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Il ministro Speranza e il Premier Conte

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Presidente Conte, non le resta che chiedere le immediate dimissioni del ministro della Salute e del commissario per l’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri. Sono passati otto mesi e non hanno fatto nulla. C’è un limite a tutto e questo limite è stato ampiamente superato. Se proprio diventa insormontabile il muro della ragione politica per mandare a casa Speranza si accompagni subito alla porta Arcuri e si interdica a Zuccatelli la possibilità di raggiungere i territori calabresi per motivi di lavoro

Presidente Conte, siamo arrivati a un punto di non ritorno. Per quanto le potrà apparire paradossale il suo governo rischia di saltare sulla sanità calabrese. Per potersi salvare non le resta che chiedere le immediate dimissioni del ministro della Salute, Roberto Speranza o, in subordine, del commissario per l’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri. C’è un limite a tutto e questo limite è stato ampiamente superato. Abbiamo atteso un intero week-end e non è successo niente. Se diciamo che c’è un problema della Calabria non cogliamo il punto. Perché come spesso accade questa terra evidenzia in modo più plateale un problema che è nazionale: la mancata programmazione degli interventi e l’inadeguatezza della sua squadra di ministri e commissariale che in questo caso esprime al meglio la caduta della classe politica e amministrativa.

L’accoppiata Speranza-Arcuri toglie ogni credibilità alla sua azione di governo. Sono passati otto mesi otto e non hanno fatto pressoché nulla. Non sono riusciti a comprare i lettini delle terapie intensive neppure con i soldi regalati dalla Banca d’Italia. Il punto non è che il generale Cotticelli è un personaggio umoristico e che il suo successore designato Zuccatelli è fuori classifica per il numero pirotecnico sulle mascherine, ma prima ancora perché agli occhi dei calabresi ha già fallito a Cosenza e sta fallendo a Catanzaro. Il punto è chi li ha nominati e perché. Il punto è che la catena di comando non funziona. Che la classe amministrativa è inadeguata perché le nomine sono inadeguate.

Non ci interessano i video da commedia all’italiana di Zuccatelli e le amnesie televisive di Cotticelli, siamo nella farsa che può nascondere la tragedia, ci chiediamo piuttosto che cosa hanno fatto i calabresi per meritarsi un candidato trombato alle politiche del 2018 nelle liste di Leu come comandante in capo per affrontare la più grande guerra sanitaria che la storia recente ricordi. Qui non c’è da ridere, piuttosto da piangere, Presidente Conte. Perché lo specifico territoriale riguarda il tratto comico della vicenda, ma fa emergere un problema nazionale gigantesco di cui a lei non a altri verrà chiesto conto. Nella guerra più dura un ministro della sanità che si rispetti non manda in campo “generali” palesemente inadeguati per ragioni di fedeltà politica peraltro non a Aldo Moro ma a lui e a Bersani.

La Calabria fa emergere con un botto che deflagra da giorni che il problema è nazionale e che non può non avere ricadute nazionali. Ma c’è qualche motivo recondito incomprensibile ai più che impedisce dopo dodici anni di commissariamento e di esautoramento della Regione con risultati pari a zero di nominare alla guida della sanità della Calabria un manager sanitario possibilmente calabrese e, se necessario, richiamando uno dei tanti cervelli che questa terra regala al mondo?

Ma che cosa hanno fatto le donne e gli uomini della Calabria per beccarsi il trombato politico di Cesena che di professione fa il commissario sanitario in carriera pur avendo fallito pressoché ovunque sia stato mandato? Ma davvero davvero, perfino in piena Pandemia che può rivelarsi una ecatombe sanitaria e economica, si continuano a fare le nomine in base alla fedeltà politica?

Ancora: ma deve essere un giornalista ad accorgersi che non è stato attuato il piano di emergenza Covid e non il commissario Arcuri che non solo non fa, non vigila, scrive fuori tempo massimo le ordinanze, ma ha addirittura la faccia tosta di presentarsi in TV e fare la ramanzina agli altri? E il ministro della Salute che fa? Non lo chiama? Non gli chiede conto? Non lo licenzia se è insoddisfatto?

Non osiamo pensare che la lettura delle bozze del suo libro (avete mai conosciuto un ministro che scrive un libro in piena Pandemia globale?) lo abbia distratto, ma siamo consapevoli che il suo ruolo agli occhi di tutti è oggi screditato nonostante abbia bene operato nella prima fase. Non abbiamo risparmiato critiche ai Capetti delle Regioni nemmeno per un giorno e continueremo a farlo perché nel federalismo dell’irresponsabilità si annida il problema competitivo numero uno del Paese. Questa volta, però, le responsabilità sono tutte del governo e specificamente del suo ministro della Salute e del suo commissario per l’emergenza sanitaria. Se proprio è insormontabile il muro della ragione politica per mandare a casa Speranza, si accompagni subito alla porta Arcuri e si interdica a Zuccatelli la possibilità di raggiungere i territori calabresi per motivi di lavoro. Soprattutto, si scelgano gli uomini giusti e si sani l’abnorme ingiustificato squilibrio che penalizza oltre ogni decenza questa Regione negli investimenti fissi in sanità. Non può essere lo Stato patrigno la soluzione al problema dei problemi che è il federalismo dell’irresponsabilità dei Capetti delle Regioni del Nord. Servono uomini, metodo e visione completamente differenti.


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