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Roberto Fico subito dopo aver ricevuto il mandato esplorativo dal presidente della Repubblica Mattarella

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UN PAESE che dipende dalle parole (Renzi “accoltellatore” professionista) di Alessandro Di Battista, uomo senza mestiere e senza mandato parlamentare, è vicinissimo al suo naufragio.

Un Paese che si occupa della scissione dell’atomo del dissenso pentastellato mentre cinque milioni di persone rischiano di rimanere senza lavoro oggettivamente è un Paese che fa di tutto per non essere salvabile. Un Paese che vede i suoi media televisivi a più elevata diffusione intrattenersi sul tema Di Battista con la variabile Lezzi per un periodo interminabile ha perso il registro dei fatti che contano o, forse, ne rappresenta plasticamente la tragicità.

Siamo al solito Titanic Italia che solo Mattarella può disincagliare dallo scoglio sul quale lo ha portato il teatrino permanente della peggiore classe politica europea e uno stuolo di orchestrali della band del talk che ballano sulla tolda della nave e danno al mondo l’immagine di un’Italia a metà tra la sindrome greca e la deriva argentina.

Il mandato esplorativo conferito al Presidente della Camera, Roberto Fico, per verificare doverosamente se esiste una maggioranza parlamentare a partire da quella del governo uscente è l’estremo tentativo di dare all’Italia il programma condiviso e la coesione politica indispensabili per affrontare il nuovo ’29 mondiale e misurarsi con le tre grandi emergenze: sanitaria, economica, sociale.

L’opposizione mediti sui propri limiti costitutivi che sono un sovranismo fuori dal mondo per un Paese che ha perso la sovranità nella gestione del suo debito e la strutturale incapacità di rendersi conto della gravità della situazione e della necessità di giocare un ruolo attivo.

Diciamolo una volta per tutte. Questo patto va stretto prima che tra di loro con gli italiani stremati da un anno di crisi e stretti dall’angoscia per il futuro prossimo. Tre pilastri sono irrinunciabili e vanno costruiti su contenuti precisi con gettate di cemento armato. Punto uno. Ripensamento integrale del programma di finanza pubblica perché così come è oggi è del tutto fuori controllo in quanto è appeso a ipotesi di crescita già condannate all’irrealizzabilità. Non è vero, lo sappiamo tutti, che il debito pubblico quest’anno scenderà in rapporto al Pil perché non è vero, anche questo lo sappiamo tutti, che la crescita toccherà le vette inedite del 6%.

La ripresa economica resta indispensabile e impone il secondo pilastro del patto: la revisione radicale del Recovery Plan per accantonare in fretta un piano di ripresa finto che sarebbe un attentato al futuro del nostro Paese.

L’Italia esce da venti anni di sperequazione miope nella distribuzione della spesa pubblica sociale e infrastrutturale, questo giornale lo denuncia in assoluta solitudine dal suo primo giorno di uscita e la class action che stanno preparando i sindaci della Calabria con in testa il primo cittadino di Catanzaro e tanto di diffida alla Presidenza del Consiglio, è un po’ il frutto sano di questa campagna giornalistica avallata dalle principali istituzioni economiche e contabili della Repubblica italiana.

Il Recovery Plan è l’ultima occasione che abbiamo per rimediare a questo vizio strutturale che rende impossibile a priori qualsiasi ipotesi di crescita reale dell’intero Paese. Il fondo perduto europeo deve essere integralmente collocato sugli investimenti pubblici infrastrutturali immateriali e materiali che consentono la riunificazione delle due Italie.

Al Nord produttivo non deve mancare il massimo sostegno possibile per l’innovazione e la crescita del suo tessuto industriale in termini dimensionali, qualitativi e in una logica da player globale che ritrova la sua misura minima di base per essere competitivi.

Non bisogna, infine, dimenticare che abbiamo appena approvato 32 miliardi di deficit aggiuntivo da dedicare a un nuovo decreto di aiuti. Aiuti, questo è il terzo pilastro del patto, che devono andare tutti e subito all’economia reale, alle piccole e piccolissime imprese che hanno tenuto in piedi a lungo il Paese e che in questo momento difficile pagano colpe non loro, abbandonando non a parole quel dirigismo di stato che rischia di riservare il sostegno pubblico solo agli amici degli amici.

Il perno di questo patto per l’Italia è la dimostrazione fattuale che è una cosa seria e non è il solito piano italiano per sopravvivere. Le opposizioni che per immaturità si sono tenute fuori dalla partita almeno non pensino di lucrare sul dramma sociale. Perché se non si fa bene ciò che si deve fare quel dramma diventa prima rabbia poi insurrezione e, inevitabilmente, travolgerà tutti.

Anche per questo confidiamo che Mattarella vigili sulla qualità dei ministri del nuovo esecutivo perché molti dei componenti della attuale squadra di governo sono totalmente inadeguati. Se si sbaglia questa scelta politica, rifondare la macchina pubblica mettendo le competenze al centro della amministrazione non è neppure immaginabile. Invece ciò è indispensabile. Non si può più scherzare con il fuoco.


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