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I leader del centrodestra

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Berlusconi e Salvini si impegnino a fornire nomi all’altezza delle sfide e non si dimentichino neppure per un istante quello che è accaduto in Inghilterra al debutto del nuovo governo conservatore guidato da Liz Truss. Ha annunciato una manovra di tagli delle tasse per 45 miliardi di sterline tutta in debito e il costo del debito inglese ha raggiunto in un attimo gli onerosissimi livelli italiani. Per placare i mercati non è bastato che la Banca d’Inghilterra mettesse in gioco 65 miliardi di sterline, ci è voluto un nuovo Cancelliere dello Scacchiere che ha aumentato le tasse di 32 miliardi. Il problema della Meloni e dell’intera coalizione di destra-centro è porre le condizioni per agire anche sul lungo periodo senza avere incidenti nel breve. È interesse anche delle opposizioni porre le basi per un sistema politico non conflittuale dando tutti segnali concreti di volere uscire da un dibattito interno che si nutre solo di conflittualismo. Che è la peggiore malattia italiana. Chi più di tutti si gioverebbe di questo nuovo clima sarebbe proprio il Mezzogiorno perché se il sistema va a gambe all’aria chi pagherebbe di più è proprio il Sud.

Tra un ministro e l’altro su cui si azzuffano i capi partito, come accade sempre quando il governo è politico e deve bilanciare i pesi della coalizione uscita vincente dalle elezioni – la Sinistra è più brava a tenere coperti i coltelli dietro la schiena che la Destra tira fuori in pubblico – Berlusconi e Salvini non si dimentichino neppure per un istante quello che è accaduto in Inghilterra al debutto del nuovo governo conservatore guidato da Liz Truss.

Ha annunciato una maxi manovra di tagli delle tasse per almeno 45 miliardi di sterline tutta in debito e il costo del debito inglese ha raggiunto in un attimo gli onerosissimi livelli italiani, la sterlina è crollata, il Paese è entrato in recessione. Per la verità, è successo molto di più. La Banca d’Inghilterra ha dovuto mettere in gioco 65 miliardi di sterline, acquistando titoli inglesi per 10 miliardi al giorno, ma non è bastato perché ha dovuto cominciare a comprare anche i titoli indicizzati pagando l’inflazione e buttando molti più soldi perché i fondi pensione inglesi a schema predefinito erano a un passo dal default a causa dell’esplosione dei tassi dei titoli pubblici inglesi di cui erano pieni.

Facciamola breve. Tre settimane di passione che si sono concluse con il cambio del ministro dell’economia, una premier ancora in bilico e caduta a un punto minimo di reputazione nazionale e internazionale da cui sarà difficilissimo risalire, e soprattutto l’annuncio pubblico che le tasse che dovevano scendere di 45 miliardi aumenteranno di 32 miliardi elevando l’aliquota fiscale sulle imprese dal 19 al 25%. Ci siamo capiti? Vi rendete conto di che cosa potrebbe accadere all’Italia che parte da una posizione di debito pubblico molto più pesante se si facesse anche solo un decimo di quello promesso a destra e a manca da Salvini e Berlusconi?

Si trovino cerotti molto spessi che tappino la bocca a entrambi e si lasci lavorare il governo per cercare i 30/40 miliardi che servono senza fare debito per compensare i danni prodotti a imprese e famiglie dal ricatto putiniano sul gas, preoccupandosi esclusivamente di contribuire alla qualità e alla compattezza della squadra di governo. Di modo che si possano evitare sbandate in casa e ottenere in Europa il tetto dinamico al prezzo e le compensazioni finanziare necessarie agendo nel solco tracciato da Draghi. Che ha dato la linea a tutta l’Europa prima di tutti. Questo, non altro, è ciò che deve interessare agli italiani.

A questo punto della trattativa tra i partiti della coalizione che ha vinto le elezioni, riteniamo che l’incidente del mancato voto di Forza Italia a favore di Ignazio La Russia a presidente del Senato e la successiva coda di insulti a Giorgia Meloni facciano parte di quella stagione di irresponsabilità totale che ha portato prima alla caduta anticipata di Draghi nel momento in cui serviva di più, poi a una campagna elettorale dissennata e, infine, a una trattativa sulla squadra di ministri.

Berlusconi ha capito che stava perdendo e si è preso quello che poteva prendersi con contorno dovuto di riconoscimenti passando dal mood degli insulti a quello della riconciliazione. Tutto ciò è assolutamente dovuto per uscire dalla spirale di ricatti e di contro ricatti, ma il problema che riguarda i loro elettori e tutta la comunità nazionale è quanto reggono la riconciliazione e, a maggior ragione, il patto di governo nei binari europeisti e atlantisti incardinati dalla Meloni a livello internazionale non offrendo sponde, né dirette né indirette, di sostegno a Putin. Di tutto ciò ha bisogno il Paese intero ma ancora di più il Sud perché sarebbe di certo il primo pagatore della nuova crisi di reputazione italiana in una fase di grandi emergenze economiche e sociali e di rischio sottovalutato di crisi globale finanziaria legato a un passaggio brutale da tassi sotto zero a livelli potenziali di 4/5% senza che nessuna banca centrale sia in grado di dire quale sia il tetto massimo che possa impedire il crollo dell’intera impalcatura finanziaria.

Siamo veramente stanchi di essere rinchiusi nel piccolo mondo antico del berlusconismo e dell’antiberlusconismo italiani di frequenze e giustizia che sono in queste modalità fuori dalla storia e dalla realtà. Il problema della Meloni e dell’intera coalizione di destra centro è porre le condizioni per agire anche sul lungo periodo senza avere incidenti nel breve. Di certo perché, come dicono i politologi, ci sono le elezioni europee del 2024 dove una débâcle della coalizione al governo sarebbe la premessa perché si ribalti subito tutto. Ancora di più, però, perché tutte le crisi a partire da quelle energetiche, dove l’inverno più brutto viene indicato nel 2023/2024, impongono a ogni angolo scelte che fuori dalla demagogia parolaia televisiva possono salvare o meno l’economia italiana e impedire o meno che esploda la questione sociale.

Stiamo messi meglio di tutti in Europa grazie ai successi indubbi del governo Draghi e stiamo ancora andando meglio di Germania e Francia, ma se non facciamo tutti i rigassificatori che dobbiamo fare, se non vinciamo la battaglia del debito comune europeo, se non acceleriamo sulla macchina esecutiva del processo riformatore avviato per l’utilizzo dei fondi europei e se non cambiamo in profondità le pubbliche amministrazioni centrali e territoriali, se non facciamo tutto questo evitando scivoloni dichiarativi più o meno incendiari, allora i guai per l’Italia sarebbero di gran lunga superiori a quelli della inevitabile instabilità politica che determinerebbe un brutto risultato elettorale alle europee del 2024. Per questo insistiamo sulla necessità di un clima politico di minore conflitto possibile che deve essere preservato anche nel passaggio da un governo di unità nazionale a un governo politico.

Questo vale molto anche per le opposizioni che sono tre, addirittura quattro considerando Sinistra italiana che si è presentata in cartello elettorale con il Pd, e dove giorno dopo giorno emerge con sempre maggiore evidenza che il Pd non è capace di fare una scelta riconoscibile da tutti. Deve dire con chi vuole stare, Cinque stelle o terzo polo di Calenda e Renzi, ma non lo fa perché ritiene che se lo fa si spacca. In realtà si spaccherebbe solo se non fa l’accordo con Calenda e Renzi partendo dalla sua identità e dando una prospettiva comune perché l’ala riformista se ne andrebbe di certo. Si avverte una miopia politica che vuole spingere a fare cadere la destra ritenendo di coagulare così la sinistra, ma così invece la rotta si sbilancia e con il partito rimangono solo quelli della componente più massimalista e il Pd finisce in un ghetto. Che è proprio quello che non deve avvenire.

È interesse di tutti, proprio tutti, gli elettori apprezzerebbero, porre le basi per un sistema politico non conflittuale dando segnali concreti di volere uscire da un dibattito interno che si nutre solo di conflittualismo. Che è la peggiore malattia italiana e quello che fa la differenza tra noi e francesi e spagnoli. Chi più di tutti si gioverebbe di questo nuovo clima sarebbe proprio il Mezzogiorno perché se il sistema va a gambe all’aria chi pagherebbe di più è proprio il Sud. Purtroppo, non lo capisce bene. Perché in molti ambienti prevale la convinzione che un contesto di minore stabilità è più predisposto all’assistenzialismo. Che è la stessa malattia che fa il pari con quella del conflittualismo. Questa convinzione deteriore di “instabilità assistenziale” è a volte vera in tempi normali, ma nei tempi eccezionali in cui viviamo oggi è l’esatto contrario. Quindi, oltre che negativo, sarebbe anche un calcolo sbagliato.


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