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Per capire l’importanza del segnale è bene spiegare che quando si parla di brusca contrazione del bilancio dell’Eurosistema si dice che la Bce potrebbe decidere di ridurre più velocemente del previsto il suo portafoglio di titoli pubblici che ha in pancia e ciò produrrebbe effetti restrittivi sulla nostra economia. Si innesterebbe un circuito perverso non giustificato dalle prospettive dell’inflazione che finirebbe con l’aggravare la situazione di rallentamento legata a fenomeni economici globali e ragioni geopolitiche.

Aveva detto dal board della Bce che la discesa dell’inflazione europea sarebbe stata più rapida del previsto e aveva messo in guardia dal rischio di creare danni all’economia con una politica di alti tassi più restrittiva di quella necessaria. Nel giorno in cui con i dati di novembre l’inflazione europea si avvicina rapidissimamente al target della Banca centrale europea del 2% e l’Italia fa ancora meglio con una crescita su base annua dello 0,8% dimezzandosi dal + 1,7% di ottobre, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, potrebbe legittimamente dire: avevo visto giusto, avevo ragione io. Non lo fa anche perché i numeri lo fanno per lui.

L’attenzione a non fare pagare un conto all’economia reale superiore a quello giusto per domare il mostro inflazionistico europeo, che non è della stessa natura di quello americano perché riflette una componente prevalente da shock esterno energetico, è assolutamente necessaria per tutta l’Europa e, in misura particolare, per Paesi come l’Italia dove i tassi influiscono sulla spesa per interessi pagata per collocare i titoli del debito pubblico. Si devono avere molta attenzione e altrettanto coraggio a capire che la durata della fase restrittiva potrebbe essere più breve del previsto per “scongiurare il rischio di tornare agli insoddisfacenti tassi di crescita del passato”.

In realtà alla sua prima uscita pubblica come numero uno di via Nazionale, più che rivendicare intuizioni e meriti, Panetta pone sul tappeto la vera questione fino ad oggi rimasta molto coperta che può avere soprattutto per l’economia italiana costi addirittura superiori a quelli legati al rialzo dei tassi. Testualmente le parole di Panetta sono le seguenti: “È necessario procedere con cautela nel processo di normalizzazione del bilancio dell’Eurosistema. Dopo aver innalzato i tassi ufficiali a un livello che consentirà di riconquistare la stabilità dei prezzi, una brusca contrazione del bilancio dell’Eurosistema – dopo quella già rapida dei mesi scorsi – avrebbe effetti restrittivi sull’economia che non sarebbero giustificati dalle prospettive dell’inflazione”.

Perché l’importanza di questo segnale venga colto fino in fondo è bene spiegare che quando si parla di brusca contrazione del bilancio dell’eurosistema si sta dicendo che la Bce potrebbe decidere di ridurre più velocemente del previsto il suo portafoglio di titoli pubblici che ha in pancia e che tutto ciò, ancora una volta soprattutto per l’Italia, non potrebbe non avere effetti restrittivi sull’economia. Perché inevitabilmente le banche italiane farebbero ancora meno credito alle imprese e si innesterebbe, di conseguenza, un circuito perverso che finirebbe con l’aggravare la situazione di rallentamento legata a fenomeni economici globali e ragioni geopolitiche.

Stiamo parlando di un debito italiano che si riteneva sterilizzato o, per certi versi, dormiente oggi in pancia alla Bce, ma riguarda ovviamente anche gli altri Paesi europei, che una guida monetaria non così salda come quella della Lagarde potrebbe risvegliare bruscamente non reinvestendo come prima sul programma post pandemico (Pepp) e producendo così danni all’Italia più che agli altri per la consistenza dei titoli in gioco e la fragilità strutturale della nostra economia dovuta alla pesantezza proprio del suo debito pubblico. Non è proprio il caso di scherzare con il fuoco. Occorre il massimo di gradualità nel processo di normalizzazione della lunga stagione di politica monetaria espansiva, rivelatasi fondamentale per superare le grandi crisi internazionali, come noi da parte nostra dobbiamo agire sulla doppia leva degli investimenti e del recupero di produttività per rendere strutturale la fase di forte crescita avuta nella stagione post Covid e oggi frenata in una stagnazione che di tutto ha bisogno meno che di una diminuzione dell’offerta di credito.


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