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Vladimir Putin

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Non possono parlare grillini e verdi con toni da mercato del pesce senza mai dire come, dove, chi potrebbe fare le politiche di pace. Non lo dicono perché dovrebbero concludere che nessuno può fare una mediazione diplomatica con Putin. Tutti hanno avuto la porta sbattuta in faccia. Ci ha provato Erdogan, mille volte Macron, Scholz, Draghi. Ci hanno provato perfino gli indiani sotto sotto, ma lui non sente ragioni perché vuole riconosciuta una vittoria che non si può riconoscere. Sui migranti in Europa nessuno vuole la ricollocazione obbligatoria. Sull’Ucraina tutti invece vanno avanti perché tranne una enclave italiana le comunità europee sanno che senza l’alleanza con gli Stati Uniti l’Europa lascia campo libero all’impero asiatico. Che non significa solo messa sotto tutela della Russia, ma anche dell’Africa e, quindi, della partita del futuro che si gioca intorno al Mediterraneo. Solo l’Europa unita può gestire la crisi ucraina e assumere la guida dell’asse Sud-Nord per costruire un’economia di pace che può contrastare il dominio dei soldi dell’autocrazia cinese che ha già comprato pezzi estesissimi dell’Africa e del Mediterraneo allargato.

NON c’è un senso della politica capace di sintonizzarsi con l’interesse generale del Paese. Piace inseguire i sentimenti di una società frastornata magari anche solo per strappare qualche strapuntino nel talk italiano di questo frastuono che è impermeabile a tutto. Il problema politico vero è lo scontro a priori in questo momento di estrema delicatezza che richiederebbe ben altro atteggiamento. Di fronte alla guerra lunga in Ucraina e alle difficoltà dell’Europa sui migranti e sull’esercizio di un ruolo di player globale, ma anche rispetto alle crisi finanziarie extra europee che non lasciano tranquilli in un contesto peraltro persistente di alti tassi dove ogni intervento andrebbe calibrato con prudenza. In presenza di tutto ciò le opposizioni dei Cinque stelle e dei Verdi vogliono solo aggiungere confusione a confusione e lucrare su qualche presunta effimera rendita politica interna. Cercano qualche chiamata in più in questo o quello dei salotti televisivi del nulla. Sono sinceramente imbarazzanti per ciò che dicono e fanno. In un momento molto delicato le opposizioni dovrebbero incalzare il governo su altre cose, non su ciò che incide in modo devastante sul bene comune.

Puoi discutere e polemizzare sui mille punti vuoti della riforma fiscale o fare legittimamente altrettanto sul Ponte di Messina, a nostro avviso sbagliando clamorosamente, ma in una grande democrazia almeno su politica estera, Ucraina, migranti e rischi di crisi finanziaria il confronto deve essere costruttivo e imporre a tutti il massimo di ragionevolezza. Perché sulle politiche di pace non si può fare propaganda general generica invocando una diplomazia che non c’è quasi che fosse una passeggiata o, peggio, che non la si volesse. Non si può parlare con i toni e il linguaggio che vanno bene per il mercato del pesce senza mai dire come, dove, chi potrebbe farle per davvero queste politiche di pace e queste azioni diplomatiche. Non lo dicono questi signori solo perché se lo dovessero dire dovrebbero anche concludere che non c’è nessuno che può fare una mediazione diplomatica con Putin. Dovrebbero scoprire e riconoscere pubblicamente che tutti quelli di peso che ci hanno provato hanno ricevuto la porta sbattuta in faccia da Putin. Ci ha provato Erdogan, mille volte Macron, ci ha provato Scholz. Ci ha provato Draghi. Ci hanno provato perfino gli indiani sotto sotto, ma lui non vuole sentire ragione.

Perché lo sforzo diplomatico oggi implica che Putin veda riconosciuta la vittoria e ciò è proprio quello non gli può essere concesso. In questa condizione parlare di politiche di pace e di sforzi diplomatici è come dire che si vuole che gli asini si mettano a volare. Non è francamente accettabile il modo di ragionare del verde Bonelli sui migranti come se fossimo davanti a un governo che vuole mandare la gente a morire. C’è stato un incidente grave, avvertiamo sulla pelle il vuoto che lasciano dentro di noi le vittime della strage di Cutro, non dimenticheremo mai la straordinaria lezione di normalità del popolo calabrese che conosce i tormenti di chi scappa dalla povertà e della guerra, ma francamente non si può dire (è grave fare politica così) che quella di Cutro è la normalità con cui il governo italiano affronta questi problemi. Non è vero, e non è giusto fare propaganda su queste falsità.

La verità è che sui migranti gli europei non sono disposti a fare di più che sganciare qualche soldo e nessuno vuole davvero la ricollocazione obbligatoria. Sull’Ucraina invece il discorso è diverso. Tutti vogliono andare avanti a sostegno del popolo ucraino aggredito perché tranne una enclave di pubblica opinione e di politica italiana tutte le comunità europee si rendono conto che senza l’alleanza con gli Stati Uniti l’Europa lascerebbe il campo libero all’impero asiatico. Che è una prospettiva che non riguarda solo la messa sotto tutela della Russia, ma anche dell’Africa e, quindi, della partita del futuro che si gioca intorno al Mediterraneo per ragioni storiche e geografiche evidentissime. Questa è la realtà. Siamo in una condizione che non si può consentire a Putin di vincere perché se glielo consenti lui va avanti. Siamo anche in una condizione in cui l’Europa ha il dovere di saldare l’alleanza con gli Stati Uniti assumendo un profilo sempre più di player globale, non di un player che è la somma di più micro player nazionali.

Solo l’Europa unita può gestire la crisi ucraina e assumere la guida dell’asse Sud-Nord che riguarda non solo fonti energetiche, ma quella filiera di industria del futuro e di ricerca che rappresenta l’unica possibile crescita aggiuntiva europea. Che riguarda la costruzione di quella economia di pace che è anche l’unica ancora possibile per contrastare il dominio dei soldi dell’autocrazia cinese che ha già comprato pezzi estesissimi dell’Africa e del Mediterraneo allargato.


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