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Il ministro Patrizio Bianchi

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Non ci dimentichiamo mai che la scuola è l’unica istituzione che si occupa dei ragazzi. Che può formarli con lo spirito di una comunità nazionale e di un destino comune affinché sentano il dovere di contribuire a questo destino comune. Con la scuola aperta siamo a metà dell’opera, ma proviamo finalmente a nazionalizzare la nostra gioventù. Facciamoli sentire parte del loro Paese. Facciamo in modo che vogliano provare in casa il gusto del futuro e che sia il gusto di un futuro comune. Se non ci riusciamo in piena pandemia è sicuro che non ci riusciremo più

La discontinuità più evidente del governo Draghi riguarda la scuola. Si è passati dai banchi a rotelle ai tripli turni. Siamo alla consapevolezza della priorità che diventa “il conoscere per deliberare” di einaudiana memoria e fa riaprire tutte le scuole costi quel che costi.

Che accade perché fortemente voluto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, e dal ministro per l’Istruzione, Patrizio Bianchi. Perché a scuola quello che si perde non si recupera più. Due anni di lezioni a distanza rischiano di distruggere una generazione e bisogna invece lavorare per farli recuperare. Anche in zona Cesarini. Anche dove è più difficile farlo. Anzi, lì a maggior ragione.

Si percepisce la forza di una scelta di governo che mette la scuola al centro come pilastro del Paese. Come l’unica istituzione che copre l’intero sistema nazionale. Perché tutto parte dal capitale umano, dalla sua formazione, dalla intelligenza che si mette alla prova e fa sistema.

Quanto possa valere questo capitale per il Paese è inestimabile. Quanto questo capitale inestimabile sia decisivo per la riunificazione delle due Italie è fuori discussione ma sempre poco detto e quasi mai fatto.

Mi piace dare atto qui al ministro Patrizio Bianchi, professore della bassa ferrarese e nostro editorialista dal primo giorno di uscita di questo giornale, non solo di avere combattuto per due lunghi anni in assoluta solitudine questa battaglia culturale dalle colonne del Quotidiano del Sud, ma soprattutto di avere mostrato il massimo di coerenza nell’azione di governo.

Perseguendo con determinazione assoluta la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado, sempre spalleggiato dal Presidente Draghi, e soprattutto mettendo il Mezzogiorno sempre al centro di tutti gli interventi.

Bianchi si inserisce con i fatti nel solco dei grandi meridionalisti di scuola settentrionale quali furono i Vanoni, i Morandi, i Saraceno, perché oggi più di allora bisogna combattere la povertà educativa e oggi più di allora scuola e formazione sono centrali se si vuole ripartire per davvero.

Se il Sud non ha e non forma le sue competenze non riuscirà in nulla e il Paese intero renderà strutturale il suo declino. Viceversa bisogna investire subito su chi c’è e su chi in prospettiva subentrerà perché si spenda ciò che finora si è sprecato e si rischia di perdere e, ancora di più, perché si impegnino bene i soldi nuovi.

In questo Paese delle mille corporazioni e dei gattopardi regionali può accadere come se nulla fosse che tutte le forze politiche approvino all’unanimità una mozione con cui chiedono al governo di riaprire le scuole in presenza al 100% e quando questo accade comincino – chi più chi meno – a mugugnare fino all’assurdo assoluto di Capi delle Regioni che mettono le mani avanti e dicono “non si venga a chiedere a noi di intervenire sul trasporto locale”. Stiamo scherzando o stiamo facendo sul serio?

I capi delle Regioni hanno battuto cassa e hanno avuto tutte le compensazioni possibili e immaginabili. Hanno avuto 390 milioni per mettere in sicurezza e sanificare bus e mezzi di trasporto pubblico locale. Oggi dicono che non possono fare niente. Siamo seri!

Vogliamo ripetere lo scempio della campagna di vaccinazione con le liste dei furbetti delle categorie e quelle degli amici degli amici? Si prenda esempio da quello che ha fatto Bianchi in silenzio spendendo 150 milioni già distribuiti per le sanificazioni nelle scuole partendo dal Sud e altri 150 milioni per le strutture a distanza compreso il supporto psicologico.

“Non vi daremo dei soldi, ma ve li abbiamo già dati quando ce li avete chiesti”. Questa è la risposta che Bianchi dovrebbe dare alle polemichette di viceré e capi delle Regioni. Noi diciamo che tutti si debbono assumere le loro responsabilità in un momento come questo.

Smettiamola di parlare, magari andiamo meno in tv, e mettiamoci a lavorare per garantire l’igiene pubblica e le lezioni in sicurezza. Non ci dimentichiamo mai che la scuola è l’unica istituzione che si occupa dei ragazzi. Che può formarli con lo spirito di una comunità nazionale e di un destino comune affinché sentano il dovere di contribuire a questo destino comune.

Con la scuola aperta siamo a metà dell’opera, ma proviamo finalmente a nazionalizzare la nostra gioventù. Facciamoli sentire parte del loro Paese. Facciamo in modo che vogliano provare in casa il gusto del futuro e che sia il gusto di un futuro comune. Se non ci riuscissimo in piena pandemia, è sicuro che non ci riusciremo più.


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