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Sergio Mattarella e Mario Draghi

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Non si è raggiunto questo risultato perché è improvvisamente sceso dal cielo un angelo salvatore, ma perché si è provato a costruire un sistema fuori e in casa. È stato possibile perché si è visto un Mattarella che alla prova dei fatti ha rivelato lo spessore di un grande capo dello Stato. Con Draghi si è visto che un grande italiano che ha salvato l’euro poteva essere valorizzato in casa sua senza dovere esibire una tessera di partito. Sono i segni fondanti dei tempi che cambiano. Questo è un meccanismo che è esistito e che può essere rifatto. Ci rifiutiamo di pensare che non siamo capaci di trovare la combinazione giusta perché il moltiplicatore continui a funzionare. Perché  se non ci sono i pezzi di ricambio, abbiamo scherzato tutti. Su questo, non su altro, ci giudicherà il mondo

IL 2021 passerà alla storia come l’anno di un Paese che si sveglia da un lungo letargo e comincia a rendersi conto che la sfida di sistema si può vincere. Vedremo nel 2022 se avremo vinto per davvero o se prevarrà lo sgomento e tornerà il solito ragionamento italiano double face: “è stato troppo per noi, torniamo come prima” oppure gli sciocchi che pensano “facciamo noi quello che hanno fatto altri” ignorando che non lo sanno fare. Per una volta l’Italia è riuscita a fare sistema  perché contravvenendo ad alcune abitudini consolidate ha messo in campo i migliori senza guardare alla distribuzione di potere tra vassalli, valvassori e valvassini. Ha costretto i feudatari della politica italiana a fare i conti con le loro debolezze ingigantite dalla gravità dei problemi che pone il nuovo ’29 mondiale.

Non ha  raggiunto l’Italia questo risultato perché è improvvisamente sceso dal cielo un angelo salvatore, ma perché si è provato a costruire un sistema fuori e in casa. Si è arrivati perfino a razionalizzare un minimo anche il rapporto con le Regioni che sono la bestia nera del Paese. Un rapporto diventato oggettivamente più fluido  di quello ai tempi di Conte.

Questo è ciò che colpisce gli osservatori internazionali e bisogna avere la consapevolezza che se si rompe questa cosa, allora diranno che è stata una casualità di eventi e di buone intenzioni e che gli italiani appena se ne sono accorti la hanno smantellata come fanno da sempre. È cambiata l’accoglienza internazionale perché abbiamo dimostrato a tutti che l’Italia ha i numeri per potere essere diversa nell’economia come nello sport.

Nella cultura come nella ricerca con tanto di premio Nobel dopo decenni. Giorgio Parisi sta a Giulio Natta come il secondo miracolo economico potrebbe stare al primo. Come allora riceve questo Nobel senza avere mai abbandonato il suo Paese e, in questo caso, la più grande università pubblica di Roma, non di Milano. Non è il solito cervello che abbiamo regalato all’estero, ma è il talento di un grande scienziato italiano che contribuisce a fare grande l’Italia rimanendo in Italia. Tutto questo è stato possibile perché si è visto un Mattarella che alla prova dei fatti ha rivelato lo spessore di un grande capo dello Stato che rimarrà nei libri si storia. Con Draghi si è visto che un grande italiano che ha salvato l’euro e ha la stima del mondo poteva essere valorizzato in casa sua senza dovere esibire una tessera di partito. Sono i segni fondanti dei tempi che cambiano. Abbiamo visto una ex presidente  della Corte costituzionale, Marta Cartabia, che ha lavorato bene e ha fatto una riforma della giustizia penale che si attendeva da venti anni.

Abbiamo visto un giovane ministro Cinque stelle come Luigi Di Maio, che sembrava chiuso nello schema della irrealtà e del populismo, trasformarsi in un buon ministro degli Esteri e dimostrare che è in grado di imparare anche in fretta e di fare gioco di squadra per il suo Paese. Abbiamo visto un ministro leghista, Giancarlo Giorgetti, che ha rivelato qualità politiche di governo e ha dato un buon contributo con una formazione culturale innovativa rispetto alla tradizione più restrittiva del suo partito.

Questo è il moltiplicatore di sistema che, nel nostro caso, è il figlio maturo dell’accoppiata Mattarella-Draghi che ha consentito di tirare fuori il meglio del Paese. Questo è un meccanismo che è esistito e che può essere rifatto. Non possiamo accettare che non sia così. Ci rifiutiamo di pensare che non siamo capaci di trovare la combinazione giusta perché il moltiplicatore continui a funzionare. Perché se non ci sono i pezzi di ricambio abbiamo scherzato tutti. Ci rifiutiamo di pensare che, al massimo, ci è consentito di avere un colpo di fortuna. A nostro avviso l’Italia è un Paese maturo per darsi la regola di sistema del futuro. O vogliamo almeno sperare che sia così. Noi ce lo auguriamo fortemente e dobbiamo anche essere tutti consapevoli che non possiamo essere noi stessi che ci neghiamo il futuro per le nostre piccole meschinità.

Questo di fare sistema è l’unico strumento che abbiamo per ritrovare la strada smarrita della crescita e per fare in modo di mettere i migliori dappertutto nel mondo. Dove si continua a decidere senza di noi il nostro futuro. Siamo un piccolo Paese dominato dai francesi su tutto perché per una vita loro hanno fatto sistema nel mondo e noi no. Forse, ha contribuito la differenza di investitura legata al tipo di repubblica e alle elezioni presidenziali, ma tant’è. Non abbiamo avuto da decenni una classe politico-diplomatica in grado di avere l’impatto che un Paese come il nostro dovrebbe avere nel mondo e che invece il sistema politico-diplomatico francese ha. Come è accaduto di recente per un grande incarico internazionale. Francesi, tedeschi, inglesi e italiani lasciano campo libero a una competenza fuori da questi quattro paesi, ma gli unici tra i quattro a dire “che cosa ci date in cambio” sono i francesi.

Quando dicono “noi vogliamo questo posto”, sono talmente pervicaci che non mollano fino a quando non lo prendono. In Italia ci sono decine di personalità tra i 55 e i 60 anni che potrebbero ambire a ruoli di comando nel mondo che è governo di casa nostra come  degli altri, ma chi ci ha rappresentato ha avuto  sempre l’elenco telefonico sbagliato da consultare. Perché, in realtà, non gliene frega niente. Perché non ha la cultura di governo di chi sa che cosa significa fare sistema.

Un esempio? Per la segreteria generale dell’Ocse c’erano porte spalancate per un italiano e si era fatto arrivare anche un identikit, ma il ministro dell’economia dell’epoca Gualtieri si è distratto e ha fatto il nome sbagliato. Alla guida dell’Ocse è finito un australiano. I francesi che hanno da sempre posizioni rilevanti nel mondo, non le hanno mai mollate. I tedeschi fino al duemila hanno trascurato le pratiche, ma dopo hanno cominciato a fare sistema e i risultati si sono visti. Gli italiani hanno avuto più di una posizione importante nel tempo, ma tutto è stato quasi sempre frutto della casualità o di pezzi di sistema, soprattutto bancari, che si sono fatti rispettare. Abbiamo cominciato a rifare sistema come Paese da pochissimo e i risultati in termini di rispetto e di reputazione già si vedono.

Questa Italia ha diritto a essere guidata da una classe politica che ai suoi vertici esprime e onora un mandato di sistema. Soprattutto in tempi di pandemia. Perché bisogna capire che si deve continuare ad affrontare l’emergenza sapendo che le emergenze vivono fino a quando ci sono. Qualcuno pensava che la prima guerra mondiale durasse un anno solo, ma non fu così. Oggi con il Covid è una storia lunga. Andiamo  avanti finché vedremo il risultato finale, ma non si può dare per scontato questo risultato. Così come è obbligatorio che si capisca finalmente che il primo mercato da conquistare è quello del Mezzogiorno perché se no l’Italia sarà sempre un sistema che corre con una gamba atrofizzata.

Le corse si fanno con due gambe e se si vuole vincere devono essere due gambe al massimo della funzionalità e del loro potenziale atletico. Anche per raggiungere questo obiettivo strategico dobbiamo fare sistema fuori e smetterla di essere un dominio francese nel mondo. Speriamo che il 2022 non spezzi il giocattolo. Buon anno a tutti.    


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