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Giorgia Meloni

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Non stiamo vivendo i giorni dell’anticamera della catastrofe. Questa catastrofe possiamo fabbricarla solo noi se ritorniamo al circuito perverso della politica delle parole che ha preceduto la stagione felice del governo di unità nazionale e ne ha determinato la caduta secondo lo stesso esercizio di fuga dalla realtà che produce cadute rovinose. Chi governa deve bandire la caccia alle streghe sulla benzina e i vecchi stigma, a partire dal Mes, che appartengono alla stagione dell’opposizione. Chi ora fa opposizione deve avere la responsabilità di capire che sulle macerie non si arriva mai al governo perché non esistono anche per loro tante verità di comodo. Quello che conta è la dura realtà globale con cui fare i conti e la capacità di farvi fronte con pragmatismo e metodo. Sarebbe importante che capissero tutti – la rissosa coalizione al governo e le opposizioni in guerra tra di loro – che l’Italia della lagna non funziona. Ricordiamoci almeno che in un Paese normale accade l’esatto contrario

Non c’è nessun crollo della produzione industriale, ma un rallentamento addirittura fisiologico. Se guardiamo la dinamica destagionalizzata su più mesi e la capacità di uscita dalla crisi pandemica l’Italia continua ad andare molto meglio di Germania e Francia.

Invece di piangere su quello che non c’è, faremmo bene a godere di quello che c’è e che non è poco. Perché essere stati per sette trimestri consecutivi l’unica delle grandi economie europee sempre in crescita non è poco. Perché avere creato mezzo milione di occupati in più a tempo indeterminato nel pieno della doppia grande crisi globale non è poco. Perché avere ridotto dopo anni e anni nello stesso periodo il rischio di povertà e il tasso di diseguaglianza che non vuol dire affatto avere annullato la pesantezza dell’una e dell’altra, non è comunque poco assolutamente. La domanda di oggi, però, è un’altra: come si fa a preservare in questo Paese la fiducia del miracolo nascosto dell’Italia di Draghi, fatto di reputazione internazionale che si è tradotta in minori vincoli alla crescita interna, se tutti lavorano solo a prevedere sciagure?

Come si fa a preservare la benzina della fiducia del motore italiano degli investimenti privati, dell’attrazione di capitali internazionali e della spesa dei consumatori se il gioco nazionale è tornato ad essere quello della catastrofe imminente e della bolla mediatico- elettorale del nulla? È possibile che non ci si renda conto che proprio la serietà della debolezza del quadro globale da incognite Covid cinese e persistenti ricadute economiche e monetarie di origine bellica obbliga tutti a evitare di ripetere in casa questo esercizio pericoloso perché diventa inevitabilmente la profezia che si autoavvera?

Se tutti continuano a fare previsioni negative e a inventarsi ogni giorno cacce alle streghe mettendo benzina nell’inflazione o polemiche da bandierina ideologico- politica che moltiplicano i danni, si perde il capitale di credibilità faticosamente riconquistato e tutto, giorno dopo giorno, si sgretola fino a franare. A furia di raccontare l’anticamera dell’inferno, prima o poi l’inferno arriva. Aveva ragione chi parlava dei gufi e dei rosiconi, male eterno italiano, perché la verità è che da noi è considerato molto intelligente essere catastrofisti. Quando questo è proprio di base l’atteggiamento sbagliato per qualunque di tipo di comunità ancora prima che per un’azienda e nella vita normale di ognuno di noi.

Chi vede tutto nero anche in famiglia tendenzialmente non è di aiuto né per sé né per gli altri. Serve un sano realismo. Ogni situazione ha lati positivi e negativi. Bisogna fare leva sui primi e non massimizzare i secondi. Che non vuole dire nasconderseli o ignorarli allegramente perché entreremmo nella irresponsabilità. Quello che serve oggi è la piena consapevolezza di vivere certamente un momento difficile con alcuni passaggi cruciali della storia che ridisegneranno l’ordine mondiale e incidono già oggi sulla nostra economia e sulle aspettative di imprese e famiglie, ma che almeno in Italia stiamo uscendo da una situazione dove siamo stati i più bravi in Europa e tra i primissimi al mondo e, quindi, non stiamo vivendo i giorni dell’anticamera della catastrofe.

Questa catastrofe, diciamocela tutta, possiamo fabbricarla solo noi se ritorniamo al circuito perverso di quella politica delle parole che ha preceduto la stagione felice del governo di unità nazionale e ne ha determinato la caduta secondo lo stesso, storico, esercizio di fuga dalla realtà che produce sempre cadute rovinose. Viceversa dovremmo proprio parlare meno, comunicare meno chiacchiere e fare molto di più.

Dovremmo essere tutti impegnati a fare le cose per massimizzare la fiducia impiegando bene, esattamente come stiamo facendo, i soldi del debito comune europeo post Covid che va sotto il nome di Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Se almeno si percepisse lo sforzo che si sta facendo per evitare che i piccoli Comuni rimandino indietro i soldi che hanno avuto e per riqualificare su obiettivi strategici e rendere effettiva la spesa, forse, quella fiducia contagiosa di cui il Paese ha bisogno per continuare a spendere e investire non solo non sparirebbe, ma si irrobustirebbe.

Chi governa deve bandire sempre di più i vecchi stigma, su Europa e dintorni a partire da Mes e case verdi, che appartengono alla lunga stagione dell’opposizione e sono il cuore contenutistico del talk ideologico della rovina italiana. Chi fa opposizione deve avere la responsabilità di capire che sulle macerie non si arriva mai al governo perché non esistono anche per loro, esattamente come per chi oggi comanda, tante verità di comodo. Quello che conta è la dura realtà globale con cui fare i conti e la capacità di farvi fronte con pragmatismo e metodo. Sarebbe davvero importante che capissero tutti – la rissosa coalizione al governo e le opposizioni in guerra tra di loro – che l’Italia della lagna non funziona. Forse, dico forse, qualcuno di loro raccoglierà un po’ di voti in questo o quello degli appuntamenti elettorali intermedi, ma poi quei voti se ne vanno.

Perché quando la gente prende coscienza di quali sono gli effetti veri della lagna guarda le loro facce e ha il voltastomaco. Soprattutto quando diranno che non hanno visto niente di quello che accadeva sotto i loro occhi e che loro stessi hanno determinato. Scopriranno di essere la prima vittima dell’illusione dei talk show italiani che credono di fare loro la politica. Funziona così, purtroppo, solo in Italia dove l’avvelenamento dei pozzi è il gioco quotidiano prevalente. Dove si sopportano intervalli più o meno brevi da questo esercizio pericoloso solo in fase di emergenza acuta. Ricordiamoci almeno che in un Paese normale accade l’esatto contrario.


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