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Il palazzo del Quirinale

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Tutto quello che è accaduto con il nuovo ’29 mondiale e tutto quello che è necessario fare, comporta la trasformazione sociale del Paese se si vuole realizzare per davvero la Nuova Ricostruzione. Rimette in discussione il ruolo di partiti, sindacati, autonomie regionali, imprese troppo piccole che non fanno sistema anche se vitali, che sono tutti insieme i soggetti che hanno tenuto in piedi l’impalcatura del ventennio della crescita zero e della spaccatura in due del Paese. Il teatrino permanente sul green pass è l’incarnazione più naturale della crisi sistemica dei partiti che arriva a mimetizzare l’interesse elettorale dietro una sparuta minoranza ostile al vivere civile o a questa o quella pulsione propagandistica

Tutti hanno certezza che il governo non può cadere, ma tutti hanno bisogno di mettersi in evidenza. Perché le elezioni amministrative sono alle porte e perché siamo entrati nel semestre bianco che sono due fatti politici che portano in dote la fibrillazione dei partiti e dei loro capi e capetti.Tutti si possono permettere di sfarinare un giorno sì e l’altro pure e di fare uscite estemporanee perché il governo c’è ed è anche il garante internazionale della nuova direzione di marcia. Perché per la prima volta nella storia della Repubblica italiana tutti i docenti (112mila) sono al loro posto in cattedra di ruolo per il 52% e gli altri (48%) con contratti annuali di supplenza. Al loro posto sono anche sessantamila insegnanti di sostegno. Siamo nei primi otto giorni di settembre, non all’ultima settimana di ottobre, che è da sempre quella nella quale in Italia si completavano a fatica gli organici scolastici. Siamo in anticipo di due mesi e non lo aveva mai fatto nessuno prima. Altri ci hanno provato, ma non ci sono mai riusciti.

La verità è che il governo sta guidando questa fase che non è di uscita dalla pandemia, ma di trasformazione sociale all’uscita della pandemia. Tutto quello che è accaduto con il nuovo ’29 mondiale e tutto quello che è necessario fare, comporta la trasformazione sociale del Paese se si vuole realizzare per davvero la Nuova Ricostruzione. Rimette in discussione il ruolo di partiti, sindacati, autonomie regionali, imprese troppo piccole che non fanno sistema anche se vitali, che sono tutti insieme i soggetti che hanno tenuto in piedi l’impalcatura del ventennio della crescita zero e della spaccatura in due del Paese.

I fatti costringono tutti questi soggetti, chi più chi meno, a guardarsi allo specchio che con la pandemia globale ingigantisce sagome e fisionomie. Si guardano allo specchio i capi dei partiti e scoprono che non riescono più ad andare avanti come partiti, ma come singole persone all’interno dei singoli partiti. Al punto che nel governo che finalmente governa in modo compatto, al di là di alcune debolezze individuali, si coglie il lavoro collegiale dei ministri tecnici e degli uomini più riconoscibili di quegli stessi partiti che sono Giorgetti come Brunetta o come Franceschini e Guerini o come Di Maio, solo per fare qualche esempio.

Succedono sui territori cose di cui nessuno si accorge. Napoli e Bari che escono da una stagione di grande industria desertificata, dimostrano di volere cogliere le occasioni che vengono dalle nuove tecnologie e dal turismo e provano a farlo in modo organizzato su scala internazionale. Torino è diventata una ex capitale industriale e sembra spegnersi senza reazione con un aeroporto che non può neppure essere messo a confronto con quello di Napoli.

Questo significherebbe fare politica affrontando con cognizione di causa la trasformazione sociale in atto dell’Italia e significherebbe farlo finalmente con un gioco di squadra. Che vince solo se è a livello di sistema e è a livello di sistema solo se produce buone decisioni differenziate sulla strada tracciata in uno spirito condiviso.

Viceversa mentre si percepiscono segnali di fiducia alternati al ribollire della questione sociale e la trasformazione del Paese esige risposte nette per consolidare la fiducia, assistiamo all’ultimo teatrino dei partiti che fa slittare la cabina di regia sul green pass. Questo teatrino appartiene al nuovo spread di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa e misura il differenziale tra l’agenda del fare del governo e quella elettorale dei partiti.

Alla prova dei fatti si passerà subito per il green pass nelle mense scolastiche e poi si procederà secondo la tabella di marcia. Questo teatrino della politica appartiene alla “fisiologia” delle fibrillazioni elettorali, ma è tollerabile solo se abbassa i toni e non intralcia l’azione del governo.

La strada è già decisa e per percorrerla è indispensabile alimentare il ritorno in presenza con un green pass obbligatorio nella pubblica amministrazione. Anche perché sarebbe difficile da comprendere la differenza di regole nei luoghi di lavoro tra un ufficio pubblico e una banca o un’azienda privata. Il teatrino si vede in tv più o meno ritmato, ritorna in commissione e poi in aula, ma è solo il caso più evidente dell’altro spread. Quello che non vuole offendere troppo la sparuta minoranza no vax mentre c’è da correre nella strada esattamente opposta per tutelare il futuro della stragrande maggioranza che coincide con la comunità di un Paese.

Il teatrino permanente sul green pass è l’incarnazione più naturale della crisi sistemica dei partiti che arriva a mimetizzare l’interesse elettorale dietro una sparuta minoranza ostile al vivere civile o a questa o quella pulsione propagandistica. Facciano il rumore che vogliono, ma sappiano bene che non possono influenzare le scelte fatte. Perché queste scelte ci portano fuori dalla crisi e ogni contrasto diretto a rallentarne gli effetti danneggia il Paese.


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