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I leader occidentali a Versailles

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La dichiarazione di Versailles ci dice in sostanza che a tutti i Paesi dell’Europa, nessuno escluso, serve un Next Generation Eu all’anno per almeno un decennio. Nemmeno la Germania può farcela da sola. Lo scenario di guerra ci dice che possiamo continuare a crescere ma solo dentro l’Europa con un’entità di investimenti europei. Ecco perché noi dobbiamo fare un salto in avanti riformista interno e uno ancora più lungo nella interazione europea. Dobbiamo smetterla di lamentarci dopo quando prima passiamo il tempo a fare propaganda interna. Dobbiamo avere una classe politica italiana di livello europeo perché è da lì che passa lo sviluppo. Il rischio più grosso per l’Italia è che noi possiamo ritornare ai margini del dibattito in Europa. Perché non basta prendere i soldi europei per cambiare l’Italia se non contiamo in Europa e non li sappiamo spendere in casa. Se la politica lo capisce e se l’elettorato lo capisce, noi avremo una nuova classe politica italiana europea. Altrimenti Draghi non basterà

Non si è ancora capito bene quanto la nuova situazione sia complicata. Quanto i risvolti della guerra, dopo pandemia e nuovo ’29 mondiale, cambiano tutti gli scenari. Cambiano la globalizzazione, cambiano le catene del valore, cambiano il concetto stesso di efficienza economica. Non vai più a produrre dove è più basso il costo, ma dove è più sicuro produrre anche se costa di più. La storia del mondo gioca nettamente a favore del Sud d’Italia, dell’Africa, e dei Sud della terra perché diventano il centro naturale per l’outsourcing. Perché il problema dei problemi è l’energia solare, perché il mondo fa i conti con la guerra delle materie prime, perché la convenienza e i vantaggi di tipo geografico, geopolitico, portuale avvantaggiano il Sud d’Italia come unica soluzione possibile del problema europeo prima che italiano. Perché l’economia del Paese sta rallentando (primo e secondo trimestre) pur con vitalità da non sottovalutare. Perché anche il terzo trimestre europeo sarà negativo. L’Italia come l’Europa cammina sul filo del rasoio tra riduzione della ripresa e recessione, con uno scenario di guerra lunga che si muove sul filo ancora più stretto tra recessione tecnica e recessione profonda.

Il problema politico interno italiano è costituito dal guado che separa la consapevolezza della gravità dei problemi di lungo termine che abbiamo davanti e il giochino degli scostamenti che misura il tasso insuperato di propaganda a fronte di comportamenti omissivi nell’attuazione degli impegni assunti con il Pnrr proprio in quei ministeri e in quei comuni nelle mani delle forze politiche più demagogiche, con eccezioni davvero inaspettate come il sindaco di Milano, che mettono l’inutile presente assistenzialista davanti al difficilissimo futuro da costruire e che questo governo sta già costruendo.

Nella bella intervista rilasciata dal presidente del consiglio, Mario Draghi, al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, ci sono i capisaldi strategici di quell’impegno riformista interno che dovrà concretizzarsi nelle prossime settimane e di quel disegno di lungo respiro che dà ai partiti un futuro vero. Tanto più vero quanto più colgono e fanno proprie le sfide delle riforme di struttura (codice degli appalti, fisco, giustizia, concorrenza, pubblica amministrazione) che servono all’Italia prima ancora che all’Europa. Questa è la partita della politica in casa, non ne esistono altre. Quella più ambiziosa, però, si gioca in Europa e al tavolo delle decisioni non c’è posto per l’Italia se prima non vince la sua partita in casa.

Questa volta la crisi pandemica ha dato una spinta verso il meglio all’Europa. È diventato chiaro a tutti che per non rimanere ai margini dello sviluppo mondiale ci deve essere una spinta per le riforme di autonomia energetica, di investimenti comuni, di spesa militare comune, di politica estera e di bilancio europee. La dichiarazione di Versailles, sottovalutata da tutti gli analisti, ci dice che all’Europa, a tutti i Paesi europei nessuno escluso, serve un Next Generation Eu (NGEU) all’anno per almeno un decennio. Nemmeno la Germania che è grande, che ha una grande economia, che ha poco debito, può farcela da sola.

Anche alla Germania serve la grande finanza e ne ha tutta la convenienza perché si continua a finanziare meglio degli altri se rimaniamo insieme. Perché se siamo tutti dentro la stessa area con un cambio fisso e con titoli sovrani nazionali diversi la Germania ha un avanzo grazie al fatto che hanno bloccato il cambio. Altrimenti questo avanzo non lo avrebbe.

Questo finalmente i tedeschi lo hanno capito e hanno anche capito che questo tesoro se lo devono tenere stretto. Lo hanno davvero capito e la conferma si è avuta proprio con la pandemia perché se fossero andati un’altra volta avanti con i “carri armati finanziari” come con la Grecia, con poche isolate voci di dissenso e una sola di dissenso operativo che salvò il salvabile e che fu quella di Draghi, allora sarebbe stata la rovina. Invece no. Hanno capito che non è una carità che fanno a qualcuno ma una cosa che conviene a tutti, anche a loro. Ecco perché noi dobbiamo fare un salto in avanti riformista interno e uno ancora più lungo nella interazione europea. Perché è lì che dobbiamo salvarci. Dobbiamo smetterla di lamentarci dopo quando prima passiamo il tempo a fare propaganda interna. Dobbiamo avere una classe politica italiana di livello europeo perché è da lì che passa lo sviluppo.

La dichiarazione di Versailles e lo scenario di guerra ci dicono che possiamo continuare a crescere ma solo dentro l’Europa con un’entità di investimenti europei. Nemmeno i tedeschi pensano più di fare da soli, lo ripetiamo, perché c’è una esigenza di agire a livello europeo. Hanno finalmente capito che venti anni fa non ci hanno fatto la carità facendoci entrare nella convergenza monetaria. Il rischio più grosso per l’Italia è che noi possiamo ritornare ai margini del dibattito in Europa. Perché non basta prendere i soldi europei per cambiare l’Italia se non contiamo in Europa e non li sappiamo spendere in casa. La grande crisi finanziaria ce la siamo fatta con l’autarchia politica e abbiamo distrutto l’economia, invece l’Europa con la pandemia ha operato in modo diverso e le cose sono andate diversamente. Questo è un dato di fatto.

Con la guerra per trarre vantaggio, noi dobbiamo essere parte dell’Europa che è sempre più al centro del nuovo processo, altrimenti vincono i francesi e i tedeschi che sono più furbi di noi e più capaci di integrarsi. Abbiamo con Mario Draghi il capo di governo europeo che dà a tutti i Paesi europei la soluzione per adottare misure efficaci di sanzioni nei confronti della Russia di Putin e che gode di una reputazione mondiale che nessuna bega interna italiana riesce a scalfire. Sfruttiamo questa carta a 360 gradi dall’Europa agli Stati Uniti fino all’Africa come già sta avvenendo se almeno i partiti lo capissero e lo rivendicassero. Il rischio assoluto che non ci possiamo permettere di correre è che di fronte a un’Europa che si muove, noi rimaniamo fermi.

Quella in corso davvero è una guerra per le materie prime, poi cominceremo a combattere per l’acqua, non possiamo escludere che la Cina prima o poi invaderà Taiwan e diventerà la nuova Russia. Non possiamo decifrare quanto della domanda e dell’offerta mondiali cambieranno, dove e come cambieranno. Dobbiamo assolutamente capire che l’approccio della politica italiana deve cambiare. Se rimaniamo indietro adesso, non recuperiamo più perché stanno cambiando le politiche monetarie europee e indicano i campi su cui si dovrà agire in quanto tutto (proprio tutto) nell’ordine mondiale sta cambiando e c’è un mutamento radicale in atto di un nuovo potenziale motore di sviluppo. L’importante è almeno già capirlo, se la politica lo capisce e se l’elettorato lo capisce, noi avremo una nuova classe politica italiana europea. Altrimenti Draghi non basterà.


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