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L'aeroporto di Bari

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Il boom degli aeroporti del Sud tradisce la carenza di mobilità alternative: per muoversi non esiste l’alternativa tra ferro e aria

CHE i passeggeri degli aeroporti crescano ogni anno non è certamente una notizia che stupisce. Il trasporto aereo è destinato a ulteriori incrementi tanto che la sicurezza diventa un must irrinunciabile. Ma una analisi attenta della crescita dei principali aeroporti italiani dal 2019 al 2022 ci porta ad una serie di considerazioni non banali. Intanto che per i prossimi anni la crescita si concentrerà sugli aeroporti meridionali e su qualche aeroporto che funziona da hub per compagnie aeree low cost, come Ryanair. Infatti tra gli aeroporti principali che hanno gli incrementi maggiori, che sono 11, otto riguardano aeroporti del Sud, poi vi è quello di Venezia che è l’unico che ha subito un decremento del numero dei passeggeri di meno 2,4%, ma perché la città è ben collegata con i treni, mentre quelli settentrionali, che hanno un incremento, sono soltanto Bergamo che funziona da hub di Ryanair come detto e poi Bologna e Torino.

Dietro queste cifre interessanti vi è tutta l’insipienza di una gestione delle infrastrutture, che in Italia negli ultimi anni ha portato all’isolamento sempre più consistente di tutto il Mezzogiorno d’Italia. Per il quale non esiste l’alternativa tra ferro e aria, ma solo la possibilità di volare per muoversi. E approfittando di tale condizione di subalternità le compagnie aeree, in regime di oligopolio, fanno il bello e il cattivo cattivo tempo, con prezzi assolutamente improbabili, quali i 500-600 euro per un Palermo Milano o Roma nei periodi caldi di Natale, Pasqua o Ferragosto.

I tentativi maldestri, destinati a scontrarsi con le normative europee, che riguardano gli aiuti di Stato, del presidente della Regione Siciliana, Roberto Schifani, non possono che risultare tali e saranno sicuramente cassati da un’Europa che controlla le normative che riguardano il volo aereo. Parlavo di insipienza perché quello che potrebbe sembrare un obiettivo importante ed una crescita interessante della mobilità di un territorio in realtà evidenzia la mancanza di alternative. Infatti molti aeroporti nazionali al Sud, in particolare Palermo, Bari e Catania, non hanno l’alternativa dell’alta velocità ferroviaria per cui per andare a Roma, Milano, Torino e Venezia hanno solo un numero di voli, ovviamente particolarmente rilevanti. Si pensi che le otto rotte dalla Sicilia per Roma e Milano Malpensa fanno da sole, nel 2022, 5 milioni di passeggeri.

Brindisi è l’aeroporto che riesce a raggiungere il maggiore incremento con un 19,5%, che aggiunto al 17,8% di Bari, dimostra l’esigenza profonda di collegamenti alternativi a quello aereo della Puglia. Così come l’incremento del 16,3% di Palermo fa capire che l’unico modo per calmierare i prezzi è consentire l’alternativa treno, possibile solo con la costruzione del ponte sullo Stretto. Cosa diversa è la crescita di 14,1% di Napoli, 12 milioni e 400 mila passeggeri, che invece evidenzia una crescita di quella realtà e il funzionamento dello scalo come hub, sempre di Ryanair, che fa partire dall’aeroporto partenopeo 46 voli giornalieri. E che inaugura nell’anno 12 nuove rotte, per cui adesso sono 46 le destinazioni raggiungibili da Capodichino, verso destinazioni di tutta Europa e verso il Nordafrica e il Medio Oriente.

Storia a parte è quella della Sardegna che non può avere alternative, e per la quale funziona giustamente la continuità territoriale, tanto che gli aeroporti di Olbia, Alghero e Cagliari mettono a segno un complessivo più 20%, molto interessante. Da questi dati deriva che le politiche per i nuovi aeroporti devono essere differenti a seconda se essi si trovano in una o in un’altra altra parte del Paese. Perché mentre il potenziamento dell’aeroporto di Reggio Calabria diventa indispensabile per consentire a quell’area del Sud di potersi collegare e raggiungere le destinazioni del resto del Paese, le realtà che sono ad una distanza di percorrenza di più di due ore da un qualunque scalo aeroportuale, devono essere collegate con nuovi sacri, perché deve prevalere la stessa logica che ha previsto l’aeroporto per Pantelleria e Lampedusa, malgrado i numeri potessero essere insufficienti.

In particolare vi è una realtà del Sud che soffre particolarmente della mancanza di collegamenti che é quella di Agrigento, provincia che fa 442.000 abitanti e che tra gli aeroporti è collegata a quello di Palermo con un treno che percorre la distanza, di poco meno di 200 km, in oltre due ore e mezza. L’alternativa di alta velocità ferroviaria, che prevederebbe un costo 10 miliardi, considerati 50 milioni a km, non sono giustificabili, e quindi in ogni caso, in attesa che si possa arrivare ad un collegamento più veloce, l’aeroporto diventa l’infrastruttura più economica che possa consentire a quella che è stata dichiarata capitale della cultura 2025 di essere collegata al resto del Paese. Per permettere di raggiungere la Valle dei Templi da tutta Europa, con voli diretti e a quell’area, che ha anche una costa meravigliosa con la Scala dei Turchi, famosa nel mondo, di esprimere tutto il suo potenziale turistico, che è un patrimonio del Paese.

Il pericolo però degli aeroporti minori è che diventino dei polmoni, alla mercé dei politici, per i loro progetti di assistenzialismo, interessato a nutrire le proprie clientele. Per cui invece di assumere il numero corretto e necessario per la gestione di tali strutture si aumenta a dismisura l’occupazione, facendo diventare le aziende, che possono essere gestite al limite per non produrre perdite, in società dal profondo rosso. Ma vi è un modo per evitare derive assistenziali ed è quello di far sì che gli aeroporti siano privatizzati per evitare che tali strutture producano perdite. In attesa che il piano nazionale degli aeroporti tenga conto delle variabili evidenziate ci accontentiamo di celebrare dati interessanti che fanno ricchi i gestori, ma che dimostrano tutta l’inconsistenza di una politica con molti limiti.


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