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Andando avanti sulla strada dell’assistenzialismo, passate le elezioni, ci ritroveremo obbligatoriamente di fronte al bivio strettissimo della legge di bilancio. Quando devi fare una legge di bilancio e ci devi mettere dentro un deficit aumentato per accontentare il conto elettorale dell’assistenzialismo, dai inevitabilmente un messaggio molto preciso ai mercati, a tutti gli investitori esteri e italiani. Quando fai il bilancio pubblico di un Paese ti misuri con questo tipo di problemi, aggravati ora da una congiuntura internazionale geopolitica, economica e monetaria senza precedenti. Dovrai dare delle risposte che non sono quelle delle parole a vanvera urlate nella più pazza delle campagne elettorali italiane. Se farai il contrario verremo giudicati. Perché chi sa leggere il bilancio queste cose le vede e le capisce. Chi sa leggere il bilancio è anche chi ha in mano il nostro debito – sono investitori e banche stranieri e italiani – e sarebbe bene preoccuparsi fin da ora del loro giudizio. Siamo tutti noi a doverci preoccupar

Ogni assistenzialismo richiama altro assistenzialismo. Non chiude la partita, ma ne apre molte altre perché a questo punto tutti legittimamente chiedono: aiutateci. Con questo metodo in piena pandemia il governo della Repubblica italiana, nella versione giallo rosso, guidato da Giuseppe Conte ha assunto impegni pluriennali di spesa per 588 miliardi. Almeno la metà erano necessari, gli altri sono stati regali a chi i regali se li poteva fare da solo o, in genere, spreco. Questi interventi di secondo tipo sono “pugnalate” nella schiena dei nostri giovani perché ne piegano metaforicamente i corpi e cancellano ogni disegno di sviluppo in casa loro. L’assistenzialismo è da sempre la malattia italiana e ha la sua sintesi algebrica nel debito pubblico che non è nient’altro che l’altra faccia della somma algebrica di tante ricchezze private. Quando la malattia storica italiana si incrocia con il populismo i volumi di spesa assistita si impennano naturalmente, i fondamentali a posto dell’economia italiana vanno a farsi benedire e, con la velocità della luce, il Paese rischia puntualmente il suo default sovrano. La domanda è: fino a che punto si può andare avanti con questo tipo di scelte? O meglio: fino a che punto possiamo continuare a sproloquiare tutti ignorando il nostro debito pubblico e cancellandolo come problema, ovviamente solo a parole? Andando avanti sulla strada dell’assistenzialismo, passate le elezioni, ci ritroveremo obbligatoriamente di fronte al bivio strettissimo della legge di bilancio. Quando parli di scostamento di bilancio parli di qualcosa di nebuloso che molti neppure capiscono. Quando devi fare una legge di bilancio e ci devi mettere dentro un deficit aumentato per accontentare il conto elettorale dell’assistenzialismo, dai inevitabilmente un messaggio molto preciso ai mercati, a tutti gli investitori esteri e italiani, e al Paese stesso nella sua interezza. Allora, mi chiedo, come fai a gestire questa bomba sociale a orologeria dopo la campagna elettorale che abbiamo avuto? Chi si ricorderà più di tutelare gli investimenti produttivi diretti al Mezzogiorno e chi la smetterà di giocare con numeri fantasmagorici di assunzioni nella pubblica amministrazione senza porsi molto più concretamente il problema di trovare ingegneri e informatici bravi che servono per fare funzionare davvero le amministrazioni territoriali che gestiscono i progetti del Pnrr? Chi si preoccuperà più di dare un’occasione di lavoro serio a tutti quelli di valore che se non trovano un impiego soddisfacente al Sud se lo cercano nel mondo? Riusciremo mai, in questo al Sud come in tutta Italia, a uscire dal modello clientelare di gestione della spesa pubblica?

Il dibattito elettorale di questi giorni depone malissimo. Delinea il rischio reale di una situazione politica nuova in cui si mettono in fila una serie di cifre per il bilancio dello Stato che si traducono in una dichiarazione pubblica terribile verso il mondo. Se non fosse ridotto così male il quadro chiacchierologico italiano che incide sulla reputazione della sua classe politica, dall’esterno sarebbe anche meno difficile leggere con minore pregiudizio la finanza pubblica italiana discernendo il “dovuto da stato di necessità” con l’assistenzialismo di sempre, ma come diceva Totò “è la somma che fa il totale” e quando vai a fare il totale di tutti questi interventi svieni. Almeno questo è lo scenario più probabile. Per capire il circuito perverso dell’assistenzialismo italiano basti pensare che se non avessimo il debito pubblico che abbiamo, avremmo, ad esempio, molto più margine di intervento contro il caro bollette. Il fatto che non possiamo farlo è un sintomo evidentissimo, particolarmente attuale, dei danni prodotti da questa malattia storica. Perché sono l’assistenzialismo e il problema che esso ha generato a non metterci nelle condizioni di adottare misure compensative proporzionali alla dimensione del problema energetico attuale. Pur avendo fatto fino a oggi il governo Draghi il miracolo di tirare fuori 50 e passa miliardi di aiuti senza un euro di scostamento e volendo ancora intervenire agendo sul surplus di entrate dello Stato da caro energia e migliorando la mira sugli extra utili da piccoli e grandi profittatori delle distorsioni del mercato energetico di origine bellica. Anche se tutti sanno che il Draghi che ci serviva di più era quello che con la sua leadership politica europea avrebbe dovuto costringere tedeschi e olandesi a fare i conti con la realtà del ricatto di Putin sul gas così come era già riuscito a farlo soprattutto con la Germania nella scelta di campo a favore di Zelensky. Perché un Paese super indebitato come l’Italia ha bisogno di decisioni europee che blocchino la speculazione, non di fare nuovo debito interno. Ma perché, scusate, nessuno dice mai che se spostiamo risorse per continuare a pagare i superbonus dovremo inevitabilmente togliere un po’ di spesa sanitaria o scolastica o tagliare la formazione della pubblica amministrazione? Oppure, addirittura, come è già avvenuto in passato, saremo costretti a tagliare a destra e manca un po’ alla carlona producendo ovunque disastri terribili e bloccando la fiducia di consumatori e investitori? Ma davvero siamo convinti che il Paese può sopportare che per garantire un po’ di privilegi, elettorali e non, o per fare erogazione anche a favore di cose comprensibili, si possano tagliare all’infinito spese obbligatorie di manutenzione in tutti i campi? Visto che non la si fa più da nessuna parte, o quasi, negli ospedali come nella scuola dove tutto ciò avviene da decenni, visto che viviamo in un Paese dove si aprono voragini nelle strade e crollano ponti? Ci rendiamo conto che, procedendo di questo passo, non potremmo neppure più gestire le opere del Pnrr ammesso che si riescano davvero a fare le nuove scuole e i nuovi ospedali perché poi a gestirli dovrà essere la spesa pubblica corrente? Quando fai il bilancio pubblico di un Paese ti misuri con questo tipo di problemi, aggravati in questo autunno da una congiuntura internazionale geopolitica, economica e monetaria senza precedenti.

Dovrai dare delle risposte che non sono quelle delle parole a vanvera urlate nella più pazza delle campagne elettorali italiane. Se farai il contrario verremo giudicati. Perché chi sa leggere il bilancio queste cose le vede e le capisce. Chi sa leggere il bilancio è anche chi ha in mano il nostro debito – sono investitori e banche stranieri e italiani – e sarebbe bene preoccuparsi fin da ora del loro giudizio. Siamo
tutti noi a doverci preoccupare.


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