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Si mettono insieme grandezze nominali tipo deficit/Pil con un saldo corretto per il ciclo che è strutturale, due parametri che non parlano tra di loro. Rispetto all’entrata in vigore c’è un ammorbidimento fino al 2027 e poi l’obbligo di un avanzo primario del 3/4% inattuabile. Sono parametri tecnici inconciliabili tra di loro e scollegati dalla realtà del mondo. America e Cina fanno grandi investimenti comuni mentre noi ci tagliamo le gambe da soli. Si ignora la spesa primaria e il guazzabuglio tecnico di nuovo Patto che ne viene fuori è la prova provata dell’assenza di uno Stato europeo.

C’è una ragione tecnica che dimostra il tasso di confusione e smarrimento della classe dirigente politica europea che sfugge anche agli osservatori più avveduti, ma misura alla perfezione a quale punto di decadimento può condurre un’Europa ridotta a negoziazione di interessi nazionali inconciliabili per di più dettati esclusivamente da ragioni di consenso politico interno di brevissimo termine.

La Commissione europea aveva fatto il suo nel migliore dei modi concependo un nuovo patto di stabilità e crescita europeo capace di superare la zoppìa congenita in quello di Maastricht e capace di garantire condizioni di flessibilità su una scadenza di sette anni che impedissero di aggravare le cause recessive dei singoli Paesi derivanti da crisi internazionali di origine esterna di cui quel singolo Paese non ha alcuna responsabilità. Si respirava nella proposta originaria della Commissione europea quello spirito nuovo all’altezza dei tempi che viviamo, propedeutico a un passaggio graduale verso una reale condivisione delle politiche di bilancio e industriali, dell’Unione bancaria, della politica estera e di difesa comuni.

Poi invece è stata la volta dei trofei politici nazionali da esibire da classi dirigenti in caduta libera di consenso a partire da quei liberali tedeschi, rappresentati al tavolo delle trattative europee dal ministro Lindner, che hanno cominciato a sovrapporre a una base ben fatta di nuovo Patto comune le solite regole uguali per tutti che prescindono dalle singole situazioni nazionali e sono, poi, alla fine portatori di effetti negativi per tutti anche per l’ex locomotiva oggi grande malato d’Europa, che è l’economia tedesca. Questo Paese cerca di nascondere il suo stato economico comatoso o di blindarsi dietro griglie/ gabbie di una nobiltà decaduta che possono fruttare qualche voto in casa, ma sanciscono la morte dell’Europa.

Questa corsa sgangherata ai trofei elettorali da esibire in casa davanti alle proprie opinioni pubbliche interne ha portato a un guazzabuglio finale di Patto che ha in una ragione essenzialmente tecnica la prova provata della sua inattuabilità e la certificazione notarile della caduta dell’Europa anche come solo idea di uno Stato europeo e di un progetto federale avviato. Siamo arrivati all’assurdo, sotto la spinta di una ministra spagnola che cercava solo la presidenza della Bei che ha ovviamente ottenuto grazie ai tedeschi verso cui è stata sempre prona, di stratificare confusamente nello stesso Patto parametri che non parlano con altri parametri e che rendono impossibile il suo funzionamento per ragioni tecniche che potremmo definire matematiche.

Quando si arrivano a mettere insieme grandezze nominali come il rapporto deficit/Pil con un saldo corretto per il ciclo che è strutturale, è evidente che stiamo parlando appunto di due parametri che non si parlano tra di loro. Quando si arriva a dire, e mettere per iscritto in modo contorto, che rispetto all’entrata in vigore del nuovo Patto c’è un ammorbidimento fino al 2027 e poi scatterà l’obbligo di un avanzo primario nazionale del 3/4% oggettivamente inattuabile per ragioni tecniche, politiche, è chiaro che siamo alla follia pura.

Siamo, insomma, davanti a parametri tecnici inconciliabili tra di loro e con la realtà proprio perché sono tutti completamente scollegati dalla realtà del mondo che, alla voce America e Cina, punta a fare avanzare i grandi investimenti comuni mentre noi con criteri ragionieristici ci tagliamo le gambe da soli indebolendo tutti insieme, più o memo appassionatamente, un’Europa che ha già un reddito medio poco più della metà di quello degli Stati Uniti. Tutto questo avviene non perché tutti i capi di governo dei singoli Paesi europei sono miopi o cretini, decidete voi, ma semplicemente perché non c’è lo Stato europeo. Le dinamiche che vi abbiamo fin qui raccontato e il guazzabuglio tecnico di nuovo Patto che ne è venuto fuori è la prova provata di questa assenza da cui discende tutto.

Che in questo cupio dissolvi, che non è nient’altro che una gara di miopi egoismi nazionali, l’Italia continui a fare record di nuovi occupati a lungo termine con mezzo milione in più tra novembre 2023 e novembre 2022 e un tasso di disoccupazione in discesa, ha oggettivamente dell’incredibile. Si avverte in modo davvero non più sostenibile la crisi di leadership politica europea se si è arrivati addirittura a mettere in discussione il criterio della spesa primaria netta in un’Europa che non ha più niente di organico e paga il prezzo dell’assenza di una guida forte alla Kohl o alla Mitterand, solo per fare qualche esempio dei Grandi del passato. Siamo di fronte a una somma di debolezze nazionali che producono un armamentario di regolette inconciliabili o inapplicabili che determinano a loro volta una debolezza strutturale europea. Facciamo l’esatto opposto di quello che fanno gli Stati Uniti, che di queste regolette se ne sbattono, e purtroppo per noi i risultati si vedono.


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