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Se togli lo sconto Draghi sulle accise della benzina agli italiani che si spostano in auto o in moto perché vuoi fare pagare meno tasse a chi già paga meno o, peggio ancora, se lo decidi per fare un favore al tuo elettorato che neppure te lo chiede – non vuole la flat tax ma continuare a fare il nero – allora stai commettendo l’errore che ti può fare saltare il banco. Perché viene meno la tutela del potere di acquisto delle famiglie, i profittatori dell’inflazione speculano alla grande, il reddito disponibile scende e i consumi crollano. Non si può togliere a chi paga le tasse e fare regali a chi paga meno e vuole pagare niente con due grandi crisi globali in atto. Il dato del terzo trimestre del 2022 conferma che la linea Draghi era giusta perché nonostante l’inflazione alta preservava mediamente il potere di acquisto in una situazione diseguale che è complicata e lo resterà

Siamo paradossalmente più fiduciosi che si riescano a fare in questo 2023 quegli investimenti pubblici legati al Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che sono il vero banco di prova di un Paese che sa semplificare i processi normativi e aprire i cantieri di quanto non si abbia invece la dovuta attenzione per preservare il doppio meccanismo di fiducia interna e di reputazione internazionale che è stato alla base del miracolo della crescita strutturale dell’Italia di Draghi di cui si hanno ogni giorno conferme. Siamo anche convinti che vi sia una forza inerziale positiva di questo indirizzo attuato di politica economica di sistema che continua a produrre i suoi effetti e lo si potrà verificare in termini relativi anche con i dati del quarto trimestre dell’anno.

Questa volta seguiamo solo il nostro intuito, ma è poggiato sulle evidenze che discendono dalle tante scelte azzeccate nel sostegno fiscale agli investimenti privati e al Mezzogiorno, nella spinta a preservare gli aiuti dovuti ai fragili e quelli preziosi per la tenuta del potere di acquisto delle famiglie oltre la nuova rilevante capacità di attrazione di capitali internazionali e di incentivazione dei processi di innovazione. Che hanno fatto, peraltro, tutt’uno con l’avvio di un processo riformatore compiuto che il governo Meloni non sta interrompendo grazie alla scelta di competenza operata con la riunione delle deleghe europee presso il ministro Fitto e alle modalità con cui lui sta procedendo in questo delicatissimo lavoro di riforme di struttura e di velocizzazione della macchina amministrativa che vale per difetto dieci punti di Pil.

Abbiamo sostenuto dal primo giorno di insediamento del governo Meloni e lo ripetiamo oggi che la prima donna premier della Destra farà la storia se, come seppe fare in altre stagioni Margaret Thatcher, sarà capace di guidare la ricomposizione tra investimenti e spesa attuando un processo riformatore che non guardi in faccia a nessuno e non si preoccupi del presunto consenso elettorale perché i tempi che viviamo appartengono alla stagione delle grandi crisi globali e non consentono di tenere conto degli interessi di bottega. Siamo stati positivamente sorpresi dall’approvazione della riforma dei servizi pubblici locali con un impianto liberalizzatore importante così come dalla semplificazione coraggiosa del codice degli appalti che sono stati due segnali chiari per il Paese e per l’Europa che non si sarebbe fermato il cammino virtuoso intrapreso.

Avere tolto all’Italia, per capirci, negli anni passati, con il prezioso lavoro della Ragioneria generale dello Stato, lo stigma dei pagamenti pubblici in ritardo nella sanità è alla base di una crescita degli investimenti industriali in ricerca di tutte le grandi case farmaceutiche nel nostro Paese che ci ha portato a primati globali neppure immaginabili sugli antivirali per il Covid e in mille altre nicchie.

Stiamo parlando del cammino che ha portato in dote all’Italia, dopo decenni da fanalino di coda, la maggiore crescita europea e una grande reputazione internazionale che hanno proceduto insieme rimuovendo giorno dopo giorno i vincoli interni alla capacità di attrarre investimenti e di creare nuovo lavoro di qualità in un quadro globale avverso. C’è un punto, però, che ci preoccupa e che abbiamo il dovere di segnalare in tempo utile per correggere rotta e tentazioni che sono evidentemente sbagliate. L’inflazione distrugge la fiducia e l’inflazione italiana ancorché in discesa cala meno di quanto sia calata negli altri grandi Paesi europei. Se andiamo a vedere, però, i dati del terzo trimestre dell’anno, l’ultimo del governo Draghi, scopriremo che sul piano congiunturale i prezzi sono cresciuti dell’ 1,6%, ma il reddito disponibile delle famiglie italiane è cresciuto dell’1,9% e, quindi, nel pieno delle due grandi crisi globali, il potere di acquisto delle famiglie italiane a livello medio non solo non è stato intaccato ma addirittura cresce dello 0,3%. Sono questi gli effetti visibili, concreti, che gli italiani toccano per mano e generano fiducia contagiosa delle politiche di sostegno al potere di acquisto delle famiglie mai interrotte dal governo Draghi senza peraltro fare nuovo debito, dai bonus famiglie allo sconto sulle accise della benzina fino al reddito di cittadinanza, che hanno portato alla riduzione del rischio di povertà e del tasso di diseguaglianza dopo un’eternità di risultati annuali che andavano sempre nella direzione opposta e in una situazione strutturale che resta complicata.

Abbiamo l’obbligo di fare presente al governo Meloni e a chi ne dirige la politica economica che se togli lo sconto Draghi sulle accise della benzina a tutti gli italiani che si spostano in auto o in moto per la sola ragione che vuoi fare pagare meno tasse al lavoratore autonomo che è quello che già paga meno di tutti o, peggio ancora, se lo decidi per fare un favore al tuo elettorato che neppure te lo chiede – perché molti di loro non vogliono la flat tax ma continuare a non pagare nascondendo ogni traccia digitale dei propri ricavi e dei propri guadagni – allora stai davvero commettendo l’errore capitale che ti può fare saltare il banco. Perché viene meno la tutela del potere di acquisto delle famiglie, i profittatori dell’inflazione speculano alla grande, il reddito disponibile scende verticalmente e i consumi crollano. Questo circuito vizioso va troncato sul nascere e non ci si può continuare a cullare sugli effetti di trascinamento della stagione virtuosa che c’è stata prima grazie al duo Draghi-Franco. Come si sta facendo su riforme e Pnrr, anche qui serve maggiore continuità e bisogna stare attentissimi a non dare segnali sbagliati che incidono sulla fiducia.

La lotta all’evasione fiscale è un tema che riguarda il Nord come il Sud e si combatte con il contrasto degli interessi e con l’aumento dei pagamenti elettronici che rendono tutto tracciabile e riducono i margini per trucchi e giochetti. Dare segnali ambigui su questo versante alimenta aspettative e comportamenti sbagliati. L’economia italiana continua a reggere e nel terzo trimestre il Pil è ancora cresciuto dello 0,5%, e fa sempre meglio di Francia e Germania, perché sfrutta l’inerzia tendenziale positiva di tutti gli interventi di cui abbiamo detto. Se è vero, come è vero, che le società non finanziarie – servizi, commercio, manifattura – hanno realizzato un aumento del valore aggiunto del 7,7% e un risultato lordo di gestione in crescita del 4,4% pagando loro imprese e tutti i loro dipendenti tutte le tasse che devono pagare come è giusto e sacrosanto.

Allora, se questi stessi soggetti si dovessero convincere che il governo Meloni non tutela il loro potere di acquisto, almeno come ha fatto in termini congiunturali il governo Draghi a livello medio anche nel terzo trimestre dell’anno scorso, non perché non può ma perché vuole difendere il potere di acquisto di chi tendenzialmente evade o comunque prova a evadere di più, allora sono guai serissimi. Se ne avranno i contraccolpi nei primi trimestri di quest’anno. Anche perché circa il 60% del Pil è fatto dai consumi delle famiglie e nemmeno i dieci punti di Pil da qui al 2026 legati agli investimenti del Pnrr basterebbero a colmare una caduta degli acquisti delle famiglie legata a scelte sbagliate di politica fiscale che svuotano i portafogli e incidono sulla fiducia. Perché tolgono a chi paga le tasse e regalano a chi paga meno e vuole pagare niente.


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