X
<
>

Una manifestazione di protesta in Germania, sul cartello la scritta: "Mio il corpo, mia la decisione"

Condividi:
5 minuti per la lettura

Più passa il tempo nella somministrazione dei vaccini più si formano varianti e più il vaccino resta indietro. Le Borse scontano lo scenario, si complica il quadro economico. Se l’effetto del Covid sulle Borse è uguale per tutti i Paesi, cadono tutte le Borse, invece i tassi di interesse sulle obbligazioni pubbliche salgono ma non nello stesso modo per tutti. In Italia pesa l’incertezza politica e, cioè, che cosa succederà da febbraio in poi. Chi deve comprare i titoli pubblici italiani cerca rassicurazione, ma intanto si cautela. Nell’immediato non c’è un grandissimo problema perché i tassi di interesse da pagare per i prossimi 6/7 anni sono chiari grazie al fatto di avere allungata la vita media del debito. Perciò è determinante il prossimo triennio. I servizi pubblici devono diventare efficienti, bisogna capitalizzare l’innovazione, recuperare apprendimenti e competenze digitali e nel green, mettere a regime con nuovo capitale umano la macchina pubblica. Bisogna redistribuire abbastanza il reddito tra Nord e Sud e fare i conti con i poveri. Tutto ciò va fatto in una transizione globale molto confusa

I RISCHI della variante sudafricana si aggiungono a uno stato di tensione già crescente legato alle notizie del Nord Europa molto scoraggianti. Olanda, Germania, Austria pagano il conto di gravi errori di programmazione e di un tasso di rifiuto della vaccinazione preoccupante. Errori tutti loro. I più avvertiti segnalavano il rischio di un effetto del resto del mondo in assenza di un’azione congiunta su grandissima scala di Covax e Fondo monetario internazionale.

Non si immaginava che i primi della classe pieni di soldi e di vaccini sarebbero stati anche gli ultimi. Il problema è che più passa il tempo nella somministrazione dei vaccini più si formano varianti e più il vaccino resta indietro. Le borse scontano lo scenario conseguente di una domanda globale che tende ad essere meno espansiva sia pure in modo differenziato.

La Cina è isolata sul piano geopolitico perché le persone non escono e neppure entrano. Escono e entrano solo i prodotti, non le persone che possono contagiare e questo dovrebbe preservare domanda e offerta. Non è così per il resto dell’Asia, Estremo Oriente, ma anche India,  Africa, America Latina,  qui gli effetti si sentono. Quello che  succede davvero negli Stati Uniti non si sa. Ogni Stato ragiona come se fosse indipendente. I tassi di contagio, come in Inghilterra, non sono bassi per cui se arriva la variante sudafricana e gli effetti si cumulano con un tasso di vaccinazione fermo a livelli bassi, allora per America e Inghilterra le cose in economia si mettono male.

I mercati sanno che gli interventi pubblici sono stati massicci e che ne serviranno di nuovi a seconda della fluttuazione del Covid, rientra-sale-rientra, in una curva che tenderà però a allargarsi se non si riesce a raggiungere una protezione sufficiente della popolazione a livello globale. Un Paese che ha risposto meglio della media degli altri Paesi è l’Italia. Sono stati più consapevoli i cittadini anche nei confronti dei no pass. Il governo ha azzeccato la mossa giusta con il green pass tardivamente imitato da chi ha già compromesso la sua situazione. Si sono contenuti i danni nonostante le stranezze dei maître à penser alla Cacciari e alla Barbero che si vaccinano ma inchiodano il dibattito della pubblica opinione sul principio della libertà individuale ignorando che questa libertà non può essere quella di contagiare il prossimo.

Se le Regioni estreme dove questi machiavellismi hanno attaccato di più come Friuli Venezia Giulia e Alto Adige muovono i contagi verso l’Italia, allora anche qui si complica il quadro economico perché si incide su fiducia e consumi. In prospettiva se l’effetto del Covid sulle borse è uguale per tutti i Paesi, cadono tutte le borse, invece i tassi di interesse sulle obbligazioni pubbliche salgono  ma non nello stesso modo per tutti. In Italia pesa l’incertezza politica e, cioè, che cosa succederà da febbraio in poi. Chi deve comprare i titoli pubblici italiani cerca rassicurazione, ma intanto si cautela.

Nell’immediato non c’è un grandissimo problema perché i tassi di interesse da pagare per i prossimi sei/sette anni sono chiari grazie al fatto di avere allungata la vita media del debito collocando favorevolmente i titoli a lunga scadenza. Per cui fino alla metà di questo orizzonte siamo protetti. Se i tassi di intesse risalgono come quelli dell’inflazione  mischiando quanto paghi in più su quelli nuovi con quanto hai pagato in meno su quelli vecchi alla fine resti dentro la forbice 1,5/2 punti almeno nei primi tre dei sei/sette anni prossimi.

Ciò che è decisivo è riuscire in questi tre anni a trasformare in investimenti veri i soldi europei, sapendo che l’Europa non vuole vedere solo se sono stati spesi, ma chi li ha presi e che tipo di performance è stata realizzata. Bisogna superare lo scoglio rendicontazione. Bisogna, quindi, rendere concreti gli effetti del piano di modo che  l’aumento delle attività avvenga senza errori nella spesa pubblica che vuol dire soldi che escono e non producono effetti produttivi. Bisogna redistribuire abbastanza il reddito tra Nord e Sud, bisogna fare i conti con i poveri, bisogna avere abbastanza progetti buoni per i giovani e bisogna affrontare l’emergenza educativa. È vero che l’industria manifatturiera è ripartita, ma l’euro si è deprezzato abbastanza e non eravamo costretti a fermarci come la Germania dall’assenza di particolari tipi di produzione come i semiconduttori.

Rendiamoci anche conto che la manifattura è pari a un sesto del prodotto interno lordo e vale il 30%  sul valore aggiunto privato.  I nostri problemi sono i servizi pubblici che devono diventare efficienti,  fare capitalizzare l’innovazione, recuperare apprendimenti e competenze digitali e nel green, mettere a regime con nuovo capitale umano la macchina pubblica, pesare e cambiare l’Europa, ridurre il numero di chi non paga le tasse. Tutto questo va fatto nei prossimi tre anni per evitare  che i mercati ci presentino un conto per noi insostenibile e dentro una transizione globale molto confusa. Capite bene che non è facile.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE