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Non vuol dire fare debito, ma produrre ricchezza e lavoro avendo a disposizione dieci punti di Pil legati ai fondi europei. Qui non altrove vanno messe testa e concentrazione.  Procedere sul cammino di riforme e di semplificazioni a sostegno del nostro export che si è dimostrato il più dinamico a livello europeo, significa stimolare  il Paese, cambiare mentalità. Bisogna rimettere in circolo la solidarietà nel Paese e la voglia di sentirsi parte di un sistema. Acquisire la coscienza collettiva che non bisogna pensare sempre a battere cassa che è esattamente ciò che fanno le lobby. Fondamentale attuare riforme che non costano niente, ma valgono molto. Le grandi crisi sono un’occasione formidabile per fare queste trasformazioni

Visto che con la manovra si sta facendo il massimo che si può fare con i soldi che ci sono, diventa strategico fare le riforme che non costano. Diventa strategico, sia chiaro, farlo con urgenza. Mettere a regime uomini e meccanismi di governo degli investimenti pubblici già avviati e aprire i cantieri del Piano nazionale di ripresa e di Resilienza, significa portare a compimento metà dell’opera del miracolo economico ancora possibile. Non vuol dire fare debito, ma produrre ricchezza e lavoro avendo a disposizione dieci punti di Pil legati ai fondi europei. Qui non altrove vanno messe testa e concentrazione. 

Rivedere i regolamenti fino a depotenziarne le negatività abolendo tutti gli assi paralizzanti della valutazione di impatto ambientale (Dia)  e della valutazione ambientale strategica (Vas) significa attuare riforme che non costano niente, ma valgono molto. Continuare a mettere ordine nei programmi scolastici come in parte è già stato fatto non implica un costo, ma costruisce il futuro e bisogna essere capaci di farlo. Attuate le leggi della concorrenza e quelle della giustizia già votate non solo significa non perdere la rata dei fondi europei, ma ancora prima aiutare l’economia italiana a crescere con le sue forze, a sviluppare la spinta meritocratica, a darsi un programma serio di crescita solidale di lungo termine.

Non potendo distribuire soldi a pioggia, che peraltro non è mai una cosa giusta,  e avendoci evitato di crollare in modo rocambolesco imboccando il sentiero obbligato che ci risparmia quello della propaganda, ora un governo che vuole durare deve impegnare tutte le sue energie migliori  sulle riforme che non costano e ricompattare il Paese. Questo serve per contribuire a ridare slancio e fiducia alla nostra economia e darebbe la prova di una realtà vitale che si è rimessa in movimento e non vuole arrendersi al catastrofismo imperante in casa e alle complicazioni globali che vengono da fuori. 

Procedere sul cammino di riforme e di semplificazioni a sostegno del nostro export che si è dimostrato il più dinamico a livello europeo, significa stimolare il Paese ad avere fantasia e metodo su qualcosa che appartiene ai tratti costitutivi del nostro sistema produttivo. Significa cambiare mentalità e coinvolgere in questa cosa il Paese. Acquisire la coscienza collettiva che non bisogna pensare sempre a battere cassa,  che è esattamente quello che fanno le lobby e i loro amichetti televisivi, ma serve piuttosto riflettere sulle cose che non costano che è anche ciò che interessa ai cittadini. 

Bisogna rimettere in circolo la solidarietà nel Paese e la voglia di sentirsi parte di un sistema anche se un solo punto in più di riduzione di cuneo fiscale non basta e servirebbero tagli per sedici miliardi. A farti ripartire davvero non sono i soldi che non hai e che non diventano reali solo perché li chiedi, ma la capacità di fare investimenti pubblici e privati che sono l’espressione della voglia di fare del Paese. 

Quella stessa voglia di fare che si è espressa al meglio durante la stagione del governo Draghi in tutti gli ambiti dell’economia e che ha prodotto risultati straordinari. Quella stessa voglia di fare oggi in un quadro pre-recessivo in assenza di uno scatto dell’azione di governo sulle riforme che costano zero, finirebbe inevitabilmente con il tornare a concentrarsi su quello che non avrebbe avuto senza sapere che non può averlo. Questo corto circuito all’incontrario produce danni gravi perché fa scattare la rabbia sociale e inizia la litania che ferma il Paese. Si traduce in filoni di nuovi populismi che è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. 

Se viceversa scatta la corsa alle riforme che non costano anche le Regioni  che sono gestite in molti casi da esecutivi parassitari proveranno a cambiare metodo, a cambiare mentalità. Anche chi si nasconde, avrà voglia di uscire allo scoperto. La crescita da costruire oggi è la miscela di fiducia che può sprigionare il cambiamento possibile. Che non è quello fantasioso di vecchi e nuovi populismi. Nella miscela di fiducia che sprigiona le energie del cambiamento possibile ci sono le imprese che tornano a fare investimenti e la capacità di attrazione di capitali internazionali che portano altri investimenti. Bisogna che tutti si convincano che è più  conveniente lavorare e fare profitti per pagare le bollette invece di continuare a chiedere al bilancio pubblico di sussidiare i profitti ridotti dal caro bollette. Non si può continuare a bussare a una cassa vuota che è quella dello Stato italiano piegato dal suo debito pubblico monstre. Che poi non è nient’altro che l’altra faccia dei mille vizi privati della nostra comunità. Da cui usciremo solo cambiando mentalità. Le grandi crisi sono un’occasione formidabile per fare queste trasformazioni.


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