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Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

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Sono due ospiti misteriosi che tutti attendono, ma non si cercano. Al G 20 si prevedeva un tumulto di proposte per cambiare Onu, Banca mondiale e Fmi, invece nulla. In Europa neppure un vertice straordinario sui migranti per chiedere l’intervento dell’Onu sostituito da visite di cortesia a Lampedusa e mezze aperture tedesche. Sul Patto compromessi o minaccia di tornare al peggio del peggio che è il vecchio. La von der Leyen pensa alla riconferma e si inventa la piccola cosa dell’incarico a Draghi sulla competitività che solo lui può fare diventare grande e siamo certi che lo farà. Nel frattempo, però, l’Europa prenda decisioni strutturali.

C’è un ospite misterioso che tutti attendono, ma che non si vede, non si appalesa mai. Anche perché nessuno fa niente per accelerarne l’arrivo. Per la verità gli ospiti misteriosi sono addirittura due. Il primo riguarda gli accordi della nuova Bretton Woods che definisca le regole di governance globale di un mondo capovolto con due baricentri nel pieno di un conflitto di civiltà tra regimi autocratici- dittatoriali e Occidente.

Il secondo è la nuova Europa che ha bisogno di nuove regole fiscali comuni e flessibili, di un titolo pubblico sovrano comune e di investimenti strategici comuni, che deve capire che la sfida della competitività può vincerla o almeno giocarla se lo fa riunendo le forze e agendo da unico player globale. Altrimenti la partita è persa in partenza. Invece anche sul nuovo patto europeo, come conferma la riunione dei ministri dell’economia al Consiglio Ecofin a Santiago di Compostela, si cercano compromessi rabberciati.

Se è cambiato tutto, come è cambiato tutto, perché gli americani non ci garantiscono più la sicurezza, la Russia il gas e la Cina le esportazioni, una delle tante descrizioni felici di Mario Draghi, e se la piccola locomotiva tedesca della piccola Europa perché questo è se ci confrontiamo con Stati Uniti e Cina, è pure entrata in recessione, forse qualcosina dovremmo cominciare a decidere più che continuare a chiedercelo. Prendiamo il G20 di Nuova Delhi. C’era un tumulto di decisioni da prendere e una vigilia densa di attesa.

Bisognava almeno cominciare a parlare di nuova Banca mondiale, di nuovo Fondo Monetario internazionale, ancora prima di come rimodellare l’Onu e tutto il sistema delle organizzazioni multilaterali monche di rappresentanza e potere effettivi. Niente di niente. Nemmeno una sillaba. Si sono firmati memorandum di grande portata economica espressione della nuova geografia mondiale degli affari, ma di come si vuole governare questa nuova piantina globale della politica, dell’economia e della finanza siamo e restiamo all’anno zero. Prendiamo l’Europa che ha un problema di nuova governance vecchio di almeno dieci anni e grande come una casa.

Bisogna fare il nuovo patto di stabilità e crescita e deve assolutamente non essere più prociclico perché l’austerità degli anni della crisi dei debiti sovrani ha misurato la debolezza estrema della classe dirigente politica europea e di quel patto acuendo invece di risolvere i problemi. Anche qui, diciamoci la verità, si è fatto poco, molto poco, perfino di contenuto incerto. Addirittura si arriva ad oscillare tra la minaccia del ritorno al peggio del peggio che è il passato o a un nuovo patto che rabberci un compromesso sui decimali e sulla minuta del conto/ capitale da escludere dal computo dei parametri. Senza mai fare sostenere queste scelte da una visione condivisa su investimenti e debito comuni, regole fiscali flessibili ma espressione di un disegno di lungo termine, e un’architettura di poteri coerenti con il nuovo assetto di Stati Uniti d’Europa.

Perfino sull’emergenza dei migranti i nostri amici europei non vanno oltre le dichiarazioni di facciata, i soldi promessi da Ursula von der Leyen alla Tunisia non sono neppure arrivati, i prestiti condizionati del Fondo monetario sono il pericoloso contagocce di sempre, per cui non succede mai davvero nulla.

Certo, la von der Leyen raccoglie l’invito della Meloni e oggi sarà a Lampedusa, ma è possibile che non si riesca neppure a convocare un vertice straordinario dell’Europa per almeno affrontare pubblicamente in modo coordinato il grande problema prodotto dall’avanzata dei poteri autocratici-dittatoriali in Africa dove le armi dei russi e i soldi dei cinesi sono arrivati molto prima della grandeur decaduta francese e della nobiltà frazionata e divisa europea? Si può fare un vertice straordinario per chiedere tutti insieme l’intervento dell’Onu invece di nascondersi dietro la solidarietà di facciata francese, le mezze aperture tedesche e le visite di cortesia dopo il grido di allarme della Meloni su Lampedusa? Queste sono le cose vere che dobbiamo avere il coraggio di dirci.

L’incarico della von der Leyen a Mario Draghi, giustamente evocato da lei come una delle grandi menti europee, per produrre un rapporto su come fare recuperare competitività all’Europa trasferisce la stima e la fiducia riposte in un uomo che ha salvato l’euro e che è il cittadino europeo più stimato in America, ma nasconde anche l’ennesima scelta di Ursula von der Leyen proiettata verso l’unico obiettivo che ha da mesi e che è quello della sua riconferma. Perché questo incarico a Draghi è una piccola cosa che solo lui può fare diventare una grande cosa e, conoscendo il valore dell’uomo, siamo certi che non tradirà le aspettative. Nel frattempo, però, l’Europa dimostri di volere cominciare a costruire davvero la nuova Europa e usi il suo imponente e oneroso servizio diplomatico per rendere effettivi il diritto di asilo e lavoro europei, per finanziare e portare sviluppo nelle terre del mondo dove povertà e dittatura diventano giorno dopo giorno una miscela esplosiva.

Non saranno di certo i muri a risolvere questo problema, né tanto meno la competizione elettorale sulle paure, ma che su questo punto bisogna fare qualcosa e subito come bisogna almeno intervenire sui processi decisionale dell’Europa questo è assodato. Che bisogna prendere rapidamente decisioni strutturali che favoriscano la crescita, la riduzione dei carichi fiscali per i ceti più deboli e l’accelerazione degli investimenti per creare lavoro e ridurre le diseguaglianze, questo è altrettanto assodato. Perché l’alternativa a tutto ciò è che l’Europa che già esiste sempre meno, sparisca del tutto dal quadrante dei player che contano nel nuovo ordine mondiale e nella governance globale che lo guiderà. Questa è la partita da giocare e vincere con una sola squadra europea, il resto sono chiacchiere. Perfino masochiste.


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