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Il parlamento italiano

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Superata l’emergenza del nuovo ’29, gli italiani potranno tornare a scegliere tra due classi dirigenti alternative per capacità e formazione. Dove, si spera, si senta meno il peso delle ali estreme per il loro carico di irresponsabilità e di menzogna messo a dura prova dai fatti rocciosi della grande crisi globale. Ritorna, non a caso molto evocato da Mattarella, sempre De Gasperi. Che si inventò un centro che esprimeva la cultura media italiana sotto lo schema dell’unità politica dei cattolici e metteva dentro anche la tradizione progressista confluita tutta in un solo partito che era il partito della nazione

La politica italiana deve aiutare Draghi a ripetere in Italia ciò che ha già fatto in Europa. A risolvere i problemi creati proprio dai pasticci dei partiti, in particolare a livello regionale. Poi si potrà tornare a competere per la guida del paese.

Solo così, questa breve stagione di supplenza politica può superare l’emergenza del nuovo ’29 mondiale. Può ridare all’Italia un ruolo geopolitico nel Mediterraneo sfruttando il “momento unico” della Libia e l’impronta riconosciuta del nuovo multilateralismo con l’autorevolezza personale di Draghi alla guida del G20.

Può ricostruire un aspetto fondamentale della democrazia italiana restituendo al paese il diritto di avere delle proposte di classi dirigenti fra di loro non componibili ma entrambe più inclusive. Può fare dell’Italia un paese normale.

Gli italiani potranno tornare a scegliere tra due classi dirigenti alternative per capacità e formazione. Dove, si spera, si senta meno il peso delle ali estreme per il loro carico di irresponsabilità e di menzogna messo a dura prova dai fatti rocciosi della grande crisi globale.

Ritorna, non a caso molto evocato da Mattarella, sempre De Gasperi. Che si inventò un centro che esprimeva la cultura media italiana sotto lo schema dell’unità politica dei cattolici e metteva dentro anche la tradizione progressista confluita tutta in un solo partito che era il partito della nazione. Il resto lo fece la guerra fredda con le sinistre che si autoesclusero.

Oggi c’è l’opportunità di ricostruire la geografia politica dei partiti riducendoli nel numero e facendoli più inclusivi perché in essi confluisce, da una parte, tutto ciò che è più affine con la proposta di un centrodestra che dismette fifinalmente l’abito demagogico ed esprime il conservatorismo liberale e sociale e, dall’altra, tutto ciò che è più affine con la proposta di una sinistra moderna, europeista, ambientalista, che apre al moderatismo delle idee e non delle poltrone, perché è finalmente concentrata più sui poveri che sui ricchi.

Ci saranno pezzi di centro che finiranno da una parte e pezzi di centro che finiranno dall’altra.

Si tornerà così allo schema classico dell’Ottocento, che è anche lo schema moderno delle grandi democrazie con- temporanee a partire da quelle americane e tedesche. Mattarella avrà avuto il merito di rimettere saldamente l’Italia nel solco Occidentale, atlantista ed europeista in un mondo multipolare.

L’accordo Cina-Russia non sta in piedi perché i primi vogliono comandare da soli e i secondi non sono tanto forti perché oggi sono alle prese anche con problemi di liquidità. Si dovrà arrivare alla nuova governance mondiale e al nuovo multilateralismo che disciplina le sfide ambientaliste e gli interessi economici globali in una fase di grande trasformazione.

Partita di non poco conto per un paese esportatore come il nostro, ancorché piuttosto acciaccato. Draghi è l’unico statista europeo che può essere accettato da tutti perché è a capo di una nazione ritenuta più debole ma lui personalmente è invece di grande peso perché non c’è nessuno nel mondo che non gli riconosca di avere salvato l’euro.

È stimato, Draghi, ma fa meno paura perché non è alla testa di una grande potenza, forse neppure media, diciamo più onestamente medio-piccola con tanti problemi e tante opportunità di riscatto. Può fare Draghi, come diceva Bismarck, l’onesto mediatore al quale sta a cuore la buona conclusione dell’affare. Lui ci guadagna se si chiude l’affare, non dal fatto che gli viene qualcosa in tasca. Il suo successore non potrà prendere impunemente la sua eredità perché è un’eredità personale.

All’Italia, però, tutto ciò darà credito internazionale e la aiuterà a uscire dall’angolo umiliante del grande malato d’Europa. Agli italiani sarà restituito un po’ di orgoglio e quella base di fiducia su cui poggiare la nuova ricostruzione. La stessa fiducia che Mattarella ripone in Draghi perché è bravo ed efficace e che lo spinge a chiedere a tutti di aiutarlo. Noi vogliamo credere che gli italiani lo faranno sempre di più quando capiranno ancora di più l’integrità dell’uomo e ne riconosceranno sul campo la statura e le qualità indubbie di leadership. Mattarella avrà il merito storico di avere fatto la mossa giusta al momento giusto, calando l’asso. Di questo dovremo essergli grati. ()

Estratto dal capitolo “Conclusioni” del libro “Mario Draghi Il ritorno del Cavaliere bianco”
di Roberto Napoletano,

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