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Se emettiamo titoli a lungo termine a costi alti l’ipoteca durerà a lungo anche se come tutti auspicano l’inflazione scende prima del previsto. Quando gli altri staranno meglio, noi staremo peggio. Per questo servono investimenti e riforme che creano Pil e tagliano i costi delle emissioni. I nuvoloni bellici del quadro globale non permettono sonni tranquilli. È ovvio che chi è senza ombrello come noi si ripara meno e paga il prezzo più alto

Il mercato aspetta, vuole capire che cosa succederà davvero con la manovra, guarda con la lente di ingrandimento tassi di crescita e di sostenibilità del debito pubblico italiani. Non vede tensioni aggiuntive sull’Italia rispetto al rischio Medio Oriente e a uno scenario internazionale non favorevole con il nodo Ucraina irrisolto e un rallentamento globale in atto. Il primo esame superato con giudizio e outlook invariati da parte di Standard & Poor’s sui titoli sovrani italiani non cambia il quadro di fondo. Se, strada facendo, dovesse esserci un declassamento lo spread salirebbe di 20/30 punti base e gli investitori globali tornerebbero a comprare BTp italiani perché lo riterrebbero conveniente. Oggi non comprano e non vendono.

Se una delle agenzie dovesse decidere di peggiorare l’outlook italiano, la fiammata durerebbe qualche giorno. Discorso diverso, ovviamente, si dovrebbe fare con un eventuale declassamento di Moody’s dove siamo già collocati all’ultimo gradino e la discesa bloccherebbe le possibilità di acquisto di nostri titoli sovrani da parte di alcuni tipi di investitori. Sono ovviamente tutte scelte che comportano per noi oneri aggiuntivi di livello diverso, ma tutte con effetti certamente peggiorativi per la nostra finanza pubblica. Il punto di fondo, però, è che l’Italia nei prossimi 18/24 mesi si gioca tutto. Perché deve essere capace di dimostrare che il Paese dello zero virgola di crescita non esiste più, che il ciclo di riforme avviato è in buone mani, che la revisione della spesa pubblica assicurerà le coperture per pagare tutte le manovre anti-cicliche che possono aiutare il consolidamento della crescita. Lo deve fare perché noi oggi già viaggiamo a tassi del 5% per i rendimenti del Btp decennale che in Europa non paga nessuno.

Questo rende la nostra situazione di oggi differente da quella del 2011 quando Grecia e Portogallo stavano messi peggio di noi, la Spagna come noi e, per di più, l’attacco della speculazione puntava sulla rottura della moneta europea con un euro di serie A e un euro di serie B e tutto il Sud Europa era già nel girone dei condannati. Oggi non è così. C’è anche un altro elemento che rende la situazione di oggi diversa da quella del 2011 a livello internazionale. A differenza di allora, la quota di debito pubblico italiana detenuta direttamente in mani estere è pari al 26% poco di più del 25% della Germania, ma molto meno del circa 40% della Spagna e del circa 45% della Francia.

È vero che l’ammontare in termini assoluti è molto differente e che una quota di almeno il 30% è detenuta dell’eurosistema della Bce di cui la Banca d’Italia è azionista e detiene i titoli, ma è anche vero che prima della crisi dei debiti sovrani oltre la metà dei titoli italiani era tutta direttamente in mani estere. Se ci dovesse essere una ulteriore crisi da rallentamento globale di origine bellica o di altro tipo la Bce non avrebbe alcun interesse a vendere i nostri titoli. Diciamo che è una garanzia di stabilizzazione perché tendenzialmente non vende. Qualcosa, peraltro, è realmente successo se la quota detenuta dalle famiglie italiane è passata dal 7 al 12% e il resto è in mano a banche italiane, fondi italiani, casse di previdenza italiane. Tutto questo, però, non ci deve impedire di capire la delicatezza esclusiva della situazione italiana. Perché l’anomalia è già in atto: i grandi investitori, come già detto, non vendono, ma nemmeno comprano, e noi paghiamo interessi più alti di tutti. Aspettano tutti per vedere se succede qualcosa in un senso o nell’altro.

Parliamo, però, di un Paese che paga 100 miliardi di spesa per interessi di cui almeno 13 in più, tutti sottratti alla crescita e alla creazione di nuova occupazione. I tassi di interessi sono saliti così da meno di due anni e, per fortuna, abbiamo ancora tanti titoli emessi a tassi bassi su lunghe scadenze perché al Tesoro c’è gente brava che ha approfittato del momento favorevole e ci ha regalato il vantaggio di avere anni di minori oneri piazzando più titoli possibili su grandi scadenze. Se adesso siamo, però, costretti a emettere titoli a costi alti a lungo termine l’ipoteca durerà a lungo anche se come tutti auspicano l’inflazione dovesse scendere prima del previsto. Quando gli altri staranno meglio, noi continueremo a stare peggio.

Per questo l’anomalia italiana va fatta rientrare e nessuno può continuare a scherzare con il fuoco. Servono riforme e investimenti per fare prodotto interno lordo (Pil) e generare fiducia che crea a sua volta altro Pil. I nuvoloni bellici del quadro globale non permettono sonni tranquilli. È ovvio che chi è senza ombrello come noi si ripara meno e paga il prezzo più alto. Per questo oggi, non domani, bisogna prendere atto che la manovra approvata non basta se non è accompagnata da un ciclo strutturale di interventi di revisione della spesa pubblica, riforme della concorrenza e investimenti a partire dal primo dei sud del mondo che è quello italiano. Bisogna farlo e ancora prima comunicarlo.


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