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Mario Draghi in Parlamento europeo

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Con REPowerEU parlano di 200 miliardi, forse 300, parlano di un tetto al prezzo del gas nazionale e eventualmente europeo, ma appunto parlano. Perché non siamo davanti a un Recovery bis energetico o da guerra dopo il Next Generation Eu che è stata la risposta giusta alla crisi pandemica globale per una volta finanziata con eurobond comuni. La diversità delle situazioni di partenza non deve impedire di affrontare con risorse comuni nuove un problema gigantesco che riguarda tutti. Perché per fare quello che si deve fare in termini di energia vecchia e nuova, che vuol dire carbone, petrolio e rigassificatori subito ma anche e di più eolico, solare e tutto il rinnovabile possibile e immaginabile a manetta insieme, hai bisogno di risorse enormi subito. Che tengano conto della crescita dei costi dovuti alla guerra di Putin in Ucraina, dell’allarme inflazione che in Europa a differenza degli Stati Uniti è importata in modo preciso ma esiste e determina restrizioni monetarie per noi onerose. Che facciano i conti con realismo sugli effetti che il granaio ucraino bloccato produce in termini economici sull’agricoltura e sull’industria alimentare europee e addirittura di fame per i popoli africani

Lo chiamano REPowerEU. Parlano di 200 miliardi, forse 300, parlano di un tetto al prezzo del gas nazionale e eventualmente europeo, ma appunto parlano, sì parlano. Perché non siamo davanti a un Recovery bis energetico o da guerra dopo il Next Generation Eu che è la stata la risposta giusta alla crisi pandemica globale per una volta finanziata con eurobond comuni. Con REPowerEU siamo davanti alla vaghezza in persona perché tutto deve essere chiarito ancora bene e il pilastro finanziario resterebbe quello del Next Generation Eu. Vogliamo dirlo chiaro anche se comprendiamo che sarebbe stato difficile fare molto di più data la diversità degli interessi dei Paesi europei coinvolti, le complicazioni tecniche legate ai contratti con la Russia di lungo periodo che alcuni Paesi hanno e altri no, che li devi pagare comunque, e molto altro ancora. Tutto vero, tutto forse inevitabile, ma non siamo per nulla d’accordo, fatecelo almeno dire, perché la diversità delle situazioni di partenza non deve impedire di affrontare unitariamente con risorse comuni nuove un problema gigantesco che riguarda tutti.

Perché per fare quello che si deve fare in termini di energia vecchia e nuova, che vuol dire carbone, petrolio e rigassificatori subito ma anche e di più eolico, solare e tutto il rinnovabile possibile e immaginabile a manetta insieme, hai bisogno di risorse enormi subito. Perché al fine di affrancarsi dalla dipendenza energetica con la Russia in un periodo non inferiore ai due/tre anni, hai bisogno di avere il coraggio politico di porre un tetto ragionevole ma effettivo ad horas ai prezzi del gas che la finanza olandese ha portato fino a cinque volte di più dei livelli di prezzo alti del gas russo dell’anno scorso e devi potere pagare in tempo reale gli investimenti complessivi necessari (appunto enormi) con un altro Recovery di guerra e un’altra assunzione comune di responsabilità.

Che tengano conto della crescita dei costi dovuti alla guerra di Putin in Ucraina, dell’allarme inflazione che in Europa a differenza degli Stati Uniti è importata in modo preciso ma esiste e determina restrizioni monetarie per noi molto onerose. Che facciano i conti con realismo sugli effetti che il granaio ucraino bloccato produce in termini economici sull’agricoltura e sull’industria alimentare europee e addirittura di fame per i popoli africani. Che la smettano tutti insieme di recitare la solita tesi di comodo che, siccome a differenza della pandemia i problemi sono diversi da Paese a Paese, ognuno deve fare per sé perché allora ritorniamo all’Europa delle differenze precedente al Next Generation Eu e muoiono sul nascere tutte le ambizioni spese dai vari leader politici su una nuova grande Europa con politica di bilancio, di difesa e estera comuni.

Il capo del governo italiano, Mario Draghi, è impegnato in prima linea con assoluta coerenza sulla strada della nuova Europa che richiede scelte più coraggiose. Riceve a Roma la premier finlandese Marin assicurando impegno senza condizioni in una giornata storica. È sempre nella fascia ristretta che esercita la leadership politica di tutti i processi che viaggiano sul doppio binario di una nuova Europa e di un’alleanza atlantica di difesa sempre più larga e salda, da un lato, e di un’azione incessante per il cessate il fuoco e poi per costruire la pace con ogni sforzo diplomatico possibile.

Mentre Draghi fa tutto ciò, in modo più o meno bizantino una parte significativa delle forze politiche della sua maggioranza passa il tempo a indebolire costantemente l’azione del governo con quella goccia quotidiana che scava la roccia. Senza neppure rendersi conto non solo della delicatezza del quadro internazionale, ma perfino della elementare considerazione che non si può andare avanti per dodici mesi con comportamenti che di fatto “scrivono” ogni giorno sulla schiena del premier italiano una frasetta a uso esterno del tipo “sto qui perché non sono in grado di trovarne un altro”.

C’è bisogno che qualcuno metta mano a questa situazione se no rifiniamo nella logica paralizzante di sempre delle corporazioni e perdiamo colpi irrecuperabili sul piano della rinascita italiana e europea. Che hanno entrambe bisogno della attuale leadership di governo del Paese dietro la quale però si deve sentire in casa e fuori un’investitura piena, convinta, totale.

Si impegnassero tutti i capi partito come i capi di ministeri, regioni e comuni a dare un contributo concreto all’istante per rendere le più rapidi possibili le procedure di appalto del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e fare le cose anche sul piano energetico che già lì sono e ulteriormente lì confluiranno. Ancora di più si rendano almeno conto che c’è bisogno di una leadership politica italiana forte in Europa per guidare con altre leadership forti la riconversione energetica europea di 27 Paesi che non si può fare di certo in un giorno dovendo indirizzare e guidare un cambiamento storico di processi decisionali europei e di messa in comune delle risorse.

Misurandosi pragmaticamente con un problema di competizione impropria tra Stati non ancora superato ma che va superato, e facendosi forte di una visione netta che persegue il cessate il fuoco e costruisce la pace nell’unico modo possibile. Perché questa maledetta guerra deve finire presto. Altrimenti con la guerra lunga e la sua successiva fine non si torna all’Europa di prima con i suoi egoismi interni, ma alla stagione degli imperi con una forza ancora maggiore di Stati Uniti e Cina nei confronti della solita Europa delle nazioni e della Russia economicamente fallita.


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