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Pazienti in fila in attesa di ricevere il vaccino

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Siamo davanti a un’uscita complicata dalla prima vera grande crisi globale. Se vogliamo presentarci agli esami di recupero di ottobre ben preparati
e sicuri di superarli, partiti e Capi delle regioni devono mettere l’Italia prima dei loro interessi elettorali. L’alternativa non è tra prendere un voto in
più o in meno alle prossime elezioni. L’alternativa è tra un Paese che decide
di rialzarsi o che esce dal novero delle economie industrializzate

IN EUROPA tutti continuano a pensare per sé. In Germania la Cdu è messa male e rischia di essere quasi raggiunta dai verdi. L’uomo forte della Baviera rischia di avere un grande risultato, ma non di essere accettato come leader della Germania. Che a sua volta ha lodevolmente riunificato le due Germanie e ha provato a esportare la sua democrazia e il suo sistema economico nei Paesi dell’Est, ma non è stata ripagata e quasi come in uno specchio rovesciato si vedono gli effetti della corda tedesca allentata sui Paesi del Nord. L’Olanda è tanto sospettosa delle “cicale” del sud Europa quanto fragile sul piano finanziario e di corte vedute. La Danimarca, anche le pulci hanno la tosse, è orfana del mercato britannico ma bandisce dalla sera alla mattina il vaccino anglo-svedese senza un solo motivo razionale.

Macron in Francia con il suo carico di lutti da Covid 19 e con la Le Pen in risalita non se la passa bene. Il Belgio si è stabilizzato nella sua storica divisione tra fiamminghi che parlano un mezzo tedesco e valloni che parlano francese, ma non si capisce bene dove va e non è riuscito neppure a riunire i vocabolari. È arrivato perfino a rifilarci un presidente del Consiglio europeo in rappresentanza di uno Stato che quasi non c’è, che riesce a mettere l’Europa in ginocchio sotto i piedi del “dittatore” Erdogan e non è scosso nel suo servilismo neppure dal fatto che sotto i suoi occhi veniva umiliata la presidente della commissione europea, Von der Leyen.

Questa Europa senza guida e pasticciona con i vaccini si appresta a collocare i suoi primi bond europei che segnano l’inizio di una nuova Europa solidale senza che né la politica economica né gli esteri né la difesa siano stati riunificati. È vero che l’Europa ha un suo leader che si chiama Mario Draghi e che è il nostro Capo del governo di unità nazionale, ma il Cavaliere bianco che ha salvato l’euro non ha la bacchetta magica e è appesantito dalla gravità della crisi del suo Paese. Il nuovo ’29 mondiale non è uno slogan mediatico, ma è fatto di decine di milioni di persone che perdono il posto di lavoro nel mondo, cinque milioni sono solo quelli a rischio in Italia, e di un’uscita complicata dalla prima vera grande crisi globale.

Diciamo le cose come stanno. La Cina sfrutta economicamente le scorciatoie della dittatura, gli Stati Uniti colgono il frutto di un federalismo compiuto dove californiani e newyorkesi hanno lo stesso titolo sovrano. Noi europei invece no, abbiamo la fortuna di avere le complicazioni della democrazia e non abbiamo ancora deciso fino in fondo da che parte andare e da chi farci guidare. In questa situazione difficilissima l’Italia deve rendersi conto che ha la fortuna di avere un Capo del governo con la visione giusta e la capacità di fare scelte chiare, ma che deve contribuire attivamente a questo cambiamento strutturale uscendo dalle logiche della propaganda elettorale.

I partiti tutti devono fare lo sforzo di rinunciare alle bandierine per unirsi sotto la bandiera comune che deve dimostrare al mondo che siamo capaci di fare le cose. Siamo convinti che il Paese è stremato e che bisogna dare una risposta tangibile a chi ha pagato il conto più pesante per colpe non sue.

L’uscita, però, dalla fine del mondo del nuovo ’29 non può essere “dateci una data per riaprire ristoranti, bar, palestre”. Se tutte queste riaperture, che noi auspichiamo, non avvengono in un clima di ripresa generale, non risolveranno nessun problema. La strategia del nuovo governo è chiara. Le scelte operate alla protezione civile e per il commissario all’emergenza sono coerenti con questa visione. I criteri per la campagna di vaccinazione sono finalmente uniformi e inattaccabili. La scelta di riaprire a ogni costo le scuole certifica un cambiamento. Qualche segnale positivo sull’approvvigionamento dei vaccini si intravede all’orizzonte.

Il Recovery Plan è in mani sicure, dal digitale alla transizione ecologica, dalla spesa sociale alle infrastrutture di sviluppo, il disegno di crescita è finalmente sistemico. Se vogliamo presentarci agli esami di recupero di ottobre ben preparati e sicuri di superarli, partiti e Capi delle regioni devono mettere l’Italia prima dei loro interessi elettorali. L’alternativa non è tra prendere un voto in più o in meno alle prossime elezioni. L’alternativa è tra un Paese che decide di rialzarsi o che esce dal novero delle economie industrializzate.


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