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Lo sguardo di Vladimir Putin

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La risposta italiana al caro energia è nella capacità di essere selettivi negli interventi. Non a pioggia come tutti chiedono senza pudore. Anche chi ha fatto il pieno nel commercio e nel turismo caricando anticipatamente sui consumatori il caro bolletta o gli esportatori che hanno sfruttato il deprezzamento dell’euro sul dollaro e un’inflazione minore della media europea e di quella americana. Vanno invece aiutati in toto le fasce più deboli della popolazione e le imprese energivore, a partire da acciaio e carta. Se viceversa sbrachiamo sulla finanza pubblica facendo scostamenti di bilancio, avremo domanda bassa e finanza pubblica deteriorata. Il peggio del peggio. Abbiamo una tassa che Putin ci sta imponendo e siamo costretti a pagarla. I putiniani della politica italiana la smettano di raccontare balle e di togliere il futuro ai nostri giovani. Anche perché la debolezza strategica della Lagarde per noi è un problema in più. Basta davvero poco per fare saltare tutto

ABBIAMO un danno grosso che è l’inflazione. Non dipende da noi e mangia il potere d’acquisto. Riduce la domanda di qualche punto e fa aumentare le entrate fiscali. Ciò aiuta a contenere la finanza pubblica se una parte di questi redditi vengono utilizzati, come si è fatto e come si sta facendo, per sostenere la domanda dei più deboli e limitare i danni dell’inflazione. Se viceversa sbrachiamo sulla finanza pubblica facendo scostamenti di bilancio, avremo domanda bassa e finanza pubblica deteriorata. Il peggio del peggio. Abbiamo una tassa che Putin ci sta imponendo e siamo costretti a pagarla.

La riposta italiana è nella capacità di essere selettivi negli interventi. Non a pioggia come tutti chiedono senza pudore, anche chi ha fatto il pieno con commercio e turismo peraltro caricando anticipatamente sui consumatori il caro bolletta, ma interventi selettivi per aiutare in toto le fasce più deboli e vulnerabili della popolazione. Le categorie più agiate non devono pesare sulla finanza pubblica anche perché ad abbattere i consumi sarebbero quelli che hanno poco e spendono sempre tutto ma non avrebbero più nulla da spendere. Un fondamento macroeconomico ci insegna che devi sostenere quelli che taglierebbero la domanda, mettendo nel conto che i ricchi avranno una riduzione del reddito disponibile.

La tassa di Putin, purtroppo, va pagata dalle famiglie ricche e si deve intervenire a favore dei più fragili non solo perché con i soldi pubblici si adempie a una sacrosanta   funzione redistributiva, ma anche perché se ciò non avvenisse si taglierebbe la domanda in modo significativo. La strada alternativa degli interventi a pioggia complicherebbe il quadro non solo perché gli scostamenti di bilancio li paghiamo tutti dopo, ma perché non si farebbe altro che sussidiare i profitti di molti facendo comunque calare la domanda interna e finendo sotto attacco delle istituzioni europee e della speculazione dei mercati. Ci faremmo davvero molto male da soli. La penosità della nostra campagna elettorale nasconde queste verità ai cittadini italiani, ma non è detto che non se ne rendano conto in tempo utile nonostante la coltre vischiosa di un’informazione quasi sempre lunare come quella dei partiti populisti che fanno promesse quotidiane. Anche sulle imprese occorre agire con selettività. Concertando gli interventi sui settori energivori, dall’acciaio alla carta, perché come Paese abbiamo il dovere assoluto di provare a tenere il controllo della finanza pubblica e, sfruttando l’inflazione, a fare scendere il rapporto debito/Pil.

Ogni volta che Salvini fa la sua solita sparata di mettere 30 miliardi sul piatto butta giù la reputazione del Paese e l’economia che dice di volere aiutare. L’ex ministro dell’economia  Tria del governo  Conte 1, quello della “cancellazione del debito” che abbiamo pagato caro, appena provò a sforare di uno  0,2/0,3% fu messo in croce e non poté fare niente. Figuriamoci quando si gioca con una faccia di tolla su punti di Pil che cosa ci potrebbe accadere. Se guardiamo con attenzione a che cosa è successo nel secondo trimestre in Italia, Spagna e Francia per i servizi, che sono soprattutto turistici e commerciali, ci accorgiamo che i profitti sono stati elevatissimi e che tutti, chi più chi meno, ha aumentato a dismisura i prezzi facendo pagare la crisi a consumatori e agricoltori. Cosa che continuano a fare.

Profitti altrettanto forti sono stati fatti dagli esportatori che hanno sfruttato per loro capacità di duttilità la nuova globalizzazione, ma anche perché hanno potuto sfruttare il cambio deprezzato di sette/otto punti con il dollaro e un tasso di inflazione italiano inferiore alla media europea a sua volta inferiore alla media americana. Tutti questi sono i profitti che un Paese come l’Italia, con le sue vulnerabilità storiche e i miglioramenti strutturali messi in atto dal governo di unità nazionale guidato da Draghi, non si può proprio permettere di sussidiare. Torneremmo ad essere nel mondo l’Italietta di prima e famiglie e imprese italiane pagherebbero un conto più salato.

Se vogliamo chiudere il capitolo della tassa di Putin dobbiamo pagarla senza farla pagare ai poveri e senza scostamenti di bilancio che significherebbe fare pagare quella stessa tassa ai nostri giovani. Come ripeto ormai da qualche giorno bisogna che la politica italiana abbia almeno la capacità di capire che i falchi della Bce sono stati messi sotto per un anno e mezzo e consentono ancora oggi per impegni strappati dalle colombe, soprattutto italiane, di reinvestire i Bund in scadenza con l’acquisto dei titoli pubblici italiani.  Ora schierati con i falchi ci sono le loro pubbliche opinioni nazionali che premono e quella fase egemonizzata al meglio dalle colombe è finita. La Bce deve giocoforza intervenire perché l’inflazione va normalizzata visto che è oltre il 9% con una previsione a termine del 2,3% e con i tassi che fino a qualche settimana fa erano a zero. L’aggiustamento si deve fare in modo efficace e misurato, con la consapevolezza che la durata è certamente limitata da qui ai primi mesi dell’anno prossimo perché non siamo in America dove si fanno i conti con 25 punti percentuali di Pil sussidiati e, quindi, con una domanda molto alta nettamente superiore alla nostra che è frutto di offerta da caro bolletta a causa della tassa Putin.

La Bce deve agire, come ha fatto, per controllare le aspettative e assestare un colpo preventivo e chiarire a tutti che l’inflazione così alta non va bene. Dovrebbe anche chiarire che lo fa senza eccessi indicando un target e rivedendo i tassi per arrivare poi a un certo punto a quel target in un raggio di azione limitato. Purtroppo, questa comunicazione strategica la Lagarde non la sa fare o comunque non la fa. Il punto, insomma, non lo ha chiarito. Per l’Italia questo è un problema in più e ci obbliga a non deflettere dalla selettività. Basta davvero poco per fare saltare tutto.


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