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APRIRE gli occhi prima che sia troppo tardi. Ci sono tutte le mafie. Riciclano, fanno la fattura pure al tabaccaio. Sono impresa. Fanno politica, hanno i loro candidati. Entrano nelle compagini societarie. Egemonizzano i subappalti. Reinvestono i proventi della cocaina in immobili, locali notturni, attività ricettive, movimento terra, smaltimento rifiuti, finanza. Disintermediano i flussi della spesa pubblica, scambiano con la politica, è la logica della cosiddetta banca dei favori di cui parlano i collaboratori di giustizia. Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, città e località balneari, ricostruiamo la mappa di uomini, affari e alleanze, società, zone grigie e intrecci nascosti della Mafia spa al Nord. Disegna un quadro d’insieme da brividi, decine e decine di miliardi, motore finanziario di un sistema criminale parallelo ormai autonomo che trae origine dai territori meridionali di provenienza dove persiste un sistema arcaico-feudale molto più spietato e molto più povero.

Abbiamo deciso di aprirci il giornale per l’insieme davvero sconvolgente di fatti svelati dall’inchiesta e, molto sinceramente, perché ci hanno colpito le parole di Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti italiani.

Ne riproduco un paio di stralci: “Da tempo, sostengo che bisognerebbe sfatare il mito del contagio. Le mafie non sono un agente patogeno che infetta territori sani. A portarle lontano dai territori d’origine è stata la convergenza di interessi con politica e imprenditoria (…) la ‘ndrangheta, da tempo, non fa distinzioni ideologiche; ha votato per candidati del centrosinistra in Piemonte e per candidati del centrodestra in Lombardia. Chiede e ottiene contropartite (…) quel che è dato è reso”.

Basta, fermiamoci un momento! Abbiamo documentato, sulla base delle analisi tecniche del meglio della contabilità e della statistica nazionali, di un flusso abnorme di 60 e passa miliardi l’anno di risorse pubbliche sottratte alla spesa sociale e alle infrastrutture di sviluppo per le popolazioni meridionali (per capirci, asili nido e treni) e “regalate” ingiustificatamente alle Regioni e ai Comuni del Nord. La mera ipotesi che anche uno solo di questi miliardi non sia andato a foraggiare l’assistenzialismo clientelare, pratica nota a tutti e fortemente deplorevole, ma addirittura la crescita delle imprese criminali in subappalti e altro, suscita un moto di disgusto. Siamo al rischio capitale, alimentato dall’indebita rendita.

Non abbiamo le risorse per dare mezzi finanziari adeguati a società pubbliche che operino con una visione industriale di lungo periodo e per attuare la perequazione infrastrutturale non più eludibile tra Nord e Sud del Paese. Qualcuno almeno impedisca che l’indebita rendita diventi la nuova, ultima cassa dei clan.


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