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SIAMO alla nuova, ennesima stagnazione/recessione tecnica italiana o alla vigilia della terza Grande Crisi globale da epidemia cinese, caduta strutturale del gigante tedesco e cigno verde da transizione ambientale? Sorvolando, magari, sull’incognita Brexit postdatata e sulla guerra (attenuata) dei dazi che appaiono ora un po’ più sullo sfondo? Prendere atto della debolezza di lungo termine del Nord produttivo italiano e delle falle del suo disegno strategico di integrazione con la Germania non impone di cambiare totalmente registro puntando a una dimensione infrastrutturale/industriale nazionale per competere nel mondo?

So bene che il ridimensionamento del rischio sovranismo-populismo ci porta sollievo sullo spread e sui tassi di interesse, ma la nostra reputazione vale comunque la metà di spagnoli e portoghesi e, quindi, è un dato di fatto che per collocare i nostri titoli pubblici paghiamo il doppio dei nostri compagni di viaggio del Sud Europa. In un quadro complessivo di questo tipo c’è la consapevolezza di quanto possa essere esplosivo il cocktail tra colpevole isolamento geografico del Mezzogiorno, soprattutto ferroviario, e la caduta rovinosa del sistema lombardo-veneto, di più, e emiliano-romagnolo, di meno?

Non vogliamo disturbare i nostri manovratori della politica spicciola quotidiana, tra guerre (ridicole) di trincea su prescrizione e dintorni dove tutti credono di vincere e tutti perdono, e di quella meno spicciola ma ugualmente scontata sul processo a Salvini dove si levano poche (isolate) voci capaci di ricordare i confini che né politica né magistratura debbono mai superare.

Vogliamo essere chiari: noi siamo più per la prima ipotesi (stagnazione/recessione tecnica) che per la seconda (nuova crisi globale) ma riteniamo urgentissimo convocare un “gabinetto di guerra” per occuparsi dell’unica vera emergenza che il Paese ha e che è la sua economia. Il rapporto di Legambiente documenta, ancora una volta, la vergogna dell’isolamento ferroviario di tutto il Mezzogiorno e ci tocca di sentire che la ministra De Micheli pensa a nuovi commissari e meno stazioni appaltanti (sblocca cantieri bis) e il ministro per il Mezzogiorno ritorna a parlare di piano per il Sud di imminente arrivo.

La verità è che di risorse disponibili per le infrastrutture ci sono sette miliardi nel prossimo triennio e che ancora non si vede l’allegato infrastrutture dove c’è scritto cosa si fa e cosa non si fa. Per compilarlo bisogna politicamente prendere l’impegno che le opere si fanno nel Mezzogiorno non per fare un piacere al Mezzogiorno ma per salvare il Nord e l’Italia. Questo non è il piano per il Sud ma per l’Italia ed è quello che serve. Tutto il resto, purtroppo, è la solita tela di Penelope italiana.


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