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Riguarda i progetti singoli di Repower Eu con soggetti attuatori capaci e quelli ugualmente specifici di maggiore fruibilità destinati al capitolo crediti di imposta a sostegno di imprese e famiglie. È il metodo che può consentire di portare il nuovo pacchetto di interventi a un voto finale unico di Commissione e Consiglio europeo in tempi ristretti. È anche l’unico modo possibile per fronteggiare i colpi bassi dei cosiddetti Paesi frugali pentiti dello slancio debitorio comune post pandemico e di un atteggiamento prevenuto mai realmente modificato della Corte dei conti europea. Si favorisce la tendenza espansiva dell’economia italiana e si fa il grande hub del Mediterraneo che può salvare l’Europa e riunificare le due Italie.

Per il nuovo patto di stabilità e crescita europeo siamo alla fase iniziale delle negoziazioni, ma la regola realistica di riduzione del debito da spalmare in quattro o sette anni può fare molto male al nostro Paese. Stanno tutti a fare i conti di quanto si potrà spendere di meno, incidendo sulla spesa primaria netta, cosa vera, ma nessuno si sofferma come si dovrebbe sul fatto ancora più grave che non si potrebbero più usare margini di bilancio in corso d’opera.

I margini di manovra di decine di miliardi che a più riprese il governo Draghi ha potuto usare grazie alla super crescita trasferendo il maggior gettito dell’IVA a sostegno delle imprese e delle famiglie per sostenere gli oneri del caro energia non sarebbero più disponibili. Sono gli stessi margini in misura minore già utilizzati dal governo Meloni e con i quali si intende agire in autunno per quello che sarà possibile con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef). Una volta definito il quadro macro e collocato il tetto del deficit sotto il 3% per la spesa primaria netta potrai aumentare la spesa pubblica solo se aumenterai le entrate fiscali.

Questo bivio è reale allo stato dell’arte e assomiglia a un cappio sull’economia italiana. Ovviamente c’è tutta una discussione aperta sulla necessità di tenere fuori dalle nuove regole di riduzione della spesa e del debito gli investimenti per la difesa come per il Piano nazionale di ripresa e di resilienza oltre quelli che riguardano il digitale e la transizione ecologica.

A nostro avviso se i cosiddetti Paesi frugali, la Germania e la sua corona del Nord Europa, che sui salari sono diventati cicale più di noi negli anni Settanta e Ottanta non si mettono in testa che serve prima di tutto un minimo di unione fiscale comune non solo non si faranno grandi passi avanti, ma si ridurrà ulteriormente il peso specifico dell’Europa nel mondo e aumenteranno paralisi e distorsioni interne. Senza un minimo di unione fiscale comune completare il cammino dell’Unione bancaria con un fondo di garanzia europeo dei depositi è impossibile e anche il mercato unico dei capitali diventa una chimera. Attenzione, però, dentro questo quadro complicato vanno colti due dati italiani in assoluta controtendenza rispetto al quadro europeo e ai tormentoni allarmistici del dibattito della pubblica opinione di casa nostra.

Il primo è che con buona pace di tutti l’economia italiana corre da tre anni e è passata da essere il fanalino di coda dell’economia europea addirittura la locomotiva. Chi si continua a stupire o fa finta di non accorgersene può essere solo in malafede. Il secondo dato riguarda il lavoro prezioso, molto apprezzato dalla Commissione europea, che sta facendo il ministro Raffaele Fitto in due direzioni.

Per dotare l’Italia di un’amministrazione pubblica capace finalmente di spendere in investimenti produttivi in modo strutturale. Per la scelta strategica di collocare in un quadro coordinato di utilizzo di tutte le risorse europee sia l’impiego dei fondi del Repower Eu su progetti specifici con soggetti attuatori capaci che riguardano le nuove energie sia dei fondi del Pnrr per progetti ugualmente di maggiore fruibilità destinati al capitolo crediti di imposta a sostegno di imprese e famiglie. Il metodo di anticipare il confronto in via preliminare con gli uffici della Commissione sui singoli progetti è quello giusto ed è anche il solo che può consentire di portare poi il nuovo pacchetto di interventi a un voto finale unico di Commissione e Consiglio europeo in tempi ragionevolmente ristretti.

È anche l’unico modo possibile per fronteggiare i colpi bassi dei cosiddetti Paesi frugali pentiti dello slancio debitorio comune post pandemico e di un atteggiamento prevenuto mai realmente modificato della Corte dei conti europea. Questo è il metodo giusto per sostenere investimenti e consumi tenendo alta la tendenza espansiva dell’economia italiana e per cogliere in prima battuta la straordinaria opportunità di riunificare il Paese facendo del nostro Mezzogiorno il grande hub energetico euromediterraneo e il motore della nuova manifattura delle due sponde del Mare Nostrum e dei quattro Mediterranei. Pragmatismo e visione guidano questa scelta e farebbero bene tutte le forze politiche e le parti sociali a mobilitarsi per sostenere attivamente il progetto piuttosto che sollevare polveroni quotidiani che servono solo a dare alibi per tagliarci le gambe in Europa a chi già vuole di suo ridimensionarci.

Il sentimento profondo del Paese saprebbe apprezzare una politica che recuperi le ragioni di sistema e risponda ai bisogni delle persone. La stagione delle ideologie ha stancato e le complicazioni internazionali consigliano di assecondare questo sentiment collettivo che chiede coesione, lavoro, buona sanità e buona scuola. Chiede risposte concrete, non chiacchiere e polemiche. Buon primo maggio a tutti.


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