Nel 2023 è stato speso solo il 7,4% dei fondi stanziati si è fatto ricorso ad un provvedimento, ancora non approvato dal Consiglio dei Ministri, in cui è prevista una “clausola di responsabilità sulla spesa” per rovesciare sui soggetti attuatori l’onere di eventuali perdite per lo sforamento dei tempi. Da notizie non ancora ufficiali si apprende che la clausola si tradurrà solo in un impegno, certificato nel cronoprogramma, al rispetto dei termini, senza sanzioni esplicite da far scattare se non sarà mantenuto. Come vedete scatta quasi automaticamente un immediato comportamento di “definizione generica delle responsabilità”; una corsa mirata ad evitare che venga alla luce la responsabilità di chi rende davvero indifendibile la fase programmatica, di chi rende lunghissima la fase progettuale ed autorizzativa di un intervento; quella realizzativa, infatti, non solo è la più contenuta nei tempi ma è quella in cui è difficile intravvedere una non volontà a realizzare un’opera. Insisto, ma non possiamo dimenticare che la fase programmatica, progettuale ed autorizzativa è quella più ricca di momenti carichi di irresponsabilità e, in molti casi, anche di veri blocchi prodotti da localismi e da ignoranza gestionale delle stazioni appaltanti.

Appare evidente che i due provvedimenti, quello relativo alla attuazione del Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo e quello del PNRR, avevano la chiara volontà di annullare questa tipica e consolidata abitudine a non responsabilizzare coloro che sono preposti alla attuazione di un atto programmatico ma nel nostro Paese esiste un vaccino che azzera subito il virus del fare, il virus della concreta attivazione della spesa. Fra due anni però, alla scadenza del vincolo imposto dalla Unione Europea sulla attuazione delle opere del PNRR assisteremo alla esplosione di un contenzioso tra le stazioni appaltanti e gli esecutori delle opere, tra le stazioni appaltanti ed i Ministeri competenti; un contenzioso che ci farà capire, per la prima volta, quanto sia stato folle, soprattutto nell’ultimo decennio, perdere la carica e la volontà ad attuare davvero i programmi, perdere l’interesse a dare compiutezza organica alle grandi infrastrutture. Sono sicuro che nessuno andrà a ricercare le responsabilità di chi nei primi due anni di avvio del PNRR ha praticamente sottovalutato il fattore tempo e, soprattutto, non ha avviato subito i processi autorizzativi di ogni singolo intervento.

Nessuno, infatti, è andato a ricercare le responsabilità di chi ha praticamente fatto perdere al Paese investimenti per circa 80 miliardi di euro relativi al Programma supportato dal Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020. Sicuramente qualcuno osserverà che degli 80 miliardi di euro il 50% sarebbe stato versato dall’Italia e questa precisazione testimonierà ancora una volta la crassa ignoranza di chi dimentica che 80 miliardi di euro investiti, trasformati in opere, trasformati in investimenti producono un incremento del Prodotto Interno Lordo di circa 5 punti percentuali.


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