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Strade deserte per il lockdown

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Con il corto circuito istituzionale italiano, anche senza la Pandemia, marciavamo spediti verso un declino strutturale che faceva dell’Italia il grande malato d’Europa. Con la nuova Grande Depressione mondiale se non affrontiamo questo problema rischiamo la eversione nel Mezzogiorno e la polverizzazione dei residui primati del Nord. Soprattutto saremo in coda anche nel nuovo ordine globale

I ricavi sono spariti esattamente come ai tempi del primo lockdown. Sono i costi che non sono uguali perché nel primo lockdown erano stati aboliti mentre oggi molti li hanno sostenuti e, in parte, ancora li sostengono. Perché in questi mesi ha preso corpo un’Italia produttiva resiliente che voleva ripartire, che ha creduto che fosse possibile. Questa Italia fatta di uomini di impresa di ogni tipo ha investito perché ciò avvenisse. Molte aziende private hanno fatto altri debiti e hanno riassunto i loro lavoratori. Ora rimetteranno tutti in cassa integrazione, una parte di questi dipendenti aspetta ancora le indennità della prima ondata, e sono ancora più fragili.

Abbiamo varato una legge di stabilità da 40 miliardi che è fatta di nuovo deficit e di previsioni fantasiose sull’andamento del prodotto interno lordo essenzialmente per sistemare i numeri e mascherare la realtà. Che è quella di un Paese che non ha un euro in cassa e si fa, quindi, carico dei problemi giganteschi di oggi con parole, annunci, moratorie, crediti di imposta su un utile che non ci sarà, ma non lo fa quasi mai con soldi veri soprattutto per chi ne ha più bisogno che sono i privati che hanno diritto di essere risarciti. Anche quando si sono approvati scostamenti di bilancio senza precedenti si è avuta l’“intelligenza” di mettere nelle ruote della macchina esecutiva tutti i bastoni possibili e immaginabili perché tra decreti attuativi mai adottati, accorgimenti normativi, burocrazie bancarie e damerini della Sace, nulla o quasi – mai nei tempi prestabiliti – arrivasse a tutte quelle parti vitali del mondo produttivo che sono entrate in crisi per colpe non loro.

In questo scenario terribile è semplicemente stucchevole l’esercizio gradasso dei Governatori regionali di fare sempre la voce grossa perché tutti gli errori e le colpe sono del governo e tutti i fantomatici meriti appartengono a loro. Da Zaia a De Luca hanno fatto il pieno di voti perché avevano sconfitto il virus mentre non è così e poco o nulla è stato fatto per davvero affinché le loro Regioni si attrezzassero per tempo in modo da affrontare da una posizione di forza la seconda ondata più volte preannunciata. Sono così potenti questi “signorotti senza colpe” che sono riusciti perfino a lucrare sul Coronavirus ottenendo dal governo che il trasporto locale viaggiasse all’80% e che il mancante 20% fosse indennizzato in moneta sonante. Come è a tutti noto si è viaggiato al 100% e qualcosa di più, ma loro incasseranno anche la “sovrattassa” del 20% che paghiamo tutti noi. Quella stessa “sovrattassa” sia bene inteso che ha permesso di moltiplicare al cubo la diffusione dei contagi e che tutto è fuori che l’effetto ottico di cui parla la imbarazzante ministra De Micheli.

Non paga di avere raccontato in lungo e largo la favola di cantieri da centinaia di miliardi che nessuno ha aperto e che è impossibile aprire, si è messa perfino a giocare sulla sicurezza e sulla salute dei cittadini con la solita, consueta, irresponsabile leggerezza. Siamo senza parole!

La realtà amara è che nessuno vuole fare i conti con il vero ’29 italiano che viene prima della Grande Depressione mondiale e che ha in quella specie di Terza Camera dello Stato – è la Conferenza Stato-Regioni – il centro nevralgico della paralisi decisionale italiana e il punto più elevato del suo problema competitivo. In queste condizioni, anche senza la Pandemia, marciavamo spediti verso un declino strutturale che faceva dell’Italia il grande malato d’Europa. Con la nuova Grande Depressione mondiale se non affrontiamo questo problema rischiamo la eversione nel Mezzogiorno e la polverizzazione dei residui, sopravvissuti primati del Nord.

I mercati sanno bene che la parentesi italiana del terzo trimestre verrà archiviata da un quarto trimestre pesantissimo e da un quadro generale complicato di lungo termine. Gli occhi del mondo sono puntati sulla battaglia degli stimoli fiscali tra Biden e Trump, sul rischio di guerra civile americana post elettorale, e non riescono ancora bene a capire quanto possa pesare l’incognita Brexit. Tutti sono consapevoli che il virus correrà tra di noi fino alla fine dell’anno prossimo, che i tempi per il vaccino e il suo utilizzo di massa non sono corti. Tutte le stime sono fortemente corrette al ribasso, nessuno spende, aumentano i risparmi. Sulla nostra testa aleggiano 60/100 miliardi di nuovi crediti problematici e il 31 gennaio scadono le moratorie. Il combinato disposto bancario è l’altra faccia di una bomba sociale senza precedenti che ovviamente acuirà le diseguaglianze. Siamo al nuovo ’29 mondiale e il nuovo ordine globale avrà vincitori e vinti. Noi siamo ben piazzati per un posto in prima fila tra i secondi.


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