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Mario Draghi, nel 1999, con l'allora ministro del Tesoro Giuliano Amato al convegno "Gli effetti a lungo termine dell'Unione Monetaria Europea" (Foto Ansa)

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Abbiamo un orizzonte per mettere a posto il Paese e consolidare credibilità e stabilità politica. A livello europeo ci garantiscono il tempo necessario per fare le cose avendo due vincoli. Il primo è sistemare e rilanciare il Paese con un debito sotto controllo. Il secondo è vincere la sfida internazionale delle nuove regole in sede europea. Draghi è centrale in questo quadro complesso come garante della affidabilità internazionale dal Quirinale o da Palazzo Chigi. La scelta del Colle più alto di Draghi offre il massimo di garanzia in questo passaggio cruciale e regala alla politica l’ambizione di fare una scelta di governo che ne dimostri leadership e maturità. Se ostinatamente i partiti vogliono mantenere Draghi a Palazzo Chigi devono dargli un mandato pubblico, pieno e di lungo termine e devono sapere che per il Quirinale esiste una sola personalità in grado di condividere questo itinerario di rinascita dell’Italia con Draghi. Si chiama Giuliano Amato. Se i partiti pensano di votare l’amico loro per esercitare le loro influenze nei prossimi sette anni senza pensare ai vincoli strutturali italiani, siamo finiti

Lo spread sale un po’ su mercati totalmente illiquidi con scambi ridottissimi, ma va dalla parte sbagliata e comincia ad apprezzare il rischio politico legato al destino di Draghi. L’inflazione può essere ancora temporanea, ma la mano sul fuoco ora non ce la può mettere più nessuno. Le misure di politica monetaria della Banca centrale europea sono abbastanza positive con un prolungamento ragionevole degli acquisti, ma bisogna piano piano tornare a ragionare pensando ai tempi che verranno della normalizzazione.

In termini di fattori geopolitici resta l’incognita che a gennaio la Russia aggredisca l’Ucraina e se ciò malauguratamente accadesse avremmo ancora meno gas. Anche se gli americani stanno mandando le loro navi cisterne dirette all’Asia in Europa perché vogliono che non ci siano cedimenti europei nel rapporto con la Russia di Putin e il prezzo del gas è sceso un po’ tornando ai livelli di novembre.

La mazzata del caro bolletta per famiglie e imprese è comunque certa, la finanza specula alla grande, nessuno a livello europeo interviene seriamente e, purtroppo, tocca alla Commissione europea a tinte verdi, non a altri. A metà gennaio avremo il picco dei contagi dell’economia e si aprirà una nuova partita per lo scostamento di bilancio e i ristori che ripaghino le aziende di trasporto e turistiche del danno che hanno già avuto con la quarta ondata che è quella di Omicron. Ovviamente tutto ciò avviene quando le fibrillazioni quirinalizie raggiungeranno il loro massimo.

Il vero problema di Draghi è che ha fatto molto bene rispetto alla situazione che avevamo. Che non era solo quella di un Paese da venti anni con crescita zero, grande malato d’Europa. Perché il quadro era così sfilacciato e la politica del rumore così rumorosa da fare temere che la pandemia avrebbe travolto tutti e che anche la mano tesa dell’Europa con i primi eurobond della sua storia non avrebbe potuto fare molto per noi.

Oggi anche l’Italia si presenta come un Paese normale rispettato a livello internazionale e questo è merito del governo Draghi. Un risultato straordinario che è la migliore arma nelle mani dei capi di partito che temono sette anni di sua presidenza della Repubblica per dire e ripetere che proprio questo risultato lo vincola a rimanere a Palazzo Chigi. Perché non c’è nessun altro, aggiungono, che può domare i leoni di cartapesta della politica italiana che poi sono loro stessi. Sublimi ipocrisie della politica italiana per mascherare la paura reale di dovere fare i conti con un garante in casa e fuori della normalità italiana ritrovata che è incompatibile con i giochetti della politica politicante e la demagogia anti-casta che ha rovinato questo Paese.

Al posto di manovrare sottobanco da mattina a sera la classe politica dovrebbe mostrare con i fatti di impegnarsi per fare dell’Italia un Paese capace di spendere. L’economia è cresciuta (minimo +6,2%) ma anche rimbalzata con spinta fiscale e monetaria anche se di sicuro senza la nuova guida saremmo riusciti a non crescere anche con questa spinta. Ora, però, bisogna capitalizzare la crescita strutturale degli investimenti privati (edilizia e manifattura) con quelli pubblici della messa a terra del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e bisogna gestire una situazione che non è in discesa perché occorre recuperare sul lungo termine capacità politica, economica e, prima di tutto, amministrativa.

Bisogna che si prenda almeno consapevolezza che a fronte di una pioggia di fondi europei che dobbiamo dimostrare di sapere investire altrimenti neppure li avremo, è un fatto che i titoli comprati dalle banche centrali rimangono nelle casse delle banche centrali e che la Bce reinveste tramite la Banca d’Italia fino al 2024 continuando a comprare titoli attraverso il vecchio programma di Draghi per una quantità che è pressoché la metà degli acquisti da pandemia oscillanti mensilmente da 60 a 80 miliardi.

Se non succederà nulla è perché i titoli comprati in questi anni dalla Bce e che non rinnoverà vanno comunque in scadenza tra tre o quattro anni. Questo vuol dire che siamo parzialmente coperti appunto per altri tre o quattro anni e che il debito pubblico vero italiano è il 110% del prodotto interno lordo (Pil), non il 155% perché un 30% del totale è nel bilancio della Banca d’Italia. Questo vuol dire che non abbiamo davanti un periodo così lungo con pressioni più basse sull’offerta dei nostri titoli pubblici. Questi anni sono tanti perché ce lo consentono e sono pochi perché potremmo arrivare alla fine senza nemmeno accorgercene.

Lo sforzo di mettere a posto un Paese con un debito così alto lo puoi fare solo facendo riforme, facendo la crescita, facendo posti di lavoro e se, nel frattempo, rivedremo all’opera l’allegra brigata dei Borghi e dei Bagnai e dei Paragone e dei Di Battista impegnata a destabilizzare, allora basta, come Paese abbiamo chiuso e dobbiamo portare il libri in tribunale.

Diciamo che abbiamo un orizzonte per mettere a posto il Paese, attuare un disegno unitario di sviluppo e consolidare credibilità, stabilità politica, monetaria e fiscale. A livello europeo ci garantiscono il tempo necessario per fare le cose, prima di tutto attuare bene il Pnrr, e ogni discorso fatto al di fuori di questo vincolo è un discorso della vecchia politica che non serve a nulla.

I conti di chi dice “vado al potere”, “metto questo o quello al Quirinale”, non si possono più fare. Perché ci sono state due crisi mondiali, finanziaria/debiti sovrani e pandemica da covid che hanno avuto conseguenze terribili per i Paesi più fragili come l’Italia. La seconda è stata gestita meglio ma è una crisi ancora più potente perché globale, non è una passeggiata di salute. Alla politica italiana serve acquisire questa consapevolezza piena e individuare leadership politiche del fare. Devono diventare in questa fase il partito unico della stabilità anche se con le inevitabili/sacrosante differenti sensibilità.

Il partito unico che ha tre priorità assolute da conseguire:

  1. finire di gestire l’emergenza;
  2. mantenere una centralità in Europa in una fase in cui dovremo ridiscutere il patto di stabilità e di crescita con un cancelliere tedesco Scholtz che ha voglia di condividere la gestione delle riforme a livello europeo;
  3. rilanciare il Paese facendo le riforme di struttura e facendo partire la macchina per gli investimenti.

Draghi è centrale in questo quadro complesso come garante della affidabilità internazionale dal Quirinale o da Palazzo Chigi. A nostro avviso la scelta del colle più alto di Draghi – l’uomo che ha salvato l’euro e gode di una reputazione globale che ha già trasferito sull’Italia superando in casa una prova difficile – offre il massimo di garanzia per l’interno e per l’esterno del nostro Paese in questo passaggio cruciale e regala alla politica l’ambizione di fare una scelta di governo che ne dimostri leadership e maturità. Farebbe molto bene al Paese.

Se ostinatamente i partiti vogliono mantenere Draghi a Palazzo Chigi devono dargli un mandato pubblico, pieno e di lungo termine con tanto di investitura e devono sapere che per il Quirinale esiste una sola personalità in grado di condividere questo itinerario di rinascita dell’Italia con Draghi. Si chiama Giuliano Amato. Perché ha salvato l’Italia in un momento difficile, nella prima grande crisi del Paese, e ha guidato due volte il governo della Repubblica. Perché ha svolto bene tutti i ruoli possibili e immaginabili. Perché è costituzionalista e conosce la macchina pubblica italiana. Perché ha uno standard internazionale riconosciuto non solo perché è stato il vicepresidente di Giscard d’Estaing della convenzione europea che aveva il mandato di riscrivere la costituzione europea che fu una fuga in avanti e si scontrò con i no sovrani e perché ha frequentato tutti i circoli internazionali.

La politica pensi a inventarsi nei prossimi due anni una classe di governo e cominci a guardare un po’ in avanti e a pensare chi può rappresentare l’Italia in Europa con autorevolezza e conoscenza. Se decide, come sarebbe giusto, di eleggere subito Draghi al Quirinale si deve porre lo stesso problema ancora più in fretta. Anche dopo le elezioni politiche potrebbe servire un governo di unità nazionale perché se Berlusconi non va al Quirinale sfascia il centrodestra, si rifà uno schieramento di centro e non emergerà dal voto una coalizione coesa che possa governare da sola.

Diciamo la verità. In questi dieci mesi Draghi ha dimostrato l’importanza della dimensione internazionale e del rispetto per l’Italia. La riforma delle regole europee è fondamentale perché se facciamo un’Europa federale compiuta e se si accetta che in una situazione di stress interviene lo stato europeo come si fa oggi in Italia con le regioni, allora per paesi a alto debito come l’Italia cambia tutto. Questa partita si gioca nei prossimi 24 mesi e serve una riforma del trattato del parlamento con una coda di nuova legislazione. Serve un capo di governo con la dimensione internazionale di Draghi e libero dagli umori dei partiti. Se i partiti pensano di fare l’amico loro al Quirinale per esercitare le loro influenze nei prossimi sette anni senza pensare ai due vincoli strutturali italiani, siamo finiti.

Chi rappresenterà il Paese e ne sarà garante non dovrà dimenticare nemmeno un giorno che il primo vincolo è sistemare il paese con un debito finalmente sotto controllo e il secondo è vincere la sfida internazionale delle nuove regole in sede europea e quella climatica in sede mondiale. La persona più capace per gestire questa a partita è Mario Draghi. Decidono loro, i partiti, chi è che può garantire meglio di tutti questo contributo all’Italia e in quale casella, ma sia un impegno pubblico e di lungo termine. Se non facessero ciò puntando a riaffermare solo il loro potere, ne pagherebbero le conseguenze. Soprattutto i leader politici più giovani sbaglierebbero e darebbero un’impressione di miopia imperdonabile. Mettetevi una mano sulla coscienza. Perché Mario Draghi non è indispensabile, ma molto utile sì. Mettetevi una mano sulla coscienza. Anzi due.


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