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Giorgia Meloni

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I conti con il suo futuro li farà un giorno in Europa, ma li vince e li perde prima in casa. Perché fare tre decreti su concorrenza, giustizia e servizi pubblici locali, significa entrare in conflitto con le lobby. Significa togliere loro l’acqua intorno alla sua maggioranza politica nella quale sguazzano pretendendo dai suoi alleati di governo questo o quello. Sull’Europa abbiamo ascoltato parole molto belle che non possono portare un granché nell’immediato contro il caro gas perché non abbiamo la forza da soli per spostare equilibri geopolitici e rimuovere pesanti conflitti di interessi. Non la ha la Francia, non la ha l’Italia, in modo differente, perché né la prima né la seconda hanno una capacità effettiva di incidere su temi strategici che appartengono al disegno politico di cui Draghi era l’ideologo e il più autorevole costruttore. Quel disegno politico in questa fase poteva portarlo a compimento solo lui e non sarebbe stato facile comunque

Il discorso di Giorgia Meloni in Parlamento è un discorso europeista convinto. Nessuno di chi sta intorno a lei e crede nella sfida di attuare un conservatorismo moderno italiano che non c’è mai stato può permettersi di insinuare nella sua testa dubbi e perplessità, ma deve piuttosto incoraggiarla e sostenerla senza infingimenti. Sono le sue parole coerenti con la collocazione strategica italiana in Europa e indicano un itinerario obbligato senza il quale come Paese rinunciamo in partenza al nostro futuro.

Purtroppo, dobbiamo essere realisti, sono anche parole molto belle che non possono portare un granché nell’immediato perché non abbiamo la forza da soli per fare proprio un tubo sul fronte del gas e della guerra spostando equilibri geopolitici e conflitti di interessi che pesano come macigni.

Non la ha la Francia questa forza, non la ha l’Italia, entro limiti differenti, perché né la prima né la seconda hanno una capacità effettiva di incidere realmente su temi strategici, a partire dal gas, che appartengono al disegno politico compiuto di cui Draghi era l’ideologo e il più autorevole costruttore. Quel disegno politico in questa fase poteva portarlo a compimento solo lui e non sarebbe stato facile comunque.

Attenzione, però, a non sottovalutare che in questa stessa, identica, delicatissima fase la partita europea della Meloni si gioca a Roma. Non serve tanto alla neo-premier un pizzico di coraggio in più, perché quello non le difetta, per dire a tutti i suoi e, ancora di più agli alleati, basta campagna elettorale, quanto piuttosto una verifica sul campo della praticabilità politica che la sua coalizione elettorale può assicurare nel sostenere in casa senza se e senza ma questo progetto di cambiamento strutturale che è la base oggi del consolidamento della rinascita del Paese e domani della sua credibilità politica di risultato in Europa.

Se Giorgia Meloni vuole essere la nuova Thatcher italiana non può essere costretta a fare i conti ogni giorno con una maggioranza che scricchiola e che la mette in croce. Perché poi finisce sempre con il piccolo grande compromesso di turno, il pos ritoccato così va bene, il contante ridotto così va bene. Perché è vero che così sistemi la tua pratica di governo nel Parlamento di casa, ma all’esterno mandi messaggi contraddittori.

Alimenti dubbi e perplessità in Europa, diminuisce la carica politica della tua collocazione strategica e delle tue sacrosante richieste. Diciamocela tutta. I conti con la sua partita del futuro Giorgia Meloni li farà un giorno in Europa, ma li vince e li perde prima in casa. Perché fare, come deve fare, tre decreti veri sulla concorrenza, sulla, giustizia e sui servizi pubblici locali, significa entrare in conflitto con le lobby.

Significa, soprattutto, avere la forza politica di togliere loro l’acqua intorno alla sua maggioranza nella quale queste lobby sguazzano pretendendo questo o quello.

Giorgia Meloni sarà forte in Europa quando dimostrerà con atti di governo la solidità della sua forza politica e la capacità di tradurre questa forza politica in capacità decisionale. Dovrà dimostrare di decidere e di decidere nella direzione giusta. Dovrà portare alle estreme conseguenze il lavoro serissimo che il ministro Fitto sta facendo a 360 gradi sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza non sottovalutando obiettivi irrinunciabili come quelli di dotare i territori meridionali di asili nido che sono la base culturale e materiale dell’occupazione femminile di qualità del Mezzogiorno del futuro.

Non ci si può arrendere perché i Comuni del Sud non sono attrezzati. Si centralizzi tutto quello che è possibile centralizzare, ma si faccia tutto quello che si deve fare. Perché la grande questione dei diritti di cittadinanza violati di venti milioni di abitanti del Mezzogiorno ma anche di molti cittadini delle aree interne del Nord non è nemmeno affrontabile anche a livello teorico se non si scarica prima a terra potentemente qui, non altrove, quote del 50, 60% e oltre dei fondi europei del Pnrr. Il fossato costruito dalla spesa storica tra le due Italie vale decine di miliardi l’anno per ogni anno e nessun bilancio pubblico ordinario può provare a mettere ordine se non si riducono con fonti straordinarie le distanze di partenza.

L’insidia più pesante che Giorgia Meloni ha sulla strada dell’attuazione di un disegno di conservatorismo moderno che è l’unico vincente è quello del cerchiobottismo. Un colpo al cerchio e uno alla botte è proprio quello che non deve fare. Deve rompere subito la trappola in cui cercano di incastrarla i suoi cari alleati che sono la Lega e Forza Italia. Oggi a lei e al Paese serve, come avrebbe detto il vecchio Berlinguer, la solidarietà degli onesti. Perché è l’unica che può portare l’Italia fuori dalle secche della recessione che il mondo sta portando in casa. Solidarietà degli onesti per noi significa la correttezza di posizioni di uomini della politica che tengono conto di quello che vuole la gente e pensano all’interesse generale. Non avrà mai dalla sua l’opposizione di chi continua a pensare per l’Italia un futuro venezuelano caricando di debiti il futuro dei nostri figli. Continuiamo, però, a pensare che il terzo polo prima e lo stesso Pd, uscito dalle nuvole che vengono da fuori e superati gli appuntamenti elettorali di Lazio e Lombardia non sacrificheranno l’interesse nazionale sull’altare di calcoli elettorali destinati comunque a fallire.

Perché se Giorgia Meloni non vince a Roma la sua partita europea a chi verrà dopo di lei saranno consegnate solo macerie. Ci rifiutiamo di pensare che i partiti di centro e di sinistra della democrazia italiana non riescano nemmeno a capire questo.


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