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Giorgia Meloni e Antonio Tajani

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Il duo Meloni-Tajani sullo scacchiere mondo e il duo Meloni-Fitto sullo scacchiere Europa operano sincronicamente dentro questa nuova grande incognita cercando un loro ruolo mentre gli altri ripetono i vecchi slogan atlantisti e pacifisti di un mondo bipolare che non c’è più e dei suoi cascami ideologici duri a morire. Le menti giovani hanno metabolizzato l’intuizione di Draghi e tutti insieme – Meloni, Tajani, Fitto – devono ora avere sempre a mente che la loro partita non è quella di dimostrare di essere alla guida di un Paese che è il migliore alleato degli Stati Uniti. La loro partita è dimostrare sul campo di essere l’avanguardia della nuova Europa dei 25 più 2 – Francia e Germania – con l’Italia al centro di questo player globale protagonista nella nuova politica estera policentrica.

È cominciata una storia nuova che è la politica internazionale policentrica. Il problema dell’Italia di oggi è capirlo. Il problema è quello di rendersi almeno conto che questa storia nuova è cominciata per davvero e che non è vera soltanto la storia che viene stupidamente detta di un’Europa tornata vassalla degli Stati Uniti. Bisogna avere coscienza che l’Europa deve trovare un modo per essere un pezzo importante della nuova politica internazionale policentrica e che l’Italia può svolgere la sua parte se a guidare le danze sono menti più aperte. Che tendenzialmente sono sempre le menti più giovani.

Prima c’era un binomio Stati Uniti-Unione Sovietica. Poi c’è stato un trinomio America, Europa, Russia. Poi è arrivata la Cina con le tigri emergenti, ma sulla scena ci sono anche l’India e ci si interroga su che cosa ne sarà dell’America Latina e su come se la passa il Giappone. Il futuro per tutti è questo qui. È un futuro policentrico messo a soqquadro da una guerra nel cuore dell’Europa e dal deliro di Putin contro l’Occidente. Non c’è spazio per un’Europa con ventisette staterelli ciascuno per conto suo, ma solo per quelli che riescono a fondersi sulle scelte strategiche e a pesare per la forza anticipatrice di quelle scelte di una federazione europea all’altezza delle sfide. È stato fatto molto, ma bisogna fare di più.

Perché per la prima volta la dimensione della difesa sta diventando una dimensione inevitabile. La potenza civile della Germania che non si arma, ma è importantissima perché ha una grande economia è fuori dalla realtà. L’Europa stessa che non si arma ma è una grande economia non conta nulla. Perché è cambiato tutto. Perché oggi c’è un tema militare per cui bisogna essere in grado non di attaccare ma di difendersi operando dentro una realtà politica che governa le armi. Se non riuscissimo a fare ciò sarebbe la fine del mondo. Quello che sta accadendo in Italia è che sono le menti giovani o, se vogliamo meno ipotecate dal passato putinista e dai vecchi pacifismi come dai vecchi atlantismi, a dimostrare di sapersi muovere con maggiore abilità nello scenario del nuovo mondo policentrico.

Il duo Meloni- Tajani sullo scacchiere mondo e il duo Meloni-Fitto sullo scacchiere Europa operano sincronicamente dentro questa nuova grande incognita cercando un loro ruolo in questa novità mentre gli altri continuano a ripetere i vecchi slogan, i vecchi copioni, appaiono sempre più bloccati e sempre più nervosi. Loro invece sono fuori dalla vecchia logica del mondo bipolare e dai suoi cascami ideologici duri a morire.

Le menti giovani hanno metabolizzato l’intuizione di Draghi sull’urgenza di svincolarsi subito dalla Russia di Putin e di farlo meglio e prima degli altri. È oggettivo che Giorgia Meloni ha messo il Piano Mattei al centro della sua politica estera con le missioni in Libia e in Algeria insistendo su una logica di rapporto alla pari con il mondo africano e contando su un team che è quello dell’Eni primo al mondo.

Giorgia Meloni sull’Ucraina non ha avuto mai la minima esitazione sul posizionamento strategico italiano e ha allargato il solco tracciato da Draghi con il racconto dal campo dell’ucraino che parla russo e implora di essere aiutato a liberarsi dell’aggressore Putin e un’interlocuzione con i Paesi dell’Est che fanno muro tutti insieme contro lo stesso aggressore. Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha messo in campo un patrimonio di credibilità conquistato in Europa con tutti i ruoli svolti di prima grandezza e opera a raggiera con la premier Meloni muovendosi a tutto campo dall’Egitto agli Stati Uniti nella logica nuova con un fardello sulle spalle che è il putinismo mascherato di Berlusconi attenuandone impatto e ricadute.

Non è una cosa da poco. Soprattutto, non è una cosa facile. Sono esercizi possibili grazie a un credito personale riconosciuto fuori dall’Italia che appartiene alla sua storia europea. Anche se purtroppo ciclicamente il problema del Cavaliere oggi rientra e domani torna fuori. Raffaele Fitto, ministro con tutte le deleghe europee e del Sud, porta un patrimonio di esperienza sul campo che è fuori dagli ideologismi ed è un tessitore di alleanze strategiche e operative a tutto campo con le istituzioni europee. Ha in mano la partita decisiva del governo Meloni perché sulla capacità di spendere e di spendere bene tutti i fondi europei si gioca la crescita interna e la credibilità europea che sono alla base di questo nuovo ruolo italiano in un mondo policentrico.

I primi risultati sono incoraggianti, è stato dato credito alle nostre proposte sulla nuova governance e sul riallineamento funzionale delle scadenze, ma il duo Meloni-Fitto ha piena consapevolezza che se l’Italia non mette a terra al meglio il Pnrr abortisce sul nascere la scommessa del nuovo debito comune europeo. Tutti insieme, Meloni, Tajani, Fitto, dovranno avere sempre a mente che la loro partita non è quella di dimostrare di essere alla guida di un Paese che è il migliore alleato degli Stati Uniti perché così andranno a sbattere. La loro partita è quella di dimostrare sul campo di essere l’avanguardia della nuova Europa dei 25 più due con l’Italia al centro di questo player globale che si muove da protagonista nella nuova politica estera policentrica.


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