X
<
>

Il ministro della Salute, Roberto Speranza

Condividi:
5 minuti per la lettura

Lo Stato patrigno si permette di dare 84,4 euro pro capite a un cittadino emiliano-romagnolo e 15,9 euro a un cittadino calabrese di investimenti nella sanità come se nulla fosse, e poi che fa? Arriva a chiudere la regione, che lo Stato ha commissariato da dieci anni e che i tedeschi hanno indicato come zona meno infetta, perché non ha nulla o quasi per proteggersi sul piano sanitario. Praticamente stracornuti e stramazziati. Otto mesi fa il commissario Arcuri la conosceva o no la situazione delle terapie intensive della Calabria? Che cosa hanno fatto lui e Speranza per acquistare posti letto e prepararsi alla seconda ondata?

Stracornuti e stramazziati. C’è un punto dell’Italia dove il Paese Arlecchino dei Capetti Regionali che danno ai ricchi e tolgono ai poveri e il rigore ottuso di ragionieri ministeriali graduati con le stellette e muniti di poteri commissariali, possono decretare la morte sanitaria, economica e civile di una intera nazione.

Benvenuti in questa terra di nessuno che non è solo la Calabria ma l’Italia dove non si capisce più chi comanda e tutti i poteri istituzionali non sono impegnati a fare ma piuttosto a fare molto perché nessuno di loro faccia qualcosa dentro un inverecondo scaricabarile di responsabilità. Benvenuti nel pezzo estremo di questa terra di nessuno dove aziende sanitarie che non presentano bilanci e altre accusate di infiltrazioni della criminalità organizzata hanno portato giustamente al commissariamento della sanità regionale senza che questo abbia migliorato di fatto qualcosa. Perché tra un piano di rientro e l’altro dello Stato patrigno e un taglio alla fonte di investimenti fissi in sanità che permette di dare 84,4 euro pro capite a un cittadino emiliano-romagnolo e 15,9 euro a un cittadino calabrese come se nulla fosse, l’unico risultato possibile è che si arrivi a chiudere la Regione che i tedeschi hanno indicato come zona meno infetta perché non ha nulla o quasi per proteggersi sul piano sanitario.

Chiudendo la Calabria peraltro, forse, metti ulteriormente in crisi anche il livello sanitario, ma soprattutto riconosci che hai un deficit patologico strutturale e che tu Stato patrigno non hai fatto nulla per risolverlo. Otto mesi fa, commissario Arcuri, la conosceva o no la situazione delle terapie intensive della Calabria? Sì o no? Che cosa ha fatto per acquistare posti letto e prepararsi alla seconda ondata?

Otto mesi otto: che cosa ha fatto lei, lo Stato, i suoi commissari sanitari perché la Calabria venisse prima di tutti in quanto partiva da più indietro di tutti e non ha più potestà regionali in materia? Che cosa ha fatto per fare capire ai commissari che l’equilibrio finanziario che prevede la morte del paziente non guarisce la sanità, ma condanna un popolo intero al turismo sanitario e la sua economia alla disfatta? Che cosa può avere spinto a trattare il Piemonte, principale responsabile del deficit sanitario nazionale, meglio della Puglia o la Liguria, corresponsabile con il Piemonte dello stesso deficit, meglio della Sardegna? Perché mai tutti questi soggetti regionali che hanno sempre avuto di più della Calabria sono trattati meglio anche in piena Pandemia? Quale logica si è voluto seguire?

Ci troviamo di fronte al paradosso che le Regioni pluriforaggiate dalla spesa pubblica e con un accesso al capitale privato molto più elevato diventano zona rossa (Piemonte e Lombardia) perché nonostante tutte le risorse di cui ingiustificatamente beneficiano non sanno fare prevenzione e hanno tassi abnormi di contagio. Viceversa le Regioni svantaggiate come quella calabrese che hanno comunque un basso tasso di contagio devono chiudere ciò che resta della loro economia e della loro vita sociale. Perché prima il federalismo della irresponsabilità li ha privati dei diritti di cittadinanza sanitaria e scolastica e poi perché uno Stato patrigno – che indossa l’abito dei commissari-ragionieri e di quello all’emergenza affetto da acuto strabismo nordista – fa strame non delle sue pretese ma dei suoi più elementari diritti. Come si spiega, commissario Arcuri e ministro Speranza, questa insopportabile differenza tra Centro-Nord e Sud anche nella ripartizione degli interventi di emergenza? Perché si comprano più letti di terapia intensiva per una parte rispetto all’altra?

Siamo, forse, al punto finale di un Paese che si crogiola da troppo tempo nell’eccesso di debito e nella carenza di Stato come ammonivano molto tempo fa in un libro famoso (L’economia italiana, edizioni il Mulino) Ignazio Visco e Luigi Federico Signorini. Questo tentativo lombardo di buttarla tutta in politica è deplorevole anche se il Governo deve essere in grado di fornire tutte le spiegazioni necessarie per capire bene come funzionano i criteri uguali per tutti. Un punto importante dell’Italia di oggi è quello di decidere i progetti a partire dalla sanità e, ancora di più, l’esecuzione dei progetti individuati come cruciali dalle strutture con team motivati. Non siamo in grado di avere una capacità di intervento pubblico strutturale, ma solo congiunturale che fa crescere il debito. Questa situazione è frutto anche della cattiva disposizione dei politici nei confronti di chi lavora nelle amministrazioni pubbliche dei ministeri e nei governi regionali e dal loro conseguenziale, progressivo scadimento, ma ancora prima da un assetto istituzionale che è fatto apposta per non decidere e aumentare gli squilibri territoriali. Per questo mi viene spesso di pensare che solo l’Europa potrebbe liberare il Mezzogiorno dallo Stato patrigno e dai feudatari regionali del Nord che hanno messo le mani sulla cassa da dieci anni in qua e non la mollano più. Il ministro Speranza è molto preoccupato per la salute della Calabria, apprezziamo la sua preoccupazione, ma farebbe bene a chiedersi che cosa ha fatto lui e che cosa hanno fatto i suoi collaboratori da otto mesi in qua per la Regione Calabria.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE