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La mangiatoia pubblica che il Nord ha ritagliato per sé nelle pieghe del bilancio dello Stato riserva sorprese quotidiane e certifica come meglio non si potrebbe le ragioni profonde della crisi strutturale italiana. Noi abbiamo a volte la sensazione di predicare nel deserto tanto è il silenzio complice che avvolge fatti e numeri, ma a maggior ragione non intendiamo deflettere di un millimetro. Le distorsioni alimentate dal trapano della Spesa Storica che toglie ogni anno decine e decine di miliardi dovuti al Sud per spesa sociale e infrastrutture di sviluppo e foraggia il peggiore assistenzialismo del Nord fanno dell’economia italiana la più vulnerabile nel mondo occidentale.

Le Regioni cosiddette forti hanno perso tutti i primati della grande impresa privata, il tessuto di aziende medio piccole di qualità si è ritagliato un ruolo di appendice meridionale del gigante tedesco rompendo ogni legame con il sistema produttivo del Mezzogiorno e soffrendo oggi in modo facciale la fragilità senile tedesca. Per un certo tempo, la cultura della rendita ha coperto tutto, la mangiatoia di Stato ha narcotizzato gli spiriti vitali ma ha anche trasferito appalti di favore e consumi; poi si è scoperto che i carrozzoni regionali del Nord e la miriade di partecipate e di controllate di partecipate sono diventati una fabbrica di debiti e di consenso, hanno alimentato il peggiore assistenzialismo e hanno indebolito le imprese di mercato a seconda dei casi cedute a prezzo da capogiro o svendute al colosso francese o cinese di turno.

Queste decine di miliardi così male utilizzati al Nord hanno sottratto al Sud gli elementi di contesto – scuola, ricerca, treni veloci e così via – indispensabili per una crescita sana, hanno portato al minimo storico il reddito pro capite dei suoi cittadini e hanno, quindi, privato ciò che è sopravvissuto del Nord produttivo del suo principale mercato di “esportazioni” che sono i consumi della popolazione meridionale. Abbiamo ottenuto lo “straordinario” risultato che il Nord e il Sud dell’Italia sono a oggi gli unici due territori europei che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi del 2008. Questa distorsione strutturale ormai la conoscono tutti, ma tutti si guardano bene dal correggerla. La sua miscela esplosiva si è cumulata con le ricadute di un governo gialloverde che ha azzerato la reputazione, alimentato a dismisura la crescita della spesa pubblica per interessi e indirizzato (su spinta della Lega) ancora di più al Nord prebende e appalti clientelari. La componente gialla, ancora più svilita nella rappresentanza e divisa al suo interno, è sopravvissuta nel governo giallorosso e porta l’Italia, con i suoi comportamenti, a essere l’osservato speciale nella attrazione di investimenti esteri (le anomalie dei casi Ilva e Autostrade sono sotto gli occhi di tutti) e determina un clima di sfiducia che blocca gli investimenti privati oltre a quelli pubblici indebitamenti sottratti al Sud. Si scherza con il fuoco con così tanta incoscienza da continuare a elargire gettoni d’oro a amici degli amici come amministratori di società pubbliche che non hanno più neppure un dipendente e a affidare servizi agli amici degli amici senza controlli. Al Nord, non al Sud.


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