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O siamo europei o siamo ben poca cosa. Lo sparo di Handlova, dove è stato ferito il premier slovacco Robert Fico, non deve evocare quello di Sarajevo che spazzò via l’Europa e preparò gli orrori del Secondo conflitto mondiale. Non lo deve evocare perché l’Europa è una realtà. Imperfetta finché si vuole, ma c’è.

LA VECCHIA (e rimpianta) politica della Prima Repubblica era capace di rocamboleschi ma deliziosi ossimori: centralismo democratico, convergenze parallele, governo di unità nazionale, compromesso storico. Ma era una politica che sapeva riempire questi azzardi lessicali di contenuti, di idee, di visione. Perché era una politica di competenze, di tirocinii, rigore, passione, sobrietà. Pensate alla foto di Aldo Moro in spiaggia con la figlia, lei in costume, lui giacca e cravatta. Paragonatela a un qualsiasi selfie di un parlamentare di oggi. Mondi diversi, ma sempre di politica si tratta.

Siamo europei e, a ridosso delle elezioni per il nuovo Parlamento europeo, oggi aleggia un unico clamoroso ossimoro: i candidati che vogliono il seggio a Strasburgo ma sono contro l’Unione Europea, euroscettici, italexisti, sovranisti che ritengono l’Europa la madre di tutti i guasti, soprattutto nazionali. E anche chi professa un più o meno timido europeismo, organizza le liste come un casting, personaggi prima che persone, da votare per rabbia, dispetto, polemica. O irrisione. Per non parlare dei leader politici che non potranno mai andare a Strasburgo perché devono, in Italia, reggere governi o partiti. Una funzione di acchiappa voti, e basta. E la campagna elettorale si srotola con canovacci consueti, da consultazione nazionale con identiche polemiche e piccinerie.

Mancano poco più di venti giorni al voto europeo e gli unici programmi veramente chiari sono quelli di chi vuole sfasciare questa Unione. Eppure, come scrive il nostro Michele Marchi, si tratta del voto più importante della storia europea. Il nuovo europarlamento dovrà affrontare temi cruciali. Innanzitutto la difesa comune, l’esercito europeo (con una guerra ai confini e un’altra nel Mediterraneo). Poi il superamento del “mercato” per approdare a una autentica condivisione politica. Poi i rapporti con gli Stati Uniti che con la possibile rielezione di Trump potrebbero farsi più complessi. Poi la Cina, l’India e tutto il Sud globale in movimento. Situazioni, scelte, sfide difficilissime, vitali. Servono statisti illuminati che sappiano andare oltre gli egoismi nazionali. E forse qualcuno c’è. Lo sparo di Handlova, dove è stato ferito il premier slovacco Robert Fico, non deve evocare quello di Sarajevo che spazzò via l’Europa della Bella Epoque e preparò gli orrori del Secondo conflitto mondiale. Non lo deve evocare perché l’Europa è una realtà. Imperfetta finché si vuole, ma c’è. Ricordiamoci, o siamo europei o siamo ben poca cosa.


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