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Alla prima, imminente difficoltà monetaria, l’aiuto assistenziale giocoforza salterà, perché spariscono i soldi, e la comunità meridionale si troverà priva di una classe dirigente, a partire da quella politica, che abbia la forza di difendere i diritti di sviluppo del Mezzogiorno. Quei diritti scolpiti come pietra nel Pnrr, dalla scuola alla sanità fino alle grandi reti e alla ricerca, già diventati diritti di cittadinanza per il welfare dell’infanzia e degli anziani. Tutto ci possiamo permettere meno che dare alibi a chi ha sempre in modo miope combattuto in casa lo sviluppo del Mezzogiorno e che potrebbe avere nuovi argomenti per sostenere che è il Sud stesso a decidere di auto-affondarsi. Anche perché, altro che ritorno della questione meridionale, a quel punto riemergerebbe la questione settentrionale. Vincerebbero i più forti di sempre e si spaccherebbe il Paese in due per sempre

I PARTITI, soprattutto la Lega di Salvini, sono tutti ingessati nei ruoli che si sono dati dall’inizio di questa campagna elettorale. Che sono quasi tutti sbagliati e, quindi, chi ci guadagna è la Meloni che rafforza la sua immagine moderata nascondendo alla parte radicale dei suoi elettori che ha cambiato linea. Se togliesse la fiamma perderebbe dei voti, ma la mantiene e parla come se non ci fosse. Il nuovo centro di Calenda-Renzi mantiene una coerenza di proposta alternativa ai due poli con un ancoraggio forte di contenuti che progressivamente fa breccia a spese di democratici e Forza Italia.

Nel Pd c’è il tema del più responsabile dei capi partito, Enrico Letta, il più fedele dei sostenitori del governo  Draghi, che si presenta purtroppo agli elettori mettendo insieme Fratoianni che ha votato sempre no all’esecutivo di unità nazionale e Orlando che non fa mistero di dire che lui avrebbe preferito proseguire con il Conte 2 con un’ala solidamente riformista e europeista del suo partito di cui lui come fu Prodi dovrebbe e potrebbe essere garante per tutti. È un messaggio importante, per il rispetto che si deve alla persona, ma difficile da capire. Soprattutto quando si parla tanto di diritti, tema sacrosanto ma lontanissimo dal sentire delle persone che non ne possono già più della nuova incertezza generata dalla folle corsa al voto anticipato che aumenta le loro difficoltà del momento. Sono molti più di prima quelli che oggi pensano che era  giusto  tenersi quello che già avevamo, il governo di unità nazionale guidato da Draghi, che ha fatto molto bene.

C’è, infine, un contenuto più importante di tutti su cui questo giornale insiste in assoluta solitudine che l’elettorato meridionale soprattutto dovrebbe tenere bene a mente. Riguarda il futuro del Mezzogiorno ed è legato all’attuazione degli investimenti pubblici del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr), alla mole di investimenti privati che le economie dei territori sapranno produrre e alla capacità di attrazione effettiva di capitali internazionali alla ricerca di una nuova destinazione.

Il risultato combinato della guerra di Putin e della globalizzazione corta determinata dal nuovo quadro geopolitico e dagli effetti che ha generato sui costi delle materie prime pongono il Mezzogiorno per la logistica energetica e l’industria del mare, oltre che per la sfida sul capitale umano che deve unire le due sponde del Mediterraneo, alla guida del processo di crescita possibile dell’Italia e dell’Europa. Questo è il grande contenuto della coerenza meridionalistica degasperiana che ha segnato il Pnrr e riflette le scelte compiute dal duo Draghi-Franco e difese in tutti i passaggi del Piano Italia che mette insieme ogni tipo di risorsa europea e il Fondo complementare alimentato dal bilancio pubblico italiano.

Non depone molto a favore della crescita del Mezzogiorno la tendenza accreditata dai sondaggi su un voto meridionale importante per i Cinque stelle legato alla difesa senza se e senza ma del reddito di cittadinanza. Noi non abbiamo mai messo in discussione il sostegno a chi non ha reddito perché rispondere ai bisogni crescenti della povertà è un dovere morale prima che politico, ma pretendiamo da tempo controlli efficaci e politiche attive del lavoro che coinvolgano le agenzie private spezzando il circuito perverso del sussidio pubblico e del lavoro nero.

Soprattutto, però, vogliamo dire con chiarezza che l’assistenzialismo non può essere il futuro del Mezzogiorno neppure in termini di sostegno al reddito e i pifferai che lo fanno intendere stanno ancora una volta fregando gli elettori. Alla prima, imminente difficoltà monetaria, l’aiuto assistenziale giocoforza salterà,   perché spariscono i soldi, e la comunità meridionale si troverà priva di una classe dirigente, a partire da quella politica, che abbia la forza di difendere i diritti di sviluppo del Mezzogiorno. Quelli scolpiti come pietra nel Pnrr, dalla scuola alla sanità fino alle grandi reti e alla ricerca,  nei documenti di programmazione economica del Paese, già diventati diritti di cittadinanza per il welfare dell’infanzia e degli anziani.

Questo pacchetto di interventi di sviluppo coordinato, concepito  e declinato unitariamente, che mette insieme profilo nazionale e internazionale, sostegno pubblico e capitali privati interni e esteri è incompatibile con un voto assistenziale di massa del Mezzogiorno perché i fatti geopolitici e economici globali si incaricherebbero di rimuoverlo ponendolo in competizione con i nuovi poveri di altre regioni italiane che hanno classi politiche più attrezzate nel difendere gli interessi dei loro cittadini. Il mondo intero ne avrebbe una percezione molto negativa influenzando la scelta strategica rivendicata dal governo di unità nazionale in termini di attrazione di capitali internazionali e di mobilitazione di imprese e università meridionali che vantano primati indiscussi.

Vogliamo dirlo prima, non dopo. Tutto ci possiamo permettere meno che dare alibi a chi ha sempre in modo miope combattuto in casa lo sviluppo del Mezzogiorno e che potrebbe avere nuovi argomenti per sostenere che è il Sud stesso a decidere di auto-affondarsi. No, questo è masochismo. Anche perché altro che ritorno della questione meridionale, a quel punto riemergerebbe la questione settentrionale. Vincerebbero i più forti di sempre e si spaccherebbe il Paese in due per sempre.


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