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La intuizione strategica del Piano Mattei mette l’Africa al centro del dibattito tra il Nord e il Sud globale con una logica non predatoria. Oggi è una polveriera e il Piano Mattei, se diventa della nuova Europa, è strumento di crescita e di lotta alle diseguaglianze. Che rischia con la trappola del debito e degli interessi da pagare. Per questo con il Piano Mattei si dovrebbe lanciare oggi a Roma un appello per la moratoria del 50% del debito africano. Darebbe all’Italia la leadership nel rapporto con l’Africa e all’Europa il ruolo guida nella partita geopolitica a fianco degli Stati Uniti facendo da argine al dominio russo-cinese in Africa. La stessa logica sul debito si dovrebbe avere in una chiave europea di condivisione. Se ne avvantaggerebbero sia l’Europa che l’Italia

IL PROBLEMA numero uno dell’Africa è il debito che è raddoppiato negli ultimi dieci anni e blocca ogni programma di sviluppo del Continente. L’Etiopia nel mese di dicembre dell’anno scorso non è riuscita a pagare una cedola da 33 milioni di dollari sul suo unico titolo di Stato internazionale emesso. Negli ultimi 24 mesi sono 3 i Paesi africani andati in default perché non sono stati in grado di onorare con i creditori le rate concordate di rientro del debito. Ghana e Zambia sono stati costretti a tornare a bussare alla porta del Fondo monetario internazionale, benché i loro ministri delle finanze avessero solennemente giurato di non farlo più. Il più grande e popoloso Paese africano, la Nigeria, dedica il 90% delle sue entrate fiscali solamente per pagare gli interessi del debito, dunque, senza riuscire a rimborsare nulla del capitale e, conseguentemente, senza nessuna risorsa da impiegare per finanziare la spesa sociale.

Molto di questo debito estero è stato contratto per finanziare progetti che non hanno generato i ritorni previsti dagli studi, hanno alimentato corruzione, e hanno aperto il varco all’entrata della Cina sui principali mercati africani con prestiti a tassi competitivi, ma condizionati all’utilizzo esclusivo di imprese cinesi per la realizzazione dei singoli progetti. È servito anche a finanziare programmi di difesa comprando armi e tecnologie militari di cui l’Africa non aveva e non ha bisogno dai maggiori produttori globali che sono Stati Uniti, Francia, Russia, Germania e anche Italia. Questo stesso continente così indebitato con i più grandi deficit sociali e di educazione e un indice demografico esplosivo, è anche il continente più ricco di materie prime energetiche, di terre rare per la nuova economia, e di patrimonio giovanile di intelligenze per i grandi deal del futuro. Esattamente come per l’Italia, la più grande palla al piede della crescita sana di questo continente che appartiene a una storia di povertà dei Sud del mondo, ma è anche la più grande opportunità di futuro per il mondo occidentale, è proprio il suo debito pubblico.

Bisogna fare uscire l’Africa dallo sfruttamento che ha subito da parte dei vecchi e dei nuovi colonialismi. Una volta più minerari, oggi più finanziari. Era questa l’intuizione di Mattei che guidava l’ottava delle sette sorelle energetiche e non condivideva quello che facevano le compagnie francesi che tenevano tutti gli utili per sé nulla lasciando a chi possedeva i giacimenti sfruttati. Questa fu l’intuizione di Giordano dell’Amore che dalla Bocconi di Milano formò gran parte della classe dirigente politica e finanziaria africana. Nel mondo capovolto che ha spostato il suo asse strategico da Est-Ovest a Sud-Nord, l’Italia si trova con il suo Sud, che è quello più regolamentato e sicuro dentro la polveriera meridionale del mondo, nella posizione strategica di guidare con l’Europa al suo fianco il progresso economico e sociale dell’Africa nel migliore interesse di tutte le parti coinvolte. Questo giornale crede nella intuizione strategica del Piano Mattei ed è merito della Presidente del Consiglio italiana di avere messo l’Africa al centro del dibattito tra il Nord e il Sud globale e di averlo fatto con una logica non predatoria che appartiene alla cultura storica italiana dei La Pira e dei Mattei.

Oggi l’Africa è una polveriera e il Piano Mattei se diventa il piano strategico della nuova Europa può essere lo strumento per fare di uno dei punti di maggiore crisi del mondo la più grande opportunità di crescita e di lotta alle diseguaglianze. Abbiamo per queste ragioni organizzato a Napoli l’anno scorso, con Commissione e Parlamento europei, il primo Festival Euromediterraneo dell’economia (Feuromed) con la visione di un’economia integrata Nord-Sud di pace e sviluppo che colloca l’Italia per ragioni geografiche e storiche nella posizione naturale di locomotiva del nuovo mondo. Tutto questo, però, esattamente come per l’Italia e a catena l’Europa che prigioniera di miopie contabili tedesche non lo capisce, vogliamo ripeterlo, rischia di cadere nella trappola infernale del debito e degli interessi da pagare. Per questo, a nostro avviso, la più concreta delle misure che il Piano Mattei lanciato dalla nostra premier nella conferenza Italia Africa di oggi a Roma, a fianco della Presidente della Commissione europea von der Leyen con la quale ha un rapporto ormai collaudato e per noi molto importante, potrebbe proprio essere quella di lanciare un appello per una moratoria del debito dei Paesi Africani che non sono in grado di onorare i pagherò sottoscritti.

Annunciare la proposta di un taglio del 50% del debito estero dei Paesi Africani dal vertice internazionale di Roma darebbe all’Italia una leadership assoluta nei confronti dell’Africa e potrebbe contribuire a restituire all’Europa quel ruolo guida di cui ha vitale bisogno per tornare in gioco nella grande partita geopolitica a fianco degli Stati Uniti e facendo da argine all’avanzata del dominio russo-cinese in Africa conquistato giorno dopo giorno con le armi del primo e i soldi dei secondi. La grande sfida, come questo giornale ha sostenuto con le voci più autorevoli del mondo dell’economia e della politica nazionali e internazionali al Feuromed di Napoli, che si ripeterà ad aprile, è quella di costruire la classe dirigente euro-mediterranea del futuro unendo le intelligenze dei due lati del Mediterraneo con programmi di laurea condivisi tra le università della sponda meridionale italiana e quella nord-africana. Nella carta di Napoli presentata nella sala Spadolini, alla presenza del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, c’è già tutto. Nella seconda edizione di Feuromed potremmo raccontare anche gli accordi di partnership già avviati tra i grandi atenei delle due sponde del Mare Nostrum. L’incendio del mondo non deve spaventare, la pace e lo sviluppo possono spegnere le fiamme. Il Sud italiano con la sua cultura, la sua industria, il suo livello di regolazione, l’avanguardia tecnologica delle sue università, il sistema infrastrutturale di cui è già dotato e ancora di più con quello che è in arrivo con il Pnrr e la nuova programmazione meno clientelare della coesione, può esserne di certo il motore del cambiamento.

Ovviamente il Piano Mattei potrà uscire dal libro dei sogni e diventare realtà se la nostra premier avrà al suo fianco l’Europa intera a partire da Francia e Germania, questo è un punto strategico. Bisogna, però, che tutti si ricordino preliminarmente di affrontare il problema del debito africano per liberare risorse del futuro bloccate con una moratoria che darebbe all’Italia e all’Europa un ruolo di alleato principale del continente africano che nessuno potrebbe più scalfire. Se anche l’Europa facesse un pensierino lungimirante sul suo debito mettendolo in comune, uscendo dalle miopie nazionaliste che fanno il male di tutti, il mondo se ne avvantaggerebbe. Sul piano economico, certo, perché si favorirebbe quella crescita che serve per ripagare il debito, non per ripetere ossessivamente che è gigantesco. Peraltro, quello europeo complessivo non è neppure gigantesco. Ancora di più sarebbe importante sul piano del nuovo ordine mondiale e dello scontro di civiltà in atto tra mondo autocratico e Occidente riduttivamente visto come scontro tra Sud e Nord del mondo. Rappresenterebbe il segno tangibile che è tornata la grande politica dei Fondatori. Quella dei De Gasperi, degli Schuman e degli Adenauer. Noi, nel nostro piccolo, continuiamo a sperarci.


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