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Il premier Mario Draghi a Palazzo Chigi

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Non sappiamo fino a che punto la pubblica opinione si stia rendendo conto che con questo governo si stanno facendo cose mai fatte, ma la libera stampa ha il dovere di segnalarlo perché la fiducia contagiosa è il nutrimento dei popoli che vogliono rialzare la testa. Draghi, Franco, Bianchi, Brunetta e tutti gli altri stanno dimostrando che questo Paese può cambiare e, soprattutto, può cambiare nei tempi in cui il cambiamento è necessario che avvenga. Questo significa cambiare la macchina degli investimenti e dare alle amministrazioni il capitale umano di cui hanno bisogno

Una discontinuità nel modo di governare questo Paese che non si può perdere. Una discontinuità sorprendente nel modo di fare opposizione, alla voce Meloni, che non si può perdere. Non sappiamo fino a che punto la pubblica opinione si stia rendendo conto che con questo governo si stanno facendo cose mai fatte, ma la libera stampa ha il dovere di segnalarlo perché la fiducia contagiosa è il nutrimento dei popoli che vogliono rialzare la testa. Lo è soprattutto quando si vivono stagioni post belliche come sono, a loro modo, quelle che accompagnano l’uscita dalle Grandi Crisi internazionali – finanziaria e dei debiti sovrani – e come, ancora di più, lo è l’uscita dal nuovo ’29 mondiale di origini pandemiche.

Ma quanti sanno che il progetto estate a scuola ha avuto l’ok di 6000 istituti su 8100 e che l’en plein si è raggiunto al Sud? Si ha idea di che cosa vuol dire che nelle periferie urbane del Mezzogiorno e in molte delle zone interne al posto di giocare a pallone i ragazzi entreranno a scuola per imparare l’inglese e la matematica? Il 70% delle risorse sono andate alle scuole meridionali, è un fatto, non un annuncio, e a volerlo è stato il ministro della scuola della bassa ferrarese, Patrizio Bianchi, che appartiene alla grande famiglia dei Vanoni, dei Morandi, dei Saraceno, che sanno che l’Italia esiste se esiste il suo Mezzogiorno. Sono uomini di ieri e di oggi che mettono al primo posto il capitale umano, la formazione delle classi dirigenti pubbliche e aziendali, che conoscono bene quello che è successo e che non può più succedere.

Sono uomini che sanno che non si può tornare all’Italia di ieri, quella prima della crisi pandemica, perché quell’Italia lì bloccata, profondamente diseguale, prigioniera dei soprusi e delle miopie dei ras regionali della destra e della sinistra del Nord e delle furberie degli statuti speciali non si tiene più, è implosa moralmente prima che economicamente dal di dentro. Le parole di Mattarella nel discorso del settantacinquesimo della Repubblica sono le pietre morali della nuova Italia.

Se non ci fosse questa consapevolezza di fondo nel governo di unità nazionale guidato da Draghi non si sarebbero fatte le scelte senza precedenti che accordano la priorità assoluta al Mezzogiorno in tutte le voci del progetto Italia – infrastrutture, digitale, transizione ecologica, asili nido, scuola, sanità – ma prima ancora non si sarebbe proceduto a passo di carica come si è fatto con il decreto unico di semplificazioni e della nuova governance e con quello dei reclutamenti nella pubblica amministrazione.

Fare l’esatto opposto degli ultimi venti anni, cambiare la macchina degli investimenti pubblici e assicurare alle amministrazioni centrali e locali il capitale umano di cui hanno bisogno con velocità, trasparenza, senza padrinaggi e sinecure, è di sicuro il più straordinario degli interventi possibili per mettere in sicurezza un progetto di sviluppo di medio termine che punta a riunificare le due Italie e a restituire al Paese intero il rango di Fondatore in Europa e la leadership perduta nel Mediterraneo.

Questa trama di governo ha avuto nel ministro Brunetta un tenace persecutore di un disegno di azione sulla pubblica amministrazione che coinvolgesse tutti i ministeri dando a ognuno il suo tassello nel mosaico del nuovo Stato perché o si cambia tutti insieme o si fa finta di cambiare. Draghi, Franco e tutti gli altri stanno dimostrando che questo Paese può cambiare e, soprattutto, può cambiare nei tempi in cui il cambiamento è necessario che avvenga. Mi viene di pensare a tutti i soloni italiani che negli anni e ancora oggi continuano a dire che la “droga” della politica monetaria espansiva non aiuta i cambiamenti perché i governi si crogiolano nell’aiuto monetario. Mi succede perché penso a quello che ha sempre detto Draghi e, cioè, che l’aiuto monetario in tempi di crisi favorisce viceversa le riforme perché dà ai Paesi l’ammortizzatore che consente di fare le riforme diminuendone i prezzi sociali. È giusto sottolineare che quando è toccato a lui di governare Draghi sta facendo quello che altri si sono ben guardati dal fare. Perché dimostra coerenza e trasferisce fiducia. Quella contagiosa che serve oggi al Paese.


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