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E l’ITALIA è in crescita, verrebbe da dire, nonostante i venti contrari che soffiano dall’Ucraina e dal Medioriente, il rallentamento dell’economia globale e quell’eccesso di regolamentazione europea che pesa come un macigno sul sistema produttivo e sulla competitività. I dati che arrivano dall’economia reale, diffusi ieri dall’Istat, mettono in mostra un Paese che continua a spiazzare i profeti di sventura. E’ già successo l’anno scorso, quando i dati sulla crescita del Pil hanno smentito le previsioni dei principali centri studi, che annunciavano una prossima recessione. Il risultato è che nelle secche della crisi si è arenata la Germania mentre il Bel Paese conquistava posizioni nella classifica della ricchezza prodotta.

E anche ora che la macchina sta rallentando rispetto ai primi mesi del 2023, lo Stivale non se la passa poi tanto male. E’ vero, ad esempio, che le stime sul Pil del 2024 di Bankitalia e Commissione Europea non vanno oltre la metà di quanto indicato dal governo, lo 0,6-0,7% rispetto all’1,2% messo nero su bianco nella Nadef. Ma anche così la crescita dell’Italia resta superiore a quella della media europea. E lo stesso avviene sul fronte dell’inflazione, dove il rallentamento italiano è decisamente più marcato rispetto a quello degli altri Paesi di Eurolandia.

Se poi guardiamo più da vicino a quello che succede nelle tasche degli italiani scopriamo che tutti gli indicatori sono positivi, dal reddito al recupero del potere di acquisto delle famiglie consumatrici fino al segnalem, sia pure piccolo, che arriva dal fronte della pressione fiscale, che registra un calo dello 0,3%, effetto probabilmente del taglio del cuneo fiscale.

Anche guardando i conti dello Stato, il 2023 presenta qualche segno in rosa. Nei primi primi tre trimestri del 2023, infatti, le amministrazioni pubbliche hanno registrato un indebitamento netto pari al -7,1% del Pil, in miglioramento rispetto al -8,8% del corrispondente periodo del 2022 mentre il rapporto Deficit/Pil si è fermato al 5%. Il governo nella Nadef aveva indicato un obiettivo di deficit/Pil per il 2023 al 5,3%, in miglioramento dall’8% del 2022.

Il vero problema che abbiamo di fronte resta, però, quello del debito. Un dato per tutti: per effetto dell’aumento dei tassi gli oneri per il finanziamento passano dai 96,9 miliardi fissati per il 2024 ai 106,9 miliardi del 2025 e ai 112,5 miliardi del 2026. Con queste premesse, spingere sulla crescita è la vera priorità per ridurre il debito e quindi creare nuovi margini per gli investimenti. Da questo punto di vista la scommessa fondamentale resta quella del Pnrr: fra qualche giorno entrerà a regime il nuovo Piano concordato dal ministro Fitto con Bruxelles. Sarà il banco di prova del governo per non disperdere quel tesoretto che il Paese reale continua ad accumulare.


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