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Matteo Salvini in Senato

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Bisogna avere la consapevolezza che è interesse di tutti ridimensionare l’Italia perché è un protagonista importante e rimetterne in discussione l’affidabilità significa spazio di potere che si libera per essere occupato da altri, a partire dalla Spagna, nel risiko per la guida politica europea. Salvini lancia la pietra e nasconde la mano, ma appiccica sulla maglietta della Meloni uno stigma che non le appartiene. Ora lei è obbligata a liberarsi di questa spina nel fianco. Il Capo dello Stato interviene perché sa come stanno le cose e ha il peso internazionale per continuare in un’opera di consolidamento della credibilità italiana, dopo il lavoro speciale fatto da Draghi prima per costruire la nuova reputazione poi per accreditare un passaggio senza traumi. Perché consentire di fare buttare giù anche una piccola parte di questo lavoro significa in questa fase mettere in gioco il Paese

Come la Sinistra italiana ha il problema strategico di fare fuori i massimalisti se vuole avere un futuro, a sua volta la Meloni deve liberarsi dei massimalisti, e in primis di Salvini, se vuole avere un presente di governo all’altezza delle sfide che ha davanti. Si corre sul filo di un rasoio molto delicato se non maturano velocemente nuove consapevolezze dentro la Lega. Bisogna farlo capire a Salvini con le buone o con le cattive e bisogna altresì evitare accondiscendenze pericolose dentro l’anima più sovranista della stessa Destra.

In questa lotta di tutti contro tutti come è diventato oggi lo scenario globale, a partire dal quadrante europeo, segnato da una fase estremamente critica sui versanti geopolitico, economico, sociale e finanziario, tutto o quasi si basa sulla possibilità di sfruttare il momento propizio e, quindi, trarre profitto da quello che cade in errore. In questo crocevia della storia dove si intrecciano migranti, economia e nuovi imperialismi, bisogna troncare sul nascere un nuovo gioco internazionale per noi rischiosissimo. Che è quello di dire “vedete l’Italia è pericolosa” oppure “dovete stare attenti” perché è proprio quello che non possiamo permetterci.

Bisogna avere almeno la consapevolezza che è interesse di tutti ridimensionare l’Italia perché è un protagonista importante, diventato importantissimo con il governo Draghi, e quindi semplicemente rimettere in discussione la sua affidabilità significa spazio di potere che si libera per essere occupato da altri, a partire dalla Spagna. Non solo, però. La situazione è fluida e i rimescolamenti sono di ampio spettro ancorché confusi. La Germania, ad esempio, va un po’ avanti e un po’ indietro. Un po’ aiuta l’Italia un po’ aiuta la Francia.

Siccome siamo alla ricerca di un nuovo equilibrio europeo che nessuno sa quale sarà e di cui tutti hanno bisogno, è evidente che c’è una lotta per la supremazia dove tutti combattono la propria partita. Non essendo ancora emersa una personalità con il carisma per guidare questo processo, per la verità uno c’è e si chiama Draghi ma lo abbiamo fatto fuori noi, prevalgono divisioni, paure e tatticismi. C’è una frattura sempre più evidente tra la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, e il presidente del Consiglio, Charles Michel. C’è il timore che Macron acquisti troppo potere. C’è una leadership tedesca, Scholz, ancora debole e oscillante in tutto. C’è l’Italia che è passata dal picco massimo della sua reputazione storica a una posizione sfortunata perché ha importanti membri del suo nuovo governo che non sanno stare zitti e con le loro parole sono formidabili alimentatori di un meccanismo che appartiene al DNA del sistema europeo. Quello che è naturalmente propenso a gridare al lupo al lupo “arriva la Destra” perché permane la memoria storica di quando la Destra prese il potere.

Questo meccanismo esprime concetti folcloristici, fuori dalla storia vera di oggi, non esistono legami né temporali né di contenuto, però la premier deve avere ben presente che questo meccanismo distorto e interessato può essere usato contro di lei.

Salvini lancia la pietra e nasconde la mano e consente con le sue parole in libertà che si appiccichi sulla maglietta della Meloni il vecchio stigma populista, sovranista, ex destra, e addirittura post fascista o ex fascista. Lei deve difendersi da questa cosa che è pura invenzione, anzi pura denigrazione. Perché la perfidia che si lascia circolare è uno stigma che né con Berlusconi né con Bossi veniva accreditato perché si parlava di un sistema italiano conservatore reazionario, ma non era possibile dire che loro venivano da quella storia. Lei viene dalla storia della Destra e, proprio per questa ragione, è quella che più di tutti si è allontanata dalle sue pagine nere.

A questo punto, sarebbe folle pagarne senza ragione le conseguenze perché Salvini fa i suoi giochetti o perché abbiamo un’opposizione frammentata fuori dalla storia che riesce solo a scommettere contro il suo Paese. Soprattutto se consideriamo il realismo e il senso di responsabilità che stanno prevalendo in economia. Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che sa come stanno davvero le cose, si impegna per evitare che l’Italia cada nelle grinfie di questo complotto. Questo è il senso profondo della sua telefonata a Macron e il valore del comunicato congiunto di Quirinale e Eliseo.

È Mattarella la figura internazionale più credibile che il Paese possa oggi schierare e continua in un’opera di ricostruzione della credibilità italiana, dopo il lavoro davvero speciale fatto da Draghi prima per costruire la nuova reputazione poi per accreditare un passaggio senza traumi, perché solo consentire di fare buttare giù anche una piccola parte di questo lavoro significa in questa fase mettere in gioco il Paese. Quelli che hanno fatto cadere Draghi anzitempo rispondono di quello che hanno fatto davanti all’opinione pubblica. Hanno buttato a mare il momento d’oro italiano al culmine della irresponsabilità e già nell’urna sono stati puniti. Lo hanno fatto impavidi addirittura nei giorni della catastrofe globale.

Mattarella non può più sottrarsi dall’impresa titanica che gli hanno scaricato sulle spalle. Che è quella di reggere da solo il mondo italiano, che vuol dire l’idea che il mondo ha sull’Italia. Anche perché abbiamo un’opposizione che non riesce a fare un blocco nazionale. Dunque Mattarella parla, potremmo dire, a nome degli astenuti e di tutti quelli che non si riconoscono in questa politica e ricorda a ognuno di noi che c’è un Paese che non solo vorrebbe ma che ha anche la capacità di resistere come ha dimostrato realizzando la migliore crescita economica europea. Tutto questo patrimonio di cose fatte e di valori non può essere gestito nemmeno in compartecipazione da chi cerca solo la sceneggiata.

Basterà Mattarella? No, non basta, se da un lato la Meloni non capisce che non può andare avanti con questa spina nel fianco e se, dall’altro, nell’opposizione non matura un sentiment che va messo prima delle sue beghe interne e che è il problema di salvare il Paese in questo delicatissimo passaggio. Perché le due cose si tengono. Hanno bisogno l’una dell’altra. Come incidente diplomatico il problema con la Francia è risolto e va sottolineato che molto banalmente anche Macron ha agito per ragioni di politica interna, ma se si chiude questa pagina e se ne apre un’altra a stretto giro il quadro può sfuggire di mano. Anche perché la situazione di migranti e profughi non cambierà finché il Nord Africa è lasciato in queste condizioni assurde. Finché c’è la guerra e finché persiste la siccità. I nostri temi interni devono rimanere in casa e la Meloni deve essere così intelligente da impedire che si pongano fuori perché sono tanti che non aspettano altro.

Il Quirinale che rappresenta le vere classi dirigenti italiane lo ha capito e cerca di contrastare questo disegno, ma c’è bisogno anche della politica che lo sostiene. Viviamo i giorni dei nuovi imperialismi. Putin al minimo storico di reputazione e macchiato per sempre dai crimini di guerra perpetrati non rinuncia al sogno di annettersi l’Ucraina. La Cina che ha Taiwan nel suo mirino non rinuncia al disegno di conquistare i mercati mondiali. L’America di Biden lo ha capito e vuole salvare il suo ruolo imperiale. L’Europa deve decidere se fare il vaso di coccio tra i vasi di ferro o diventare essa stessa un vaso di ferro in questo nuovo crocevia della storia. Vi rendete conto che l’Italia o resta saldamente nella squadra di testa della nuova Europa, rispettata e seguita, o non ha più nulla da dire. Non abbiamo tempo da perdere con i giochetti demagogici di Salvini e nessuno gli presti il fianco.


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