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Operai Stellantis al lavoro

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Non è più un problema di PSA, ex Fiat Chrysler, oggi Stellantis, o di Renault in arrivo o meno che sia. Non è neppure un problema di casse pubbliche francesi o italiane cui attingere a favore di questa o quella famiglia o Stato azionista. Il problema dell’Europa di oggi è uscire dai nazionalismi e costruire player europei industriali globali nell’auto come nelle energie del futuro in grado di competere a armi pari con la concorrenza sleale cinese. Ancora di più con l’agricoltura va costruito un nuovo sistema integrato dalla terra all’industria fino alla distribuzione senza furori ideologici e investendo sulla qualità.

NON E’ più un problema di PSA, ex Fiat Chrysler, oggi Stellantis, o di Renault in arrivo o meno che sia. Non è neppure un problema di casse pubbliche francesi o italiane cui attingere a favore di questa o quella famiglia, di questo o quello Stato azionista. Il problema dell’Europa di oggi è uscire dai nazionalismi e costruire player europei industriali globali nell’auto come nelle energie del futuro in grado di competere con la concorrenza sleale cinese. Ancora di più bisogna fare con l’agricoltura costruendo un nuovo sistema integrato che va dalla terra all’industria fino alla distribuzione senza furori ideologici.

Bisogna tornare all’indietro e rifare una politica industriale e agricola europee come fu ai tempi del Piano Monnet per il carbone e l’acciaio e per la ristrutturazione del sistema agrario del tempo. Finiamola di farci la guerra e mettiamoci insieme che ne guadagniamo tutti, questo fu lo spirito dell’epoca. Bisogna anche oggi fare qualcosa di nuovo adatto ai tempi nuovi che stiamo vivendo con lo stesso, identico spirito. Ovviamente tenendo conto di tutto ciò che hanno determinato il nuovo contesto politico, segnato da tre guerre in atto, e la deglobalizzazione che ne è derivata. Bisogna cercare di capire il ruolo della Francia nel contesto dell’auto e, in genere, delle alleanze industriali.

Riusciamo come Italia a coordinarci o no con la Francia? Quanto si può continuare con un giorno in cui siamo alleati e un altro in cui ci diamo i calci negli stinchi? C’è evidentemente il problema di un capitalismo privato o con più forte presenza statale nel suo azionariato che ha in entrambi casi sempre molto bussato alle casse pubbliche francese e italiana. Anche loro bisogna che si diano una regolata agendo stabilmente più di concerto. Questo vale per l’auto, come per le energie del futuro, come per l’acciaio e le telecomunicazioni. Al posto di continuare a litigare bisogna esprimere una forte politica nazionale che costringa l’Europa a intervenire con nuovi player che facciano muro contro la concorrenza sleale cinese e la competizione americana ed evitando di aggiungere il vantaggio dei nostri incentivi europei a quelli che i cinesi hanno legato alla finanza di stato e a un sistema non democratico che può fare con i soldi pubblici quello che vuole con estrema facilità senza nemmeno dovere rendicontare la spesa o certificare a livello internazionale i suoi dati di crescita. Perché si tratti di trattori, tutti comprati con i soldi europei, o di nuove energie o di auto, di acciaio o di intelligenza artificiale, e così via, la nota dirimente della politica italiana nell’angolo più di tutti è sempre quella del consenso da inseguire giorno per giorno, se non ora per ora. Siamo davanti a una politica che invece di dirigere il popolo è diretta, a volte addirittura telecomandata, dai ribellisti e dal popolino di turno che protesta. Siano gli ecologisti stessi o siano i contadini che negano il problema e vogliono un’altra economia.

È evidente che facciamo i conti con una politica che non riesce a prendere la direzione della società né a livello interno né a livello europeo. Perché a sua volta la politica non ha più soggetti carismatici, espressione di un pensiero forte e di un’idea che non sia in vendita. È popolata da una classe dirigente che prende le sue decisioni, ma se le rimangia sempre sulla base di qualche pressione estremista. Magari in Europa si torna indietro, ovviamente per ora a parole, perché ci si è resi conto che si era adottata una delibera su basi astratte, ignorando perfino che il risultato finale sulle tavole dei cittadini europei non sarebbe stato un cibo più sano e meno inquinante, ma l’esatto contrario. Oppure si prende coscienza che si fanno saltare pezzi di economia europea e si rinvigoriscono altre economie che possono liberamente inquinare. Siamo davanti alla Caporetto totale della politica e nemmeno ce ne rendiamo conto. Dentro e fuori l’Italia, dentro l’Europa, è tutto un esplodere di rocciosi ribellismi e di estremismi di ogni tipo. Prendiamo l’acciaio, certo inquina, è uno dei casi tipici, ma detto questo che si fa? L’acciaio inquina, d’accordo, e dopo che succede? Come si fa a evitare che si blocchi l’economia? Vogliamo l’elettricità e le batterie per le macchine elettriche? Giusto, ma la domanda è: come si produce tutto ciò? E dopo tante storie, che facciamo? Torniamo al nucleare di quarta generazione? Servono i confini nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, si dice, ma chi li definisce?

Si riesce almeno a capire che essendo un processo in itinere, bisogna starci dietro momento per momento e che, quindi, le posizioni non possono che cambiare o, almeno, non essere predefinite? Tutto questo, e molto altro, perché viviamo i tempi della complessità geopolitica ed economica globali, esige una classe dirigente di governo capace di realismo e di visione che tenga a bada i furori e non prescinda dalle passioni. Soprattutto esige una classe dirigente di governo che non si faccia condizionare dalle elezioni di turno nell’azione che deve invece avere una prospettiva di lungo termine. Soprattutto se, come accade in Italia, si vota sempre e, quindi, la corsa effimera al consenso di turno annulla la capacità di governo o la riduce a cambiare maschera di volta in volta.

Questa fragilità della politica è oggi la prima delle grandi questioni democratiche che il mondo occidentale deve essere in grado di superare. Altrimenti la marea autocratica, già molto imponente, abbatte gli argini e sommerge tutto e tutti. Non avviene domani e, forse, neppure dopodomani. Alla fine, però, accade.


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