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Il governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi

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Eccetto Fratoianni, Paragone, De Magistris e un altro po’ di frattaglie, sono tutti d’accordo con Draghi. Perché è sparita anche l’opposizione di destra. Perché tutti hanno finalmente capito la gravità della situazione energetica che è resa esponenziale dalla follia della campagna elettorale che incorpora il moltiplicatore micidiale del rischio politico. In questo momento la paura fa novanta ed è questo il motivo per cui scopriamo che tutti si sono allineati. Perché tutti quelli che ragionano un minimo si sono improvvisamente accorti che sono sull’orlo del burrone. I partiti riducano al minimo il danno derivante dell’indebolimento politico di Draghi sostenendolo a viso aperto e mandandolo in Europa ai prossimi vertici internazionali non come come quello che ha la valigia in mano ma come colui che è il punto di riferimento del Paese al di sopra di tutte le parti e di tutte le faziosità

Fa veramente un certo effetto rendersi conto che mentre l’Europa si avvia finalmente in modo serio a staccare il meccanismo di formazione del prezzo elettrico da quello del gas – uno dei due pallini fissi di Draghi, l’altro è un tetto europeo al prezzo di acquisto dalla Russia di Putin – i partiti in campagna elettorale che hanno colpevolmente indebolito il Draghi leader europeo, riprendono a fare rumore sulla bolletta da vendere come trofeo elettorale in casa, non in Europa. Perché la compensazione dei danni da guerra deve avvenire dal bilancio europeo non dal bilancio pubblico italiano che se fa uno scostamento rischia di avvitarsi in una spirale argentina. Quindi non risolvi un problema importante, ma in compenso ne crei uno nuovo gigantesco e non più risolvibile.

Ovviamente strombazzano senza distinguere tra settori energivori e piccole imprese che rischiano di chiudere realmente e bloccare l’economia di un intero Paese e una platea di operatori economici, soprattutto di commercio e turismo, che hanno vissuto a luglio e agosto la stagione migliore dal Dopoguerra a oggi con profitti stellari e si sono peraltro espressi con indici di fiducia che sono ai massimi livelli europei. Il problema è che i partiti hanno bisogno di avere qualcosa che impressioni l’elettorato e lo conduca a votarli. Poi l’elettore scoprirà di essere stato truffato, ma intanto ha votato e non si torna più indietro.

Questi sono gli effetti assurdi di un sistema elettorale che consente ai designati dell’oligarchia partitocratica di fare un po’ come fanno le banche con quelle clausole piccole piccole scritte nei loro contratti che ti fregano sempre. I partiti fanno la stessa cosa e se provi a lamentarti diranno che ti hanno salvato da quella bolletta e che non possono rispondere delle altre 25 e della catastrofe collegata perché quelle non dipendono da loro. Perché se fossero loro a potere decidere farebbero esattamente come è avvenuto con i due governi Conte dove sono stati assunti impegni pluriennali di spesa per centinaia di miliardi facendo di certo cose assolutamente doverose, ma anche molte altre di puro assistenzialismo che pregiudicano il futuro produttivo dei nostri figli. Diciamocela tutta. È davvero molto grave avere indebolito il profilo politico di Draghi in Europa dove i problemi si possono e si devono risolvere facendolo scendere dal livello dei pieni poteri a quello del disbrigo degli affari correnti.

Questo vale molto in Europa dove, però, le cose si stanno muovendo proprio nel solco tracciato anzitempo da Draghi se è vero, come è vero, che anche il cancelliere tedesco Scholz si è finalmente convinto che almeno il prezzo dell’elettricità da fonti rinnovabili deve essere staccato dal meccanismo con cui si determina quello del gas e la presidente della Commissione europea, Von der Leyen, si muove nella stessa direzione. Perché in questo caso il costo delle materie prime non è cambiato.

Piano piano si ritroverà maggiore compattezza anche sul fronte di un tetto massimo al prezzo del gas russo perché Putin ha un solo grande cliente, che è l’Europa, e può fare la voce grossa solo perché l’Europa è divisa. Diventa patetico questo agitarsi dei partiti che vogliono tutti fare vedere di avere in tasca la soluzione quando ha ragione Macron e l’Europa, come il mondo intero, è costretta a fare i conti con la fine della stagione dell’abbondanza. Stesso ragionamento sul piano interno perché i rigassificatori, a partire da Piombino, vanno fatti senza se e senza ma e anche in questo avere fatto cadere Draghi non aiuta perché il polso di chi guida sugli interessi vitali di una nazione ha il suo peso. Avrebbero avuto difficoltà Draghi e Franco nel pieno dei poteri ad affrontare settembre e il quarto trimestre dell’anno figuriamoci che cosa potrà essere questa prova per un nuovo team di governo che dovrà partire daccapo e che di sicuro è meno conosciuto in Europa.

La realtà dell’economia, però, è più forte dell’irrealtà pelosa dei partiti. Perché loro sono andati avanti con i sondaggi, ma l’economia manda a casa i sondaggisti e ordina ai partiti di fare oggi l’unità nazionale. Il campione delle due facce, Salvini, è costretto a seguire Calenda nel chiedere una tregua di unità nazionale per affrontare l’emergenza economica del Paese. Berlusconi lo segue a ruota mimetizzandosi come suo solito anche perché è quello che rischia di più visto che i suoi interessi economici rilevanti sono legati alle sorti di questo Paese. Conte continua a parlare di scostamenti e, quindi, a usare il linguaggio della irrealtà, ma chiede anche lui a Draghi di agire. Tutto questo avviene prima che si sia votato. Perché la verità è che serve ancora l’unità nazionale. Anzi, serve oggi più che mai l’unità nazionale. Serve più di quando è stata varata al punto che, di fatto, adesso perfino la Meloni che è all’opposizione è d’accordo.

Praticamente, eccetto Fratoianni, Paragone, De Magistris e un altro po’ di frattaglie, sono tutti d’accordo con Draghi. Perché è sparita anche l’opposizione di destra. Perché tutti hanno finalmente capito la gravità della situazione che è resa esponenziale dalla follia della campagna elettorale che incorpora il moltiplicatore micidiale del rischio politico. Quello che proprio non ci possiamo permettere perché apre la breccia che fa in modo che, a un certo punto, la speculazione internazionale si infili e produca guasti non più contenibili approfittando delle smargiassate della campagna elettorale e della follia del voto anticipato. In questo momento la paura fa novanta ed è questo il motivo per cui scopriamo che tutti si sono allineati. Perché tutti quelli che ragionano un minimo si sono improvvisamente accorti che sono sull’orlo del burrone. Allora, a questo punto, le cose da fare sono tre.

Prima cosa. Chi va a votare nel segreto dell’urna faccia pagare ai partiti che hanno voluto questa crisi il prezzo della loro demagogia. Seconda. Il governo Draghi si muova in casa facendo quello che ha sempre fatto monitorando bene le entrate e agendo magari la settimana prossima con le coperture che ha facendo bene i calcoli, mixando correttamente le misure e bandendo l’improvvisazione. Terza, che vale più di tutte, i partiti riducano al minimo il danno derivante dell’indebolimento politico di Draghi. Come? Sostenendolo a viso aperto e mandandolo in Europa ai prossimi vertici internazionali non come quello che ha la valigia in mano ma come colui che è il punto di riferimento del Paese al di sopra di tutte le parti e di tutte le faziosità


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