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Sergio Mattarella e Mario Draghi

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Se Draghi non viene prima “chiamato” e poi eletto alla Presidenza della Repubblica i partiti giocoforza se ne sbarazzerebbero perché per rimanere lì a Palazzo Chigi lui dovrebbe mettersi in una coalizione – centrodestra o centrosinistra che sia – ma se accetta di mettersi in una coalizione in quel momento stesso il governo di unità nazionale va a rotoli. Non è più tempo di giochi e giochetti. Anche perché gli italiani hanno già scelto. Sanno di chi fidarsi e vogliono che possa oggi governare in pace e domani guidare il Paese dal Colle più alto. Sono tornati ad avere fiducia e non vogliono che partiti e partitini continuino a giocare con il fuoco. A spese loro

Non contate su di me per mettere a posto le vostre stupidaggini. Sergio Mattarella ha capito chiaramente che il gioco dei partiti è obbligarlo a rimanere lì per avere il tempo giusto per sistemare i loro giochetti non per completare la Ricostruzione Nazionale e, quindi, non perde occasione per fare capire come la pensa. Per fare intendere anche a chi non vuole sentire che cosa serve davvero al Paese e che cosa bisogna fare. Mattarella ha guadagnato sul campo l’Olimpo dei grandi Capi di Stato italiani che sono quelli che entrano nella storia non solo perché sono stati eletti Presidenti della Repubblica, ma soprattutto per quello che hanno dimostrato di sapere fare dal gradino più alto. Ragiona e agisce da uomo delle istituzioni che ha messo in salvo il Paese nel nuovo ’29 mondiale con il governo di unità nazionale e si è assunto la responsabilità di giocare la carta estrema Draghi per la quale gli italiani dovranno essergli grati a lungo.

Questo tempo che qualcuno vorrebbe comprare sarebbe un tempo sprecato che andrebbe a detrimento del Paese e di ciò che è realmente in gioco e che non può essere essere oggetto di nuovi compromessi. Bisogna fare le cose. Ne sono già state fatte di assoluto valore come la campagna di vaccinazione che è stata un successo e la riapertura in sicurezza dell’economia con un modello che fa scuola nel mondo e ha consentito all’Italia dopo decenni di avere tassi di crescita da miracolo economico. Si è fatta la riforma della giustizia penale che non è mai stata nulla più di un accidioso dibattito e si è recuperata credibilità per l’Italia e per gli italiani nel mondo. Ora, però, occorre proseguire con ancora maggiore fermezza di rotta e collaborazione reciproca. Perché bisogna attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Perché bisogna mettere ordine nei diversi livelli dello Stato e fare finalmente funzionare la macchina degli investimenti pubblici. Perché bisogna accelerare sulla strada intrapresa con intelligenza e determinazione di riforma della pubblica amministrazione centrale e territoriale.

Siccome bisogna fare tutto questo e molto altro ancora non vi concedo, cari partiti, altri due anni per continuare a fare giochi e giochetti invece di assumervi le vostre responsabilità e di fare le cose. Questo è il senso profondo del messaggio di Mattarella o almeno così noi lo interpretiamo. D’altro canto prima di lui Napolitano ha fatto il sacrifico per quegli stessi partiti e ha mostrato a tutti che non è servito a niente. Anche perché nessuno dei partiti che aveva chiesto a Napolitano di togliere le castagne dal fuoco ha impiegato i due anni per mettersi d’accordo come avevano promesso, sono invece rimasti lì a fare a cornate più di prima.

Alle insulsaggini di scenari quirinalizi di queste settimane si aggiunge un’altra specie di comma ventidue sempre dei partiti che ripetono come un mantra che per fare andare avanti il Paese Draghi deve rimanere a lungo a Palazzo Chigi. Lo dicono e ripetono, ma ben sapendo loro che non ci resterà perché nel 2023 o anche prima lo faranno fuori. Con questo tipo di ragionamenti siamo al limite del grottesco.

Se Draghi non viene prima “chiamato” e poi eletto alla Presidenza della Repubblica i partiti giocoforza se ne sbarazzerebbero perché per rimanere lì a Palazzo Chigi lui dovrebbe mettersi in una coalizione – centrodestra o centrosinistra che sia – ma se accetta di mettersi in una coalizione in quel momento stesso il governo di unità nazionale va a rotoli e la politica si vedrebbe costretta a rinunciare alle sue legittime ambizioni del dopo unità nazionale. Viceversa se per una volta uscissimo dalla tattica degli interessi di bottega e seguissimo il ragionamento della responsabilità, del molto di buono già fatto e del molto di buono ancora da fare, arriveremmo a ben altre conclusioni. Se crediamo non a parole in quello che ha fatto e che ancora può fare il governo di unità nazionale per la Nuova Ricostruzione allora è evidente che il candidato naturale a tenere insieme il Paese a lungo per i prossimi anni dal Colle più alto è proprio quel capo di governo che è espressione di quella unità nazionale e che ha in parte deciso e in parte impostato un cammino di riforme e di rinascita di cui il nuovo Capo dello Stato sarà guida in casa e garante in Europa per sette anni come è giusto che sia.

Sono tutti nel pallone i partiti e non manca neppure tra di loro chi vuole che Draghi si pronunci o addirittura si candidi al Quirinale. Per questo genere di posizione non ci si propone e tanto meno si può rifiutarla. Ancora meno può farlo il soggetto che il sentimento comune per mille motivi accredita di più perché nessuno si può auto-candidare. Chiedere a Draghi di farlo è chiedergli provocatoriamente di fare l’impossibile. Perché significherebbe fare addirittura saltare subito il governo di unità nazionale e, forse, ancora di più per una personalità come è quella di Draghi, perché questo comportamento è contro le regole. I partiti farebbero bene a fare tutto ciò che devono fare per mettere in sicurezza la ricostruzione nazionale e a rendersi conto che se si comportano così come stanno facendo mandano al diavolo il Paese. Non è più tempo di giochi e giochetti. Anche perché gli italiani hanno già scelto. Sanno di chi fidarsi e vogliono che possa oggi governare in pace e domani guidare il Paese dal Colle più alto. Sono tornati ad avere fiducia e non vogliono che partiti e partitini continuino a giocare con il fuoco. A spese loro.


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