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Mario Draghi con Chrisitne Lagarde

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Quello che non ci può più essere e non ci sarà è che io italiano spendo e spando come voglio e la Bce continua a comprare la mia spesa. No, questo no. Allora io Stato italiano dovrò andare sul mercato e i suoi reggitori politici pro tempore scopriranno che i risparmiatori, soprattutto italiani, che votano per loro non comprano i titoli da loro emessi, anche se li dovrebbero comprare. Capite quanto è difficile cambiare. Un leader che ci ha guidato fino ad oggi con mano ferma per evitare di ritornare al circolo perverso che ci rende l’unico Paese europeo che non ha raggiunto i livelli del 2007 lo abbiamo avuto ed è ancora lì a sbrigare gli affari correnti a Palazzo Chigi. Ogni giorno in più della sua permanenza è un giorno guadagnato contro errori capitali, ma quel chiarimento della politica italiana con se stessa e con i suoi elettori non è più eludibile

Questa storia degli interventi della Bce come scudo anti spread è una cosa vecchia. Si era deciso dall’inizio dell’anno che servisse uno strumento – si chiama Transmission protection instrument (TPI) – che potesse evitare nel momento in cui si alzano i tassi un’amplificazione degli effetti in certi Paesi piuttosto che in altri. Il primo di questi certi Paesi era ed è l’Italia, ma non è il solo perché il problema riguarda anche se in misura minore in ordine decrescente la Grecia, la Spagna, il Portogallo e financo la Francia.

L’obiettivo è evitare una trasmissione illecita della politica monetaria sui prezzi e sulla stabilità di questo o quel Paese. In Italia, purtroppo, è la politica il più alto elemento di incertezza che si aggiunge agli effetti della guerra e degli shock inflazionistici collegati ed è quello più problematico rispetto all’attivazione o meno del TPI. Se la politica italiana va nella strada delle dichiarazioni dove promette tutto a tutti, come la campagna elettorale purtroppo favorisce, si muove coscientemente nella direzione sbagliata perché spinge la Bce a non intervenire. Perché lo strumento non è nato per accomodare, ma per correggere la trasmissione della politica monetaria che vuol dire evitare che favorisca alcuni Paesi e ne sfavorisca altri.

L’obiettivo da perseguire è la stabilità dei prezzi e bisogna distinguere tra la instabilità della politica e la politica sbagliata che sono il problema italiano con i fondamentali dell’economia italiana che non sono tali da giustificare questi differenziali di interesse e comporterebbero l’attivazione dello strumento non come regalo ma come obbligo per la funzionalità della politica monetaria europea. Questi differenziali tra noi e gli altri, ad esempio più di 100 punti rispetto alla Spagna che ha un’economia che va peggio della nostra, dipendono essenzialmente dal timore che ci sia una tendenza politica italiana contro l’Europa.

Questa è la nuda e cruda verità. Ciò che opera sui mercati più di tutto a sfavore dell’Italia si chiama rischio di ridenominazione dall’euro alla lira che viene attribuito in senso lato, anche come allergia alla cultura europea e agli impegni assunti in quella sede, ad alcune componenti politiche populiste e sovraniste. A causa di questo rischio di ridenominazione i tassi ricominciano a salire. Ovviamente i mercati sbagliano di grosso se non ci sono dichiarazioni politiche che incoraggino queste preoccupazioni, ma purtroppo anche le dichiarazioni non difettano.

Così come alla stessa Unione Europea, tanto per farci capire, non gliene frega niente se noi vogliamo essere liberi di fare quello che vogliamo della finanza pubblica, ma ti dicono semplicemente “i titoli non li compriamo noi, non li compra la Banca centrale” che deve essere indipendente e non può essere la succursale delle finanze pubbliche di un solo Paese in una struttura in cui si riconoscono 19 Paesi.

Se tu Paese Italia che hai il 150% di debito/ Pil e lo fai ridiscendere al 145%, grazie anche a un po’ di inflazione in più, vuoi comunque diminuire l’età pensionabile, regalare la pensione alle mamme, o togliere le tasse agli amici tuoi che è una cosa diversa da una seria riforma di redistribuzione fiscale, allora certo che puoi farlo, ma non ti aspettare che la Bce continui a comprare i tuoi titoli sovrani. Che sono 300/400 miliardi da collocare l’anno prossimo senza contare che la Banca centrale europea ha comprato fino a oggi in modo pazzesco e prima o poi dovrà rivendere anche se continua a ricomprare alla lunga.

Il quadro generale è che gli americani stanno vendendo, gli olandesi pure, i giapponesi si stanno tenendo a galla con il solito format di una valuta e di un debito pubblico di una società molto chiusa che è la loro in cui si tengono il debito dentro. Noi invece siamo parte di una confederazione europea in cui ogni Paese ha il suo debito da mettere sul mercato e che qualcuno deve comprare.

L’anno prossimo queste centinaia di miliardi di titoli sovrani italiani qualcuno li deve comprare e se le banche cominciano ad avere dubbi sono guai. Anche perché nel bilancio della Banca d’Italia per conto della Bce ce ne sono già per 700/800 miliardi che costituiscono una posizione netta negativa in quanto definiscono un target di crediti del sistema centrale verso di noi che sta lì in quel portafoglio, ma che sta lì per essere ridotto e non di certo per essere aumentato.

Ovviamente va ridotto piano piano senza effetti dirompenti sul mercato, ma è chiaro che se vuoi fare nuovi disavanzi abbondanti per ragioni elettorali allora ti devi trovare anche qualcuno che li compra questi nuovi titoli e questo qualcuno non sarà sicuramente la Banca centrale europea. Che potrà intervenire per evitare volatilità eccessiva, ma questo non vuol dire che aumenterà permanentemente i titoli e che, per evitare di farlo, dovrà compensare nel tempo questi interventi con una politica opposta a quella fatta per scongiurare la deflazione e combattere la pandemia.

L’indipendenza della Banca centrale europea è di fatto e di diritto. La legge dice che devi essere indipendente e che se non lo sei ti portano in corte di giustizia e fanno anche bene. Perché se la Bce non è e non dimostra di essere indipendente, le aspettative di inflazione salgono, aumentano i prezzi effettivi e i salari con una componente nominale che incendia tutto. Perché i mercati si accorgono che sei entrato in una spirale perversa. Per questo, la Bce non può accomodare una politica di spesa corrente, se proprio vuoi farla devi aumentare a qualcuno le tasse per finanziare quella spesa, non chiedere il solito aiuto monetario o in debito.

Tutto ciò dovrebbe suggerire alla politica tutta di prendere coscienza che il problema italiano è la crescita perché se non la aumenti non tieni la spesa sociale, ma non sostieni neppure il debito. Il rischio concreto in queste condizioni è quello di sprecare la grande occasione che ci è stata offerta grazie a interventi favorevoli dell’Unione europea in modo straordinario.

Chiunque governi questo Paese non può buttare via questa occasione perché spreca anche lo strumento monetario anti spread e tutto si attorciglia in quanto il mercato finisce con il chiedere condizionalità più forti rispetto a quelle leggere fino a oggi ritenute necessarie. Che sono: 1) spendi e spendi bene i soldi del Pnrr; 2) il debito sul Pil sia più o meno sostenibile.

Entrambe le condizioni dipendono solo dalla crescita e dalle riforme perché se non si fanno le riforme e non si spendono bene i soldi avuti tutto precipita. Per capirci, in giro per il mondo ci sono tanti Di Battista, non è una nostra esclusiva, ma quello che non è chiaro ai partiti della ex maggioranza di governo che si fronteggeranno in questa campagna elettorale è che ci vuole almeno consapevolezza di due principi fondamentali: 1) il mondo sta cambiando molto velocemente e creare lavoro attraverso la crescita è un elemento di equilibrio sociale 2) questa crescita deve essere accompagnata da un equilibrio di finanza pubblica.

Se un Paese fa trasferimento pubblico e aumenta il debito non crea la crescita, se fa gli investimenti pubblici e privati che creano opportunità di lavoro fa i suoi interventi in modo corretto. La crescita arriva e si consolida negli anni. Il problema italiano di oggi è che le elezioni si vincono proponendosi in modo opposto a ciò che devi fare per cui se non fai quelle dichiarazioni politiche perdi le elezioni e magari le fai ben sapendo che dovrai fare il contrario.

Non c’è ancora in giro un leader in grado di convincere la gente che bisogna fare le riforme e alimentare la concorrenza, viceversa soprattutto chi ha bisogno di più voti, come Conte, Berlusconi, Salvini, moltiplica queste dichiarazioni politiche demagogiche. Invece le riforme dell’agenda Draghi devono diventare realtà e gli elettori ci diranno poi se piace o meno la redistribuzione del reddito che è incorporata in queste riforme così come si vedrà se il ritmo di crescita che siamo riusciti a mettere a segno in poco più di un anno e mezzo proseguirà o meno nella relatività del quadro globale. Quello che non ci può più essere e non ci sarà è che io italiano spendo e spando come voglio e la Bce continua a comprare la mia spesa. No, questo no.

Allora io Stato italiano dovrò andare sul mercato e i suoi reggitori politici pro tempore scopriranno che i risparmiatori, soprattutto italiani, che votano per loro non comprano i titoli da loro emessi, anche se li dovrebbero comprare. Capite quanto è difficile cambiare. Un leader che ci ha guidato fino ad oggi con mano ferma per evitare di ritornare al circolo perverso che ci rende l’unico Paese europeo che non ha raggiunto i livelli del 2007 lo abbiamo avuto ed è ancora lì a sbrigare gli affari correnti a Palazzo Chigi. Ogni giorno in più della sua permanenza è un giorno guadagnato contro errori capitali, ma quel chiarimento della politica italiana con se stessa e con i suoi elettori non è più eludibile


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