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Matteo Salvini e Mario Draghi

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Non è vero che dicendo una cosa sui social questa diventa vera. Non è vero che facendo a gara a chi dice più cavolate – tipo “sono stufo che in Italia entrino cani e porci” oppure “bisogna fare ora una patrimoniale” – le cavolate si trasformino in cose serie. Questo vale per Salvini come per Letta pur essendo le due figure incomparabili. Perché come il primo fa il provocatore, il secondo fa la parte in commedia di quello che rintuzza la provocazione. In questo campetto della propaganda Salvini recita la parte di chi vuole tagliare le tasse e Letta quella di chi sempre a parole vuole aumentare le tasse ai ricchi che poi in Italia diventano tutti quelli che lavorano o hanno ricevuto qualcosa in eredità. L’unico che si rafforza è Draghi perché come si fa con i bulli ne prescinde. Il suo governo non tocca le case degli italiani, non ha aumentato le tasse, non custodisce in serbo patrimoniali nascoste e va avanti con le riforme

Non ci sono appigli seri sulla casa perché Draghi ha la qualità di farsi capire e di essere creduto dagli italiani. Perché non sono alle porte né nuove tasse sulla casa né patrimoniali nascoste. Perché essendo entrati in pandemia con l’economia più fiaccata d’Europa solo un pazzo potrebbe fermare oggi la ripresa delle costruzioni e dell’economia a tassi da miracolo economico imponendo nuove tasse sulla prima cassaforte degli italiani che è la loro casa o semplicemente parlandone.

Il punto politico di Salvini è che non si può essere di qua e di là contemporaneamente. Se vuole andare a una frattura del suo partito passando per il governo, è probabile che si frantumi prima il suo partito che il governo. Gli italiani vogliono le riforme e il governo Draghi le sta facendo e sempre più velocemente le vuole fare perché non può seguire il calendario elettorale, ma quello che consente all’Italia di uscire da venti anni di crescita zero. Che è esattamente ciò che serve al Paese e che coincide con il calendario di riforme concordate in Europa per accedere ai circa 200 miliardi di fondi del Next Generation Eu e mettersi nelle condizioni di spenderli bene nei tempi prestabiliti. Che è ciò che abbiamo negoziato e sottoscritto in sede di specifiche raccomandazioni europee.

La cosa veramente positiva che raccontiamo da mesi in assoluta solitudine è che la netta maggioranza degli italiani ha compreso che il governo di unità nazionale e la mano ferma di Draghi sono l’unica possibilità che hanno per uscire dal mondo della irrealtà e misurarsi con la effettiva possibilità di vedere ridotte le tasse che pagano sul loro stipendio e di essere loro stessi parte attiva del processo, non a parole, di riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie. Che vuol dire più lavoro di qualità per i giovani e le donne a partire dal Mezzogiorno. Gli italiani vogliono scendere dal Titanic Italia. Sono stufi della propaganda di capitani e sergenti della politica populista e sovranista. Cominciano a riconoscere per quello che sono e, cioè, venditori di fuffa tanto al chilo, che è il loro punto di share, i conduttori e la loro compagnia di giro del supertalk estate-inverno a reti unificate, ovviamente eccezioni a parte. Sono i primi e i secondi compagni di merenda di un banchetto mediatico-politico sudamericano che non fa onore all’Italia.

Il punto è che più fa così Salvini, più perde di credibilità. È convinto di potere fare due parti in commedia tanto a lui non lo “cacciano”. Il punto è che così perde sia gli elettori a favore della stabilità sia quelli di lotta. Siamo davanti alla plastica dimostrazione di una leadership offuscata.

Ha sbagliato con il Papeete. Ha sbagliato quando ha pensato che buttando giù Conte saltasse tutto. Sbaglia ora perché continua a pensare di potere piegare la realtà alle parole, ma non è così perché il solito giochetto da mago Zurlì fa parte della fuffa di prima. Non è vero che dicendo una cosa sui social questa diventa vera. Non è vero che facendo a gara a chi dice più cavolate – tipo “sono stufo che in Italia entrino cani e porci” oppure “bisogna fare ora una patrimoniale” – le cavolate si trasformino in cose serie.

Questo vale per Salvini come per Letta pur essendo le due figure incomparabili. Perché come il primo fa il provocatore, il secondo fa la parte in commedia di quello che rintuzza la provocazione. Letta è l’unico che lo prende sul serio, sta al suo gioco e rafforza nei limiti del possibile Salvini. Si fa attrarre in questo campo dell’irrealtà e rischia di giocare sul suo terreno con la maglietta della squadra peggiore. Perché in questo campetto della propaganda Salvini recita la parte di chi vuole tagliare le tasse e Letta quella di chi sempre a parole vuole aumentare le tasse ai ricchi che poi in Italia diventano tutti quelli che lavorano o hanno ricevuto qualcosa in eredità.

L’unico che si rafforza è Draghi perché come si fa con i bulli ne prescinde. Il suo governo non tocca le case degli italiani, non ha aumentato le tasse e non custodisce in serbo patrimoniali nascoste. Può dirlo e convincere perché è credibile come persona, ma anche perché in questi mesi di governo ha dimostrato ulteriormente di esserlo.

D’altro canto, sull’ultimo casus belli che riguarda il catasto, parliamo di un’operazione di trasparenza che è già stato deciso che non condurrà a aumenti di tassazione sulla casa e che non arriverà peraltro in porto con i suoi nuovi parametri prima del 2026. Chi azzarda decisioni e previsioni per quella data è fuori dal mondo. Come se noi potessimo oggi anche solo immaginare da chi saremo governati tra qui a sei anni. Che tipo di economia e in quale stato di salute avremo. Che fine avrà fatto il mondo e che fine avremo fatto noi. Non si possono francamente nemmeno ipotizzare le donne e gli uomini che guideranno la politica in Italia e in Europa dopo il nuovo ’29. Perché nessuno sa davvero che cosa succederà a noi e intorno a noi.


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