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Il Colosseo illuminato con i colori dell'Ucraina

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Non può pagare l’Italia il prezzo della ignavia di Usa, Europa e Nato. Che hanno lasciato campo libero a Putin, capo autocrate di una violenta superpotenza, fino alla dinamite di una democrazia colpita nella propria legittima sovranità. Le vere domande da porsi ora sono: 1) quanto dura? 2) che impatto avrà sull’inflazione e sull’economia?
3) che impatto avrà tutto ciò sulle politiche delle banche centrali? Per loro è la situazione peggiore. Possono sbagliare comunque.
Se fanno ancora politica espansiva per proteggere l’economia l’inflazione può scappare di mano, se fermano i sostegni monetari come previsto per aggredire l’inflazione, l’economia va in recessione brutale. Facciamo i conti con il rischio più alto di tutti che è la stagflazione. Che vuol dire stagnazione economica e inflazione alta. Senza forti leadership politiche europee e americane non se ne esce

Guerra lunga o guerra dimostrativa? Non avendo capito nulla o quasi delle reali mire di Putin né Europa né Stati Uniti, c’è da essere terribilmente angosciati per la pace e ancora di più preoccupati per l’Italia. Ha ragione Alberto Negri: l’Ucraina è una guerra che gli Usa e la Nato non hanno mai avuto intenzione di combattere. Come interpretare altrimenti l’ostinazione con cui l’Alleanza Atlantica ha più volte ribadito che Kiev non fa parte della Nato? Aggiungiamo a tutto ciò la liquefazione militare e politica europee e si capisce meglio perché si è arrivati alla dinamite atomica di una democrazia colpita nella propria legittima sovranità.

Questi strateghi transatlantici del nulla parlano ora di Putin come di un matto e invece siamo in presenza del capo autocrate di una violenta superpotenza, cioè di un pericolo reale gigantesco sottovalutato da tutti, che ha capito che americani e europei usavano solo le armi della parola e ha dato il via libera all’invasione. Sul piano politico e militare oggi Stati Uniti e Europa si leccano le ferite. Putin al prezzo di perdere qualsiasi credibilità internazionale butta in faccia al mondo una forza violenta e fuori controllo che può addirittura provare a conquistare l’Ucraina. Che è tre volte l’Italia e ha “giacimenti” di materie prime, dal gas al grano, da fare tremare il mondo.

Chi scrive spera ancora che quella di Putin sia una guerra diretta a distruggere le postazioni militari, non l’intero Paese e che si accontenti di riunire sotto la Russia i territori che dal Donbass arrivano fino alla Crimea. Anche perché una guerra lunga che punta addirittura a prendere Kiev e l’intera Ucraina ha costi enormi per una Russia convertita alla missione militare e debilitata dalle sanzioni economiche. A meno che non la aiuti la Cina, ma a questo punto saremmo alla guerra globale non mondiale.

La guerra è in Ucraina, ma i morti e i feriti in economia sono tutti in casa nostra. Siamo alla canna del gas perché nessuno ha voluto seguire la vecchia dottrina di Prodi del ’97. Se proprio dobbiamo dipendere da un lazzarone, allora almeno dipendiamo da molti lazzaroni. Il problema è presto detto: i flussi dalla Russia sono pari al 39% della nostra domanda di gas la quale a sua volta serve per garantire la metà della nostra domanda di elettricità.

Oggi dobbiamo correre in Algeria per strappare quanto più gas possibile, dobbiamo trivellare ovunque e rimettere in moto Porto Empedocle, e dobbiamo sporcarci le mani con quello che ancora abbiamo di centrali a carbone e di capacità di olio. Ovviamente spingiamo al massimo su produzioni rinnovabili, eolico, mettiamo pannelli solari ovunque, ma essendo consapevoli che esiste un frattempo italiano e europeo che non permette di fare gli schizzinosi.

Perché il rischio reale è di non uscirne vivi.

Il gas si impenna del 58%, il petrolio supera i 100 dollari, alluminio, grano, mais mai così cari. Come dire: attenzione, non è finita. Perché si muore di bombe, ma anche di mancanza di pane. Con la guerra in Ucraina è arrivata l’ennesima spallata ai prezzi delle materie prime che stanno esplodendo. Mentre le borse crollano e lo spread arriva fino a un massimo di 181 poi ripiega sopra i 164, non vanno alle stelle solo i prezzi di gas e petrolio, ma anche quelli di grano, mais e soia. Il prezzo del grano ha raggiunto al mercato future della Borsa di Chicago 9,34 dollari a bushel, con aumento del 5,7% raggiungendo così il valore massimo da 9 anni. Per intenderci, un livello di prezzo che aveva innescato la miccia delle proteste del pane nel Nord Africa. Quello del grano tenero è cresciuto del 16% (47 euro in più a tonnellata), mentre il mais ha messo a segno +12% (30 euro).

Siamo un Paese che dipende dalle importazioni delle principali commodity con un deficit del 64% per il grano tenero (pane e biscotti) e del 40% per il grano duro destinato alla produzione del nostro piatto principe, la pasta. A questi prezzi e con questi numeri che volano sopra la testa di un’inflazione salita al 4,8%., vi rendete conto che non si scherza più? Vi rendente conto che default energetico e default alimentare fanno saltare in aria qualsiasi economia? Se sono alla canna del gas e non so che cosa mangio domani, forse, mi interessa meno che cosa accade ai tassi. Però, a questo punto, è importante affrontare il tema delle macerie economiche sociali, italiane e europee, con un minimo di respiro.

Le vere domande da porsi sono: 1) quanto dura? 2) che impatto avrà sull’inflazione e sull’economia? 3) che impatto avrà tutto ciò sulle politiche delle banche centrali? Che tornino improvvisamente a ricambiare rotta e ripristinino una politica ancora espansiva o quanto meno più cauta nel ritiro degli stimoli monetari? Diciamo che per le banche centrali è la situazione peggiore. Possono sbagliare comunque. Se tengono bassi i tassi per proteggere l’economia l’inflazione può scappare di mano, se fermano i sostegni come previsto per aggredire l’inflazione, l’economia va in recessione brutale.

Il punto vero è che si fanno i conti con il rischio più alto di tutti che è la stagflazione. Che vuol dire stagnazione economica e inflazione alta. L’inflazione sale perché le materie prime schizzano verso l’alto e questo ha un effetto molto forte sull’economia fino ad arrivare nello scenario estremo ad abbattere totalmente la crescita economica mondiale. Con il petrolio da 120 a 150 dollari l’economia mondiale brucia la crescita prevista del 4% fino a azzerarla. Ora siamo sopra i cento dollari con il petrolio ma bisogna vedere quanto dura la guerra, bisogna vedere quanto durano la risalita dell’inflazione e il rallentamento dell’economia. Bisognerà capire se le banche centrali del mondo – per noi soprattutto quella europea – alzeranno i tassi perché l’inflazione sale o continueranno la politica monetaria espansiva per non deprimere ulteriormente l’economia. Il governatore della banca di Francia già da qualche giorno si è portato avanti e ha suggerito prudenza nell’uscita dalla politica monetaria espansiva per i rischi legati alla situazione in Ucraina. I suoi colleghi tedeschi la pensano all’opposto. Se ci pensate un po’ dietro questo balletto di posizioni, si può leggere la debolezza costituiva dell’Europa che non ha un esercito comune e si ritrova a fare i conti con gli Stati Uniti che non hanno più voglia di pagare le spese militari anche per gli europei. Se ci pensate un po’ dietro questo balletto di posizioni non solo monetarie si stagliano nettissime le debolezze di leadership politica americana e europea.

Se non succede qualcosa, come accade quasi sempre nei momenti della storia, c’è da avere davvero paura. Perché il “vangelo” delle sanzioni che può strozzare l’economia russa, non tiene conto che prima ancora strangola l’economia italiana. Non possiamo essere noi a pagare il prezzo della guerra in Ucraina di un capo autocrate di una violenta superpotenza e dell’ ignavia di Stati Uniti, Europa e Nato. Almeno su questo la commedia degli equivoci finisca presto.


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