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Mario Draghi, qui con Maurizio Landini (Cgil), durante l'incontro di oggi a Roma coi sindacati

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C’è chi come Salvini dice “farò la Flat tax” o chi come Berlusconi dice “darò mille euro al mese di pensione alle mamme” e c’è invece chi, come Draghi, non dice “farò” ma mette soldi in più in busta paga alle fasce di reddito più deboli non una tantum ma come decontribuzione strutturale con dentro precari e stagionali e fa l’indicizzazione per la rivalutazione delle pensioni più basse che è sostegno sano a chi soffre di più. Oggi, non domani, senza fare debito e grazie alla crescita realizzata. Contro queste scelte che perfino Landini-Melenchon approva, il capo dei cinque stelle, Conte, ha fatto cadere il governo, ledendo il rapporto di lealtà con i suoi elettori. La sostanza che giorno dopo giorno emerge sempre di più è che Draghi fa, mentre gli altri promettono la luna. La gente non è cieca e queste decisioni economiche e sociali possono cambiare il trend elettorale e, forse, addirittura il risultato finale.

LA VERA agenda sociale è quella che Draghi ha realizzato nei fatti. Gli altri hanno fatto chiacchiere. Questa è una differenza fondamentale e la gente che non è cieca se ne sta accorgendo. Dobbiamo cambiare, hanno urlato capi e capetti del populismo italiano politico e sindacale, perché Draghi non fa l’agenda sociale. La verità incontrovertibile dei fatti è che Draghi non solo la stava già facendo, non solo aveva fatto il miracolo economico di una crescita in controtendenza che libera un bel 0,8% di prodotto interno lordo per dare a chi ha meno 14,3 miliardi senza indebitarsi, ma questa agenda sociale continua a farla nonostante il sistema malato dei partiti e i suoi reggitori lo abbiano fatto saltare riducendo se stessi agli occhi delle persone come dei puri demagoghi.

Il punto è che la gente comincia a cogliere che c’è chi come Salvini dice “farò la Flat tax” o chi come Berlusconi dice “darò mille euro al mese di pensione alle mamme” e c’è invece chi, come Draghi, non dice “farò” ma mette soldi in più in busta paga alle fasce di reddito più deboli non una tantum ma come decontribuzione strutturale con dentro precari e stagionali. Contro quest’uomo e contro queste scelte il capo dei Cinque stelle, Giuseppe Conte, ha fatto cadere il governo di unità nazionale guidato da Draghi, sfidando il senso del ridicolo e stracciando il rapporto di lealtà con i suoi elettori.

C’è chi dice “noi faremo il condono” anche se lo chiama pace fiscale, ma Draghi fa oggi l’indicizzazione per la rivalutazione delle pensioni che non è la scala mobile della distruzione di valore ma sostegno sano a chi soffre di più. Oggi, non domani. Come lo sono la proroga degli aiuti per le famiglie e il taglio delle accise contro il caro benzina e contro una bolletta del gas che vola sopra i 200 euro a megawattora rinchiusi come siamo nella gabbia del ricatto putiniano e della finanza olandese oltre che di una debolezza decisionale europea. Che non ha, ad esempio, il coraggio di fissare un tetto al prezzo massimo come vuole il leader europeo che guarda più avanti di tutti e risponde al nome di Mario Draghi.

La sostanza che giorno dopo giorno sta emergendo sempre di più è che Draghi fa e gli altri promettono la luna. Siamo bombardati da promesse di cose non realizzabili, pietanze di ogni tipo e valore, ma Draghi ti dà il formaggio che serve oggi per scongiurare la fame di autunno. Ci permettiamo di segnalare ai numerosi retroscenisti della cronaca politica italiana che mentre tutti inseguono vertici di centrodestra o di campi larghi e stretti della sinistra, in balia di sondaggi e di premiership vere o presunte, c’è chi sta cambiando  con le sue decisioni economiche e sociali il trend elettorale e, forse, addirittura il risultato finale.

A differenza dei partiti e del rumore mediatico che li accompagna, i sindacalisti  se ne sono accorti e plaudono al nuovo decreto aiuti in arrivo. Perfino il Melenchon italiano che guida pro tempore la Cgil, Maurizio Landini, dopo avere dato una bella botta alla caduta del governo Draghi, oggi plaude. Il segnale che viene dalla fiducia delle famiglie e delle imprese italiane di luglio per la prima volta in calo, con l’eccezione delle costruzioni e in misura infinitamente inferiore a quello che è accaduto in Germania e in Francia, dimostra in modo inequivoco che consumatori e ceto produttivo non hanno gradito la caduta di Draghi. Così come l’agenzia di rating Standard and Poor’s taglia l’outlook da positivo a stabile per l’Italia, ma lo fa sottolineando i rischi per le riforme legati alla crisi del governo Draghi e a quanto ciò possa incidere sulla fiducia e sulla crescita del Paese.

Tutto questo, e molto altro in arrivo, spingerà sempre di più a invocare il Grande timoniere, Mario Draghi. Perché lui, non altri, è stato l’uomo che ha tirato fuori  l’Italia dalla grande crisi globale e sempre lui, non altri, è colui che ha guidato l’Europa e il mondo occidentale nelle curve strette della grande crisi internazionale. La gente non è cieca, si guarda intorno, e tocca con mano che si è fatto un grande caos politico per niente. Se riuscirà a bucare il rumore assordante del nulla che accompagna il racconto politico, quella stessa gente prenderà coscienza che chi ha fatto il piccolo miracolo italiano è Draghi, non i partiti populisti che lo hanno buttato giù.

Se riuscirete a farvi largo tra i banconi della nebbia mediatica, scoprirete che è questo il dato politico che può cambiare la campagna elettorale. Tante volte è andata così. A partire dalla gioiosa macchina da guerra di Occhetto che avrebbe dovuto fare stravincere la sinistra ma andò a sbattere contro il muro di Berlusconi che ribaltò in due mesi il risultato. Per non parlare del ’48 dove tutti davano forti possibilità che la sinistra quanto meno pareggiasse e arrivò, invece, la stravittoria della Dc di De Gasperi e della Chiesa al seguito. Questo insegna la storia e faremmo bene a ricordarcelo.


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