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Il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli

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Il partito dei gufi dopo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) e i centri studi che sbagliano a ripetizione non di qualche decimale le loro previsioni sull’Italia ma del 50%, può da ieri aggiungere Sangalli e compie un salto di qualità perché a togliere fiducia non è più un economista lobbista ma chi rappresenta il mondo del commercio sussidiato e pieno di profitti. Che dopo la solita lagna gufista dichiara che c’è una drammatica carenza di personale. Che è la prima concreta spia di un’economia sostenuta come è quella italiana di oggi. Si vuole assumere, se c’è domanda. Si vuole assumere se c’è ripresa, non se l’economia non decolla. Come ha detto Sangalli un attimo prima.

IL NON più giovanissimo presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, uomo di tante battaglie gloriose, non si sottrae al ridicolo tormentone italiano che fa gara a chi ripete più velocemente che i consumi sono deboli, che l’economia non decolla, cose non vere perché i dati ci dicono che la recessione temuta non è arrivata e la crescita sostenuta è una realtà di cui bisognerebbe essere orgogliosi. Si mente incomprensibilmente con una spudoratezza che attenta al bene comune e va contro la ragione sociale della stessa Confcommercio che rappresenta un pezzo di economia che vive di fiducia e paga alla cassa il conto dei messaggi ingiustificati di pessimismo. Niente da fare, il partito italiano dei gufi dopo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) e gran parte dei più blasonati centri studi italiani che hanno sbagliato non di qualche decimale le loro previsioni ma addirittura del 50%, clamoroso il rapporto di primavera per il 2022, può da ieri aggiungere a caratteri cubitali anche il nome del presidente della Confcommercio.

Il discorso lagnoso di Sangalli è il riflesso casereccio di quello sulle nubi mondiali che sono reali ma fino a ora non hanno mai scaricato i loro acquazzoni sul cielo italiano e appartiene al lobbismo convegnistico italiano che ammanta di analisi tecniche puro terrorismo economico che si scontra con la realtà di segno opposto. Come è peraltro costretto implicitamente ad ammettere lo stesso Sangalli quando dopo avere ripetuto la solita lagna aggiunge subito che c’è una drammatica carenza di personale che è la prima concreta spia in assoluto di un’economia fortemente sostenuta come è quella italiana di oggi. Si vuole assumere se c’è domanda. Si vuole assumere se c’è ripresa, non se l’economia non decolla. Per essere più precisi e solamente obiettivi, è bene chiarire che la grande economia che cresce di più in Europa da tre anni consecutivi è quella italiana con performance di assoluto rilievo nei servizi come nel piccolo commercio. Esprimono una fiducia collettiva e resiliente che continua a trainare consumi e investimenti interni. Un’economia dove pesano i profitti anche da impropria appropriazione del caro inflazione non più di origine energetica da guerra ma di chiara matrice speculativa da profitti sussidiati. Che a loro volta riguardano settori sempre più larghi del mondo del commercio, rappresentato da Sangalli, e da sfere sempre più ampie del mondo produttivo che nemmeno sotto tortura abbassano i prezzi finali di vendita benché i costi energetici che li avevano fatti alzare siano vertiginosamente crollati.

Sentite le parole di Sangalli: “Nonostante la forte crescita del turismo, l’economia non decolla. I consumi sono sempre deboli e c’è una forte emergenza: mancano all’appello 230mila lavoratori nella filiera turistica e del commercio, che sono i principali settori in grado di creare occupazione”, ha dichiarato Sangalli, aggiungendo una proposta di antiquariato moderno dell’economia: “Per rilanciare l’occupazione, bisogna proprio partire dall’occupazione. Servono politiche attive più efficienti e più formazione”. Ma dove vive il presidente della Confcommercio? Forse sullo stesso pianeta, che non è quello della terra italiana, della presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), Lilia Cavallari, che ha costretto i tecnici del Mef a scrivere nel Documento di economia e finanza (Def) una previsione di crescita dell’1% contro l’1,5% reale a cui oggi marcia la nostra economia, peraltro dopo un 11% secco di crescita nei due anni precedenti, sotto il ricatto Upb di non convalidare il quadro macroeconomico. Ricatto incurante di arrecare danno certo ai conti reali delle famiglie e delle imprese che, a questo punto di provocazione, dovrebbero chiederne il rimborso nelle sedi competenti.

Perché questo gioco al massacro italiano deve finire se non altro perché incide negativamente sulla benzina più potente che ha fatto correre il motore del miracolo economico italiano della stagione di Draghi che si chiama fiducia. Questa fiducia è il propellente di tutto, dei consumi come degli investimenti, e è semplicemente immorale costruire a tavolino e imporre un sentiment di sfiducia quando i comportamenti reali dell’economia interna e le performance reali delle nostre esportazioni manifatturiere e agro-industriali ci dicono l’esatto contrario. Si facciano tutte le osservazioni che si devono fare perché i balneari perdano le rendite vergognose di cui godono, vero presidente Sangalli?, o perché si faccia la legge della concorrenza che farebbe bene ai consumi italiani bastonando i tanti profittatori della rendita da cartellino.

Invece di invocare il salvifico Piano nazionale di ripresa e di resilienza dove si sta lavorando seriamente per fare investimenti veri, la Confcommercio dica la verità sui profitti delle sue aziende e sull’andamento dell’economia reale, ma soprattutto metta la faccia e l’onore sull’impegno a liberalizzare il commercio e le imprese di servizio il più possibile. Metta la faccia e il suo onore sulla fiducia che c’è e non può essere distrutta a tavolino o davanti a un microfono. Un presidente della Confcommercio gufo, mi creda, proprio non si può vedere.


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