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Un cantiere Superbonus

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In due anni (2021-2022) su 10,9 punti di Pil  di crescita il contributo da superbonus e incentivi fiscali all’edilizia è di 1,5 punti nel 2021 e di 0,5 nel 2022. Lo Stato spende 90miliardi per una spinta che è pari a meno di un quinto della crescita con una stima sovrastimata perché ipotizza che tutta l’edilizia sia sussidiata e tiene dentro l’effetto degli incentivi ordinari. Nel 2022 il contributo alla crescita degli investimenti da incentivi industriali 4.0 è lo 0,6% contro lo 0,5% di tutti i bonus residenziali. Quindi spendendo molto meno si ha di più. Questi dati certificano comportamenti di spesa pubblica da Stato sudamericano incompatibili con un Paese che ha nei consumatori, nelle imprese e nell’attrazione di capitali e turismo internazionale i motori di una crescita con tassi da miracolo economico fondata su un capitale di fiducia riconquistato dal governo Draghi. Questa è la pura realtà, il resto  menzogne grilline

L’operazione verità è avvenuta con il timbro dell’Istat ed è sotto gli occhi di tutti. In due anni (2021-2022) su 10,9 punti di prodotto interno lordo di crescita da miracolo economico italiano, locomotiva d’Europa, il contributo da superbonus e filiera completa di bonus e incentivi fiscali all’edilizia è di 1,5 punti nel 2021 e di 0,5 punti nel 2022.

Lo Stato italiano ha speso 90miliardi di tutti noi (72 Superbonus, 19 bonus facciate) per garantire una spinta che è pari a meno  di un quinto della crescita complessiva che è una stima comunque sovrastimata. Perché prevede che in questo Paese tutta l’edilizia sia stata solo edilizia finanziata interamente dal bilancio pubblico e perché nel computo ci sono 30 miliardi di altri incentivi che riteniamo ordinari e, quindi, non spreco. C’è ancora di più. Nel 2022 il contributo alla crescita degli investimenti in macchinari e impianti legati agli incentivi industriali 4.0 è stato pari allo 0,6% contro lo 0,5% dei bonus residenziali. Quindi spendendo molto, molto, molto meno si è avuto di più.

Morale della favola: la crescita vera di una grande economia occidentale la fa l’innovazione nell’industria non la ristrutturazione delle villette pagata per intero dallo Stato finanziando una rendita bancaria e le frodi miliardarie anche della criminalità organizzata che la guardia di finanza ha per ora solo cominciato a scoprire.

Il contributo alla crescita dell’edilizia al miracolo economico nascosto dell’Italia di Draghi è maggiore nel 2021 rispetto  al 2022 quando però le detrazioni autorizzate dal superbonus valgono 51 miliardi contro i 18 scarsi dell’anno precedente. Anche qui, dunque, si è speso molto, molto di più, e si è avuto un contributo piccolo piccolo alla crescita.

Questi dati certificano comportamenti di spesa pubblica da Stato sudamericano o da piani di sviluppo a sostegno di Paesi del terzo mondo. Sono incompatibili con il futuro di questo Paese che ha dimostrato invece di investire sul capitale di fiducia internazionale che il governo di unità nazionale guidato da Draghi ha saputo costruire rimuovendo vincoli alla crescita interna. Un Paese che è stato capace di recuperare la sua socialità e di riaprire la sua economia prima degli altri e che, anche per queste ragioni, ha avuto nei consumatori, nelle imprese e nell’attrazione di capitali e turismo internazionale i motori di una crescita sana con tassi da miracolo economico. Questa è la pura realtà. Tutto il resto sono menzogne.

In questo miracolo che ha consentito la nascita di un milione di posti di lavoro in più a tempo indeterminato e ha visto scendere di 10,2 punti percentuali rispetto al 2020 il debito pubblico in rapporto al Pil l’unica nota stonata sono stati gli extra costi imposti alla collettività di un Paese super indebitato da un populismo di marca grillina ma sottoscritto, avallato e a tratti rivendicato dalle componenti verdi e rosse dei due governi Conte.

Questa scomoda verità che fa strame delle bugie grilline da campagna elettorale e da supertalk a reti più o meno unificate è oggi certificata dalla revisione peggiorativa operata dall’Istat sui rapporti deficit/Pil del 2020 e del 2021 passati rispettivamente al 9,7% e al 9,0% invece dei 9,5 e 7,2% stimati a settembre. Per il 2022 il rapporto deficit/Pil italiano si attesta all’8% contro le stime della Nadef del 5,6%. Come ha precisato l’Istat sul calcolo ha pesato l’impatto dei crediti di imposta, in particolare del Superbonus.

Siamo di fronte ad uscite in conto capitale di decine e decine di miliardi l’anno a copertura di spese delle imprese edili in cui ci sono dentro anche un bel po’ di truffe. La cosa giusta da fare per l’edilizia residenziale allora come oggi è quella di strumenti come i bonus ristrutturazione già esistenti con un 50% di crediti di imposta spalmabili in dieci anni con un tetto di spesa fino a 100 mila euro. Che sono ovviamente modificabili e estendibili ma dentro una logica di assoluta convenienza e non di immoralità dichiarata mettendo peraltro sullo stesso piano chi è ricco e chi non lo è.

Con il superbonus del 110% non dovevi avere nemmeno i soldi. Facevi l’investimento che pagava la banca al 100% che, a sua volta,  scontava un interesse del 10% salvo che il primo (l’investimento) e il secondo (l’interesse) li pagava tutti lo Stato Pantalone compresi gli indebiti profitti della criminalità organizzata. Quello Stato Pantalone, non ce lo dimentichiamo mai, siamo tutti noi. Oggi bisogna fare per la casa come per il piano industria 4.0 con contributi più bassi e spalmati. Ne beneficiano l’etica pubblica, la sostenibilità del bilancio nazionale e la crescita reale di un Paese che vuole essere meno diseguale e guardare lontano.


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