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I più bravi in questo esercizio sono pseudo intellettuali, giornalisti, uomini di satira e teatranti che sono la carovana che su quel partito ha costruito la sua immeritata fortuna. A questo sì che diventa no in una notte per moda o convenienza si contrappongono il coraggio delle parole di Gentiloni e l’esperienza di Prodi che smentisce l’uso strumentale della critica di Togliatti alla sinistra emiliana. La partecipazione ai gazebo misura la possibilità per il Pd di tornare ad essere un partito con una base attiva che sostiene un disegno di riforma non anti-capitalistica di giustizia condivisa e riconosciuta. Con al centro lotta alle diseguaglianze e sviluppo produttivo del Mezzogiorno uscendo dagli sbandamenti dell’autonomia differenziata. Un’idea di Paese coeso saldamente ancorata all’Europa e immune da compromessi populistici.

C’è un gioco italiano che porta sempre a dire che è tutta colpa del Pd. I più bravi in questo esercizio sono pseudo intellettuali, giornalisti, uomini di satira un tanto al chilo e teatranti vari che sono la carovana che su quel partito ha costruito la sua immeritata fortuna. È un gioco tutto italiano perché siamo specialisti nel fare diventare in una notte il sì un bel no o il bianco nero e il nero bianco a seconda delle mode e, ancora prima, delle nostre convenienze. Dietro questo gioco maleodorante tutto italiano c’è poi un tratto sviluppatosi non in tutta la Sinistra, ma in larga parte di essa, che è quello con aspetti quasi cromosomici della cosiddetta doppia morale.

Per cui tutto ciò che è imperdonabile per gli altri viene per sé e i propri sodali addirittura cancellato non dalla condanna, ma perfino dal giudizio sui comportamenti. I fatti semplicemente scompaiono. Non esistono. Questa è la peggiore delle loro vergogne. In tale messa in scena della grande ipocrisia italiana che nulla toglie alla cecità e agli errori della classe dirigente del Partito democratico, ci sono piaciute le parole in netta controtendenza dell’ex premier e commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, che ha detto chiaro e tondo in tv a La7 “teniamocelo ben stretto questo Pd perché di partiti così in Europa ce ne sono pochi”.

Allora vogliamo dire con molta chiarezza che se oggi andranno a votare in molti per la scelta del nuovo segretario, ci sarà un partito e se vanno a votare in pochi questo partito non ci sarà più. È in gioco, da un certo punto di vista, con queste primarie del Pd, l’unico partito che può potenzialmente ricollegarsi alle grandi storie congressuali e ai dibattiti accesi delle sezioni dei vecchi partiti storici. L’altro partito è quello oggi al governo di Fratelli d’Italia che ha, però, una nascita più recente e un radicamento differente mettendo insieme storie nuove. Anche in casa sua Giorgia Meloni ha un lavoro importante di realismo attivo da fare esattamente come sta facendo al governo.

È dunque in gioco con il Pd, forse, l’unico partito ancora davvero nazionale in quella vasta area di riferimento cosiddetta progressista anche perché gli altri non vanno a votare nel gazebo con documento di identità, tessera elettorale e due euro in mano. Di certo Grillo gira con un palloncino giallo all’insediamento dell’ambasciatore cinese. Questa è l’importanza del voto di oggi. Al primo turno sono andati più del previsto, ma ancora pochi. Al secondo turno vedremo. La partecipazione sarà rilevante per capire se c’è la possibilità per il Pd di tornare ad essere un partito. Che vuol dire tornare a discutere alla base e votare attraverso questo processo.

Un processo così lo puoi fare solo se hai una base attiva che si manifesta. La prima prova per manifestarsi è quella di utilizzare l’occasione dei gazebo di questo strano duello tutto emiliano-romagnolo tra Stefano Bonaccini, che è dentro testa e piedi in questa storia di partito e la vuole cambiare partendo da un’idea riformista e da un territorio che ha amministrato bene, e Elly Schlein, che viene addirittura da fuori del partito con un’altra storia da raccontare che vuole allargare e che ha sorprendentemente dietro molti dei maggiorenti del partito di prima.

Di certo presumibilmente perché uno è presidente e l’altra ex vicepresidente della Regione Emilia- Romagna è ritornata di moda la critica di Togliatti sulla sinistra emiliana che non può governare a Roma senza che ci sia mai nessuno che ricordi che l’unico primo ministro del centro sinistra che ha sconfitto due volte nell’urna Berlusconi e ha governato il Paese vincendo sfide europee importanti si chiama Romano Prodi.

Questo Paese deve uscire dagli slogan e dalle frasi fatte, come peraltro sta dimostrando proprio l’azione del governo Meloni che si misura con la realtà, e ha bisogno di un partito che esprima un disegno complessivo di riforma non anti-capitalistica di giustizia condivisa e riconosciuta. Che ponga al centro la lotta alle diseguaglianze e lo sviluppo produttivo del Mezzogiorno uscendo dagli sbandamenti pericolosissimi dell’autonomia differenziata. Un’idea di Paese coeso saldamente ancorata all’Europa e una visione che non tollera compromessi populistici neppure mediatici.

Serve tutto ciò per garantire la qualità della nostra democrazia e rispondere ai bisogni delle persone. Serve tutto ciò per prendere coscienza della realtà che è il cammino obbligato di riforme concordate in Europa e una collocazione strategica nella politica estera che oggi relativizza ma non elimina tutti i problemi di politica interna. Tutto ciò per essere portato avanti non a parole ha bisogno di un numero di persone più largo possibile che sostenga questo progetto. Si fa sempre il discorso ideologico di sinistra e di destra, ma il problema italiano di oggi è una società che ha bisogno di mettere in gioco tanta gente e parlare di cose di cui parla la gente.


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