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Gli scontri di Roma tra No pass e Polizia

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È importante che si consolidi l’Italia che cambia e rinasce. Perché l’Italia che ritorna nel suo caos decisionale e dentro strategie della tensione vere o presunte torna ad essere il vantaggio per chi a livello europeo ha sempre giocato proprio sul caos dell’Italia per bloccare l’Europa federale. Se l’Italia torna nel caos polacchi, austriaci, ungheresi, oltre a tirare su muri, possono fare lo sgambetto all’Italia sul piano nazionale di ripresa e di resilienza. Possono inventarsi qualsiasi tipo di contenzioso. Possono fare male. Per questo la compattezza dietro il governo Draghi deve esprimere la coscienza comune del Paese e bisogna uscire dalle ambiguità e dagli atteggiamenti movimentisti e populisti, oltre che dagli interessi di partito che prevalgono sempre e comunque sull’interesse generale

È interesse di troppi in casa e fuori dimostrare che l’Italia non è affidabile. Proprio per questo ciò che è accaduto sabato a Roma non deve più avvenire. Proprio per questo serve una risposta forte contro ogni sussulto di neofascismo e contro chi ha dato perfino organizzazione politica a una macchina di reati.

Per questo abbiamo chiesto con forza di stanare chi soffia sul fuoco perché dobbiamo individuare tutti i registi, anche quelli di dietro, molto di dietro, che muovono le fila di un processo che punta a disgregare i risultati indubbi di una campagna di vaccinazione che ha funzionato così bene da consentire la riapertura dell’economia e una crescita di rimbalzo con tassi da miracolo economico.

La sensazione è che bisogna arrivare alla testa della catena di comando altrimenti non se ne esce. Sapendo in partenza che si tratta di più teste, di più ambienti, di più interessi e che bisogna agire fuori da semplicismi che si potrebbero rivelare pericolosi quanto lo è stato fino a oggi sottovalutare segnali e indizi di un movimentismo che si attrezzava per fare quello che ha fatto.

Perché una cosa è sicura: è nostro interesse prioritario che il cambiamento messo in campo dal governo di unità nazionale, guidato da Draghi, non si fermi e che il credito internazionale acquisito in questi mesi si consolidi.  Perché se questo meccanismo virtuoso si interrompe ci attende il circolo infernale dentro il quale si perdono i soldi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e, quindi, salta tutto.

Abbiamo la catastrofe. Chi gioca con il fuoco in questi giorni ha sbagliato i calcoli. Perché non brucia il suo avversario, ma brucia se stesso. Perché un Paese ritornato inaffidabile diventa immediatamente bersaglio in Europa e in Italia di chi non vuole che nasca l’Europa della coesione sociale e di chi in Italia non molla le sue rendite personali legate a un sistema che vive di caos e fabbrica debito.

Questo circuito infernale va stroncato sul nascere perché conduce al solo risultato che l’Europa si riprenda i nostri soldi prima ancora che saremo riusciti a dimostrare di essere diventati finalmente capaci di spenderli. Rischiamo di dare forza a chi vive di confusione in Europa, come dimostra il caso Polonia e l’atteggiamento dei Paesi frugali in genere, e in Italia, come appare chiaro dal fuoco di resistenza sotterraneo a 360 gradi che il governo Draghi incontra sulla strada di una nuova pubblica amministrazione e di un recupero di efficienza e di trasparenza della macchina pubblica degli investimenti. Procediamo con ordine.  

In Europa siamo arrivati al dunque.

L’Europa oggettivamente viveva di due cose. La prima era la presenza della Merkel e oggi le difficoltà tedesche mettono in evidenza le fragilità di un’Europa confederale che è stata la scelta della cancelliera. L’Europa ha avuto un momento Kohl-Mitterrand che cercava di raggiungere sempre il massimo possibile. Questo era il loro obiettivo e la loro azione ha portato a cose comuni che funzionavano. Poi ha avuto un momento Merkel di mediazione al ribasso dove impera la divisione con quelli del Nord che controllano la non spesa del Sud. Al punto che anche quando si decide insieme di fare grandi operazioni come il Next Generation Eu con debito comune resta la regola di mediazione tedesca dove tutti controllano tutti. Un’Europa che sceglie la via comune della ricerca non c’è ancora. Non c’è un grosso polo europeo della tecnologia che sia comune come fu con Airbus dove più Paesi facevano insieme il vettore europeo. No, qui siamo sempre alla ripartizione dei fondi europei per la ricerca e, quindi, restano le ricerche nazionali dei singoli Paesi. Non scatta il grande progetto di ricerca comune.

Diciamo che la Merkel anche con la sua mediazione al ribasso, in una fase di grandi crisi internazionali, ha dimostrato qualità di statista tenendo comunque insieme l’impalcatura dell’Europa federale comune. Ha dovuto giocare quasi sempre in difesa, ma lo ha fatto. Ora, però, che c’è un suo appannamento scatta la seconda cosa rilevante che porta al dunque. In sua assenza la Von der Leyen non riesce a imporre una presenza dinamica ai paesi dell’est che a loro volta rigiocano la partita dei muri e addirittura quella della supremazia dei trattati con la Polonia.

Una partita che non vale perché la gerarchia delle fonti non può essere messa in discussione, ma che riemerge dopo l’offensiva della corte costituzionale tedesca, alimenta le due piazze polacche, addensa di nubi il cielo europeo.

Perché i paesi dell’est si fanno sentire adesso? Perché si agitano? Perché approfittano di un vuoto di potere europeo che, indipendentemente dai ruoli, potrà coprire solo Draghi che sconta però anni e anni di diffidenza nei confronti dell’Italia. Ecco perché è importante che si consolidi l’Italia che cambia e rinasce. Perché l’Italia che ritorna nel suo caos decisionale e dentro strategie della tensione vere o presunte torna ad essere il vantaggio per chi a livello europeo ha sempre giocato proprio sul caos dell’Italia per bloccare l’Europa federale e fare l’Europa delle nazioni che assicura loro aiuti robusti e preserva i loro interessi nazionalisti.

Una Italia forte che dimostra che puoi essere un vero leader europeo fa piacere ad alcuni ma non fa paciere a molti tra i nemici ma anche tra gli amici. Le sovranità sono state cedute e nessuno se le può riprendere. Si può fare come ha fatto l’Inghilterra con la Brexit e ne pagano le conseguenze esattamente come le stanno pagando oggi gli inglesi. Però se l’Italia torna nel caos polacchi austriaci, ungheresi, oltre a tirare su muri, possono fare lo sgambetto all’Italia sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Possono inventarsi qualsiasi tipo di contenzioso. Possono fare male. Per questo la compattezza dietro il governo Draghi deve esprimere la coscienza comune del Paese e bisogna uscire dalle ambiguità e dagli atteggiamenti movimentisti e populisti, oltre che da una cultura dell’interesse di partito che prevale sempre e comunque sull’interesse generale.

Questa è la grande partita italiana di questo autunno. Serve una legge di stabilità che puntelli la scelta meridionalista del Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Serve che le semplificazioni funzionino e che la macchina pubblica degli investimenti dimostri di essere partita. Serve che i nuovi reclutamenti avvengano quasi tutti negli enti locali del Sud e che dal centro la Cassa depositi e prestiti svolga un ruolo strategico di assistenza operativa nella progettazione e nella esecuzione. Per fare tutto ciò deve cambiare il dibattito della pubblica opinione e bisogna che i signori dello share se ne facciano una ragione perché la qualità del dibattito è troppo importante per la qualità della rinascita.

Perché tutte le incrostazioni di potere burocratico a partire da quelle dei servizi segreti saltino una volta per tutte. Lì dentro ci sono persone che non hanno costruito un nido ma venti palazzi e non manca chi arriva a sostenere che dietro lo squadrismo dei Fiore e dei suoi seguaci tutti pluricondannati ci sia anche la manina di pezzi deviati dei servizi che li hanno sempre protetti e che non vogliono che l’Italia esca dalla palude del caos. Se si vuole andare avanti con il Pnrr non si potrà fare altro che continuare a sbattere fuori questa gente. Che non vuole essere indebolita perché ha impropri interessi da difendere. Meloni e Salvini si sono autointrappolati e rischiano di rimanere con il cerino in mano perché si ritrovano addosso patenti che avrebbero potuto facilmente scrollarsi di dosso evitando ambiguità e tenendo la barra dritta sull’interesse generale.

Non abbiamo altre strade che dare forza al governo di unità nazionale vivendo convintamente lo spirito della Ricostruzione Nazionale. In questo senso va letta la visita di Draghi alla Cgil e l’abbraccio con Landini. In questo senso va letta l’accelerazione del nuovo patto per la crescita concepito prima e da attuare oggi. Perché la risposta al disagio sociale toglie l’acqua dove nuotano e si moltiplicano i pesci che non vogliono uscire dall’acquario del caos italiano.


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