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Il presidente del Consiglio Mario Draghi

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In questo progressivo sfaldamento della politica italiana dei partiti della irresponsabilità e il senso di isolamento che vivono le parti sane della rappresentanza politica, i due soli punti fermi sono la rimessa in moto del Paese e la guida ferma di Draghi dell’esecutivo di unità nazionale. Alla fine i teatranti del nulla alzano la mano e dicono sì. Riconoscono a Draghi di avere l’ultima parola. Cambiare la macchina dello Stato e riunire le due Italie superando i suoi tabù e conquistando una crescita da miracolo economico è un’impresa ciclopica ancorché obbligata. La strada da percorrere è piena di insidie, ma è tracciata per l’oggi e per il domani. Perché di fatto comandanti, truppe e megafoni del Titanic Italia non si mettono di traverso

È evidente che c’è un quadro politico totalmente in movimento. Non ha importanza che il movimento riguarda ossimori di potere minore dal mondo dell’irrealtà che è il teatro naturale dei Cinque Stelle.

Non ha importanza che i movimenti a raggiera che si dipanano fuori da quel teatro alimentano le trame della propaganda che appartengono al posizionamento ideologico dei partiti e alla sondaggite da voto immaginario.

Non ha importanza che il Pd è impegnato a ridisegnare il suo fronte perché non sa chi sono i suoi compagni di viaggio grillini e non ha ancora capito bene chi sono loro. Non ha importanza che Salvini in casa fa capire che non si può mettere con la Meloni e insegue una via di governo alla Giorgetti-Zaia, ma appena esce di casa si rimette insieme con la Meloni, con Orban e compagnia cantante sovranista europea.

Anche il centro è impegnato in una riorganizzazione permanente alla ricerca del suo punto di gravità, ma avventurarsi a capire con quale leadership, con quale compagnia, e per fare che cosa è impresa davvero temeraria.

Tutto questo teatro politico allargato del nulla, distante anni luce dai bisogni delle persone e dalle emergenze sociali che incidono sulla carne viva di donne e uomini in un Paese spaccato in due per il livello abnorme di disparità, ha i suoi aedi in servizio effettivo – giorno e notte, inverno e estate – nel talk permanente italiano. Costituiscono insieme la malattia del Paese. Noi tale malattia la abbiamo chiamata Titanic Italia.

In questo progressivo sfaldamento della politica italiana dei partiti della irresponsabilità e il senso di isolamento che vivono le parti sane della rappresentanza politica italiana causa megafono malato del dibattito della pubblica opinione, i due soli punti fermi sono la rimessa in moto del Paese e la guida ferma di Draghi dell’esecutivo di unità nazionale.

Perché qui le cose restano complicatissime, si tratta di uscire dal pozzo dove il Paese è precipitato dopo venti anni di crescita zero, ma si semplificano perché il quadro delle cose da fare è chiaro e la rotta da seguire ben impostata e ben attuata in quanto il metodo Draghi è “mediare decidere mediare” che è l’esatto opposto del “non decidere mai” dell’ultimo ventennio di malgoverno italiano.

 Il nuovo ’29 mondiale con il suo conto tragico di morti e feriti in ospedale e in azienda che non consente le sonnolenze decisionali autoreferenziali di prima, da una parte, il credito reputazionale del nostro premier costituito da cose fatte e riconosciute nel mondo, non da medaglie accademiche, dall’altra, fanno sì che il metodo Draghi e il cronoprogramma delle riforme strutturali del suo esecutivo di unità nazionale funzionino. Alla fine i teatranti del nulla alzano la mano e dicono sì. Soprattutto, riconoscono a Draghi di avere l’ultima parola.

Cambiare la macchina dello Stato e riunire le due Italie superando i suoi tabù e conquistando una crescita da miracolo economico, è un’impresa ciclopica ancorché obbligata. La strada da percorrere è piena di insidie, ma è tracciata per l’oggi e per il domani. Per fortuna, contro chi indirizza e guida quella rotta di governo e fa ogni giorno un passetto in avanti, anche comandanti, truppe e megafoni del Titanic Italia alla fine non si mettono di traverso. Continuano a fare rumore, ma non si mettono di traverso. Speriamo che duri.


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